LA CADUTA DEL “VAFFA”

Non è granché la caduta del “Vaffa”, con esso si è cercato, nel corso di questo ultimo decennio o poco più (precisamente dal 2009), velleitariamente di risolvere i tanti problemi da cui siamo afflitti, che necessitano, invece, di altra ponderatezza, consistenza, impegno e decisione.                                                                                        Non è granché, non è la caduta del “Me ne frego” o del “Deutsche uber alles” che nel cosiddetto “secolo breve”, infinitamente lungo di eventi disastrosi, aveva provocato il terribile disastro del secondo conflitto mondiale con rovine a non finire, milioni di morti ed efferate crudeltà. Non è granché anche se molto ha contribuito alla violenza verbale (breve è poi il passo a quella fisica) e si è inoltre sempre più diffuso il convincimento che la violenza, sotto qualsiasi forma, possa essere vincente.                                                                                                               I popoli, quando affogano in problemi, si disorientano, diventano anche irrazionali, si affidano a personaggi che vanno avanti col loro progetto, ed accettano delle risoluzioni di cui solo a posteriori si accorgono (anche se non tutti dei vari popoli) quanto siano state velleitarie, oltre che estremamente rovinose sotto ogni aspetto.                                                                                                                      Il trionfo del “Vaffa” è venuto come conseguenza di corruzioni, diseguaglianze e ingiustizie, che sono poi a livello globale, non solo quindi del Bel Paese. Gridato con veemenza per anni con conseguenze comportamentali certamente condannabili, il “Vaffa” ha in seguito imboccato altre strade sgonfiandosi pian piano e mostrando, sotto sotto, di essere più o meno della stessa pasta di coloro cui veniva gridato il “Vaffa”.                                                                                                                                In questi giorni è ricomparso un “Vaffa“ a causa di un soggetto femminile, di una ragazza che si è permessa di denunciare coloro che l’hanno trattata come carne da godimento, di quanti potrebbero essere dalla sua parte condannando il figlio. E’ stato questo “Vaffa”, in televisione come sulla stampa e nei social, una variazione a temi ormai da lungo tempo ricorrenti (Covid, vaccini…) che ogni dì tornano quindi proposti allo stesso modo, vale a dire con una confusione tale da creare scompiglio. Variazione il padre con un video a difesa del figlio che con altri ragazzi coetanei ama divertirsi al modo che da sempre è stato esclusivo divertimento per i soggetti maschili, almeno per quelli che difettano di educazione sentimentale.                           Sono i più in una società completamente disinibita e sfrenata che del prossimo ‘se ne frega’, di quello ovviamente che considera debole e può trattare o, per meglio dire, maltrattare a piacimento per il suo divertimento.                                                                                      La libertà dell’altra parte non viene riconosciuta, non esiste. Altra parte che può anche essere sulla stessa lunghezza d’onda, vale a dire disinibita a tal punto da volere l’esperienza della sessualità di gruppo, ma sta a quella parte decidere se e quando voler essere ridotta solo a materia di piacere. Per questo pensiamo che sia del tutto inutile investigare sulla ragazza, se seria o, diciamo, affetta da leggerezza sessuale: ha la libertà di decidere lei come voler essere, e ciò in ogni momento.                                                                                      Non ci soffermiamo su come educare i figli (sono, ovviamente, incluse anche le figlie), compito difficilissimo dato che qualsiasi forma di educazione venga scelta, permissiva o rigida, non si sa mai dove possa approdare. Già il commediografo latino Publio Terenzio Afro in “Adelphoe” considerava quanto fosse difficile educare i giovani a seguire il bene, scegliere quale via percorrere perché si abbiano frutti positivi.  E questo nostro tempo con il corpo sull’altare (anni fa nella medievale chiesa sconsacrata della Vallisa di Bari abbiamo sull’altare visto una scultura raffigurante il pene) è tutto una esaltazione di frenesie e godimento.                                                                                                                       Possiamo comprendere l’amore di un padre portato a difendere il figlio a tutti i costi, a fare, dopo quasi due anni, un video sconsiderato il momento in cui ha sentore che possa il figlio essere dalla Giustizia tirato in ballo insieme agli amici. C’è un principio fermo, che deve andare al di là dello stesso amore paterno, è quello della libertà della persona, di ogni persona di qualsivoglia genere. Non deve quel principio essere mai messo da parte, non può essere annullato neppure in ambito sessuale, retrocedere per dare piacere a un soggetto maschile o al branco, per i quali tutto resta poi bravata di cui compiacersi.

Antonietta Benagiano

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