Una signora che conosco, che incontro ogni tanto e chi mi racconta le sue vicissitudini, si è adattata a vivere in un lavatoio di una casa popolare. E’ la gattara che porta da mangiare ai gatti di via degli Alberini. Ne scrissi tempo fa su un noto settimanale. Trascrivo qualche riga: “Un lungo corridoio tra i cancelletti gialli e rossi delle cantine, e giungi al lavatoio. Povera gattara, ha appeso persino dei quadri alle pareti. Un po’ di luce assieme alla polvere arriva da una piccola grata che dà sul marciapiede. Su uno dei ripiani per lavare, un fornelletto da campeggio. Una cassetta di legno vicino al letto fa da comodino. Nella cassetta ci si è sistemata la sua gatta. L’acqua c’è. Tanta acqua.
Una signora, invece, che non conosco e che credo sia anche difficile conoscere, si trova in un luogo assai peggiore di un lavatoio. Vive in un paio di metri quadrati di un’aiuola, a pochissima distanza dalla stazione metropolitana di Santa Maria del Soccorso. Ha recintato il fazzoletto di terra con una rete di plastica e vi ha accatastato dei pezzi di armadio, che qualche mattina fa le ho visto spolverare con gran cura. C’è anche una sedia e un vaso con una pianta finta. Con tavole e teli ha costruito un riparo per il letto. Immagino, perlomeno, che sotto quelle tavole ci sia un letto, o forse solo un materasso. E’ difficile parlare con questa signora, conoscerla, dicevo, giacché, poverina, appena vede qualcuno passare nei pressi della sua dimora, comincia a gridare: “Andate via, andate via!”. Anche lei forse, come la gattara, sogna una casa vera.
Renato Pierri