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Ermal Meta torna a Sanremo con “Un milione di cose da dirti”

Milano. «Torno a Sanremo con uno spirito diverso dopo l’ultima volta che ho vinto: l’Ariston è l’unico palco dove si può fare musica dal vivo oggi e per far ascoltare la mia canzone».

Lo ha sostenuto Ermal Meta nella videoconferenza di presentazione di “Un milione di cose da dirti” con cui è in gara al prossimo festival di Sanremo e torna sul palco dell’Ariston dopo aver trionfato nel 2018 con “Non mi avete fatto niente” insieme a Fabrizio Moro e presentato anche all’Eurovision Song Contest a Lisbona.

«“Un milione di cose da dirti” l’ho scritta tre anni fa quando ero in un periodo particolare dopo aver iniziato la mia carriera da solista – ha ricordato – La mia vita era fatta di piccole scosse di assestamento, avevo un blocco emotivo interiore e per liberarmene volevo scrivere una canzone: mi son messo in gioco parlando con qualcuno che in quel momento non c’era e l’ho scritta in modo istantaneo».

“Un milione di cose da dirti” è una ballad che ha bisogno di tempo per essere considerata.

«Non è legata al covid: è tutta un’altra cosa – ha fatto notare – Le canzoni d’amore non stanno solo a Sanremo, ne ho scritte tante perché è un argomento che mi piace e non mi sento un pesce fuor d’acqua a scriverle. È una canzone d’amore verticale, so che parte da qui e sale verso l’alto e non si sa dove va a finire».

Sarà un Sanremo senza pubblico anche per Ermal Meta.

«Cantare davanti a un teatro vuoto è certamente un po’ strano – ha osservato – Per me non sarà un problema perché non è un concerto dove invece il pubblico è necessario. Non ho messaggi particolari da lanciare, ci vado per salire sul palco e per cantare al meglio la canzone e la cover: mi interessa che chi mi ascolta si emozioni insieme a me. Sicuramente Amadeus e Fiorello avranno problemi perché non sarà facile tenere uno spettacolo di oltre tre ore».

Nella serata di giovedì 4 marzo delle cover, Ermal, accompagnato sul palco dalla Napoli Mandolin Orchestra e interpreterà il celebre brano “Caruso” di Lucio Dalla del 1986.

«Non avevo assolutamente fatto il calcolo delle date: me lo ha fatto notare la mia fidanzata che Dalla è nato il 4 marzo – ha ammesso – “Caruso” me la sconsigliavano tutti ma a me piace andare controcorrente anche se un consiglio è sempre saggio: preferisco misurarmi contro i miei limiti, magari sbaglierò ma mi voglio misurare, non con Dalla ma con questa canzone».

Ermal si è avvicinato con rispetto a questa canzone.

«Mi sono messo al pianoforte e ho cantato “Caruso” – ha precisato – Ho chiesto al maestro Diego Calvetti un arrangiamento con dei mandolini che più di tutti rappresentano la napoletanità; la canzone napoletana non mi ha formato ma sento un legame molto forte con Napoli, anche se non c’è una ragione particolare ma la prima volta che ci sono andato mi sono sentito a casa, la sento molto vicina e il Napoli è la squadra che seguo».

In questa occasione il cantautore albanese ha parlato anche del suo nuovo album “Tribù urbana” che esce venerdì 12 marzo.

«Sono andato verso direzioni diverse ma per i suoni sono rimasto all’interno del mio genere – ha riflettuto – Ho cercato di metterci dentro tutto quello che utilizzavo come strumenti, con suoni diversi: il verbo ‘play’ si addice a questo disco».

“Tribù urbana” arriva a tre anni di distanza dall’ultimo album “Non abbiamo armi”, ed evidenzia l’altissimo livello di scrittura dell’artista, sia quando dà voce ai sentimenti, sia quando racconta il mondo attraverso storie di vita, guardando negli occhi uno ad uno i componenti della tribù urbana, attraverso suoni e parole che diventano i colori distintivi di questo nuovo progetto di Ermal Meta.

«Ci ho pensato a delle collaborazioni – ha affermato – Volevo fare qualcosa controcorrente in un progetto fuori dal disco che forse farò più avanti. Il disco ha un’aria più roccheggiante perché ho attraversato il punk e il crossover prima di arrivare a questo che sono oggi».

“Tribù urbana” contiene undici brani inediti, tra cui “Un milione di cose da dirti” e il singolo “No satisfaction” attualmente in radio.

«Il titolo mi è venuto in mente dopo che ho ascoltato tutte le canzoni – ha confessato – La tribù unisce le persone ma le nostre città sono diventate sempre diversificate, dai colori diversi e con ante dualità. La tribù urbana non esiste fisicamente».

Ermal Meta non sa ancora quando potrà ritornare a cantare dal vivo.

«Ho una voglia immensa di ritornarci – ha puntualizzato – Ho scritto le canzoni di questo disco pensando al palco e di suonarle in diretta: questa volta mi sono messo in platea dalla parte del pubblico nei panni di chi viene ai miei concerti e la voglia di suonarle dal vivo è immensa».

Anche a Ermal il coronavirus gli ha complicato la vita.

«Il covid mi ha messo il bastone tra le ruote – ha accennato – Ha cambiato il volto del nostro mondo, ne usciremo diversi e saremo cambiati per sempre: durante il lockdown ho avuto tutto il tempo di concentrami sulla voglia di tornare, in qualche modo».

Franco Gigante

 

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