Il sacrosanto diritto di lamentarsi

“Cara Rossini, molti si lamentano del male nel mondo e si chiedono il perché di esso; e soprattutto vorrebbero che Dio non lo permettesse, il male, risparmiando atroci sofferenze specie ai bambini i quali sono sicuramente senza colpa alcuna… Inoltre se i concetti del male e del bene avessero dei limiti di qualsiasi genere, noi scopriremmo pure una regia limitante delle realtà e possibilità delle cose del mondo. E pure limitazioni alla nostra fantasia e ai nostri desideri, quando invece, ad esempio, è innata in noi l’aspirazione alla felicità eterna senza vincolo alcuno. Dunque apparteniamo anche noi all’infinito; e non vedo quale migliore realtà e quale migliore aspirazione potevamo attenderci da Dio e dal mondo”.
Ho trascritto le prime righe e, dopo i puntini, le ultime righe di alcune riflessioni di un lettore, pubblicate sul blog de L’espresso dalla giornalista Stefania Rossini.
Ho commentato nella maniera che segue. Sindrome di Stoccolma? Ma no, evidentemente la sorte è stata particolarmente benigna con il lettore, e per questo ritiene che gli uomini non potevano attendersi da Dio migliore realtà. Ma, gentile lettore, ad uno sventurato nato magari con gravi malformazioni che gli rendono infelicissima la vita, o allo sventurato vittima di persone crudeli che pure gli rendono infelicissima l’intera esistenza, vuole dare il sacrosanto, giustissimo diritto di lamentarsi del fatto che Dio lo abbia creato, nonché del male nel mondo? Oppure anche questo gli è negato?
Renato Pierri

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