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“E la chiamano giustizia”. L’incubo e il calvario di Lamberto Quarta

Lamberto Quarta

L’ex-Segretario Generale della Regione Abruzzo ha raccontato a SprayNews il suo calvario giudiziario che lo ha visto arrestato già nel 2008 insieme all’allora Presidente della Regione, Ottaviano del Turco, e ad altri componenti della Giunta e del Consiglio regionale. L’intervista è stata condotta dal giornalista Antonello Sette.

“Per essere assolto con formula ampia da tutte le accuse ho dovuto aspettare nove interminabili anni. Tutte le accuse sono state smontate – racconta Quarta -. Prima che uscissi indenne dalle trappole e dalle sofferenze della Sanitopoli d’Abruzzo, hanno pensato bene di catapultarmi in un’altra inchiesta e in un altro inferno. Il nome prescelto questa volta era Caligola. Mi arrestano per una seconda volta. Il capo di imputazione questa volta è uno solo. Fumoso, arzigogolato, supponente”.

“Ho atteso nove anni esatti. Dal 7 gennaio 2012 a ieri l’altro, 16 gennaio 2021. Il fascicolo, che mi accusa, parte da Pescara, dallo stesso pool della Sanitopoli abruzzese. Sono loro che fanno le indagini, salvo poi trasferire tutto e tutti ai colleghi dell’Aquila per manifesta incompetenza territoriale. All’Aquila le indagini vengono riaperte, all’infinito. Nel 2015 finalmente il fascicolo sembra chiudersi e si celebra, udite udite, la prima udienza preliminare. Il giudice rinvia tutti a giudizio, indistintamente. Alcuni imputati, che scelgono il rito abbreviato, sono assolti. Seguono decine di rinvii fino a quando nel 2019, con sette anni di ritardo, inizia il processo. Spero di potermi finalmente difendere da accuse strampalate e ingiuste. La mia speranza dura lo spazio di un mattino. Il Collegio giudicante annulla, udite udite, tutti gli atti. A suo insindacabile giudizio i capi di imputazione sono confusi, incongruenti e inattendibili. Gli atti tornano al pubblico ministero. Si ricomincia.”

Il giornalista chiede a Quarta cosa sia rimasto a lui e alla sua famiglia di tutta questa incredibile vicenda. Quarta risponde che “Molti indagati dicono ‘ho fiducia nella giustizia’. Il punto non è questo. La giustizia è in mano agli uomini. E ci sono uomini corretti e altri che non lo sono. Non tutti magistrati esercitano il loro mandato in nome della giustizia. La giunta Del Turco doveva sparire e hanno fatto in modo che sparisse”.

Alla fine quello che rimane sono le cicatrici di 12 anni di calvario giudiziario. “Ho perso il mio lavoro, ho assistito impotente a traumi familiari indescrivibili, ho abbandonato ovviamente ogni impegno politico. La mia vita è stata irrimediabilmente stravolta. Ho capito sulla mia pelle che qualsiasi cittadino, politico o non politico, di fronte alla violenza di atti giudiziari, che poi magari si rivelano inconsistenti, è in uno stato di ordinaria inferiorità. Ho chiesto un risarcimento per la mia ingiusta detenzione. Servirà a lavare la coscienza sporca di qualcuno. Non a cambiare la sostanza. Ho letto il libro di Sallusti con l’intervista a Palamara, che peraltro mette nel conto della giustizia sospetta anche la dolorosa vicenda di Ottaviano Del Turco. Non mi interessa sapere le ragioni per cui abbia deciso di vuotare il sacco. Mi basta sapere che il Sistema esiste. Quel Sistema ingiusto e persecutorio, che ha spezzato in due la mia vita. Senza un perché. Senza chiedermi scusa.”

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