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C’è una sentenza del Tar di Lecce sull’ex Ilva di Taranto, sullo spegnimento degli impianti del siderurgico e l’adozione di un passo diverso relativo alla questione ambientale a Taranto.

La  sentenza del Tar di Lecce ribadisce una urgenza e apre una nuova pagina per la definitiva riconversione ambientale ed economica del capoluogo ionico.

La decisione del Tribunale amministrativo, infatti, conferma lo stato di pericolosità degli impianti dell’area a caldo per i cittadini di Taranto e per gli stessi lavoratori. E impone provvedimenti consequenziali nell’ottica del superamento delle criticità.

Le preoccupazioni e le istanze della comunità ionica devono trovare ora accoglimento nell’esecutivo nazionale guidato dal Presidente Draghi che ha istituito il nuovo Ministero della Transizione Ecologica.

Secondo i giudici della prima sezione del Tribunale Amministrativo, “lo stato di grave pericolo in un contesto abitativo come quello della città di Taranto, aggravato proprio dal sempre più frequente ripetersi di emissioni nocive ricollegabili direttamente all’attività del siderurgico, deve ritenersi permanente ed immanente”.

Il Tar riconosce, inoltre, la piena legittimità del provvedimento adottato dal sindaco di Taranto sancendo che l’ordinanza “costituisce applicazione del principio di precauzione, che risulta nella specie correttamente applicato e rispettoso del principio di proporzionalità”.

Sicuramente è uno dei primi dossier che questo nuovo governo deve affrontare subito, sia il premier Draghi che il ministro dello Sviluppo Economico, Giorgetti.

Nelle ultime ore c’è stata questa sentenza del Tar di Lecce che ha confermato l’ordinanza di un anno fa, del sindaco di Taranto Melucci, relativamente allo spegnimento degli impianti, che è andata avanti attraverso tutto un contenzioso  giudiziario.

Ora ci sono sessanta giorni di tempo affinché l’azienda adempia, ma ha già annunziato ricorso  al Consiglio di Stato, secondo prassi.

Il punto però non è tanto nei provvedimenti della Magistratura che interviene a cose fatte fotografando la situazione reale e confrontandola con la legge.

Il punto è nella risposta che la politica, le istituzioni, il governo,  vorranno e potranno dare.

C’è un accordo da dicembre tra ArcelorMittal e Invitalia, approvato dall’Unione Europea che segna l’ingresso  dello Stato che ancora non si è realizzato. I quattrocento milioni di intervento sul capitale, Invitalia non li ha ancora versati.

Ora si tratterà di verificare se questo verrà ritenuto coerente da questo governo con la sua linea programmatica, mettendo oltretutto l’ambiente tra le priorità a tal punto da ritenere di dover inserire  un nuovo ministro, Roberto Cingolani,  per la Transizione Ecologica.

Se verrà ritenuto coerente il piano industriale di ArcelorMittal e Invitalia che prevede  sì l’uso del  forno elettrico ma in una quota limitata perché su 8 mln di tonnellate di acciaio che si produrranno nel 2025 a regime,  solo 2 mln e mezzo verranno prodotte col forno elettrico.

E ovvio che la Regione Puglia e il Comune di Taranto  hanno evidenziato l’importanza di questa sentenza per dire al governo che è necessario un cambio di rotta,  per una ambientalizzazione più spinta.

E sicuramente rispetto alle risposte che il governo dovrà dare  il recupero di un dialogo, di un confronto positivo con le comunità locali, è un altro aspetto da tenere presente.

Vito Piepoli

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