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M° Giuseppe Messina. Versi ritrovati

In questi mesi di pandemia il Maestro Giuseppe Messina è stato sempre, più di prima, impegnato nelle sue varie attività artistiche di scultore, pittore, poeta, autore teatrale e di testi per canzoni, attore e regista, ma anche di giornalista di critica d’arte e letteraria.  Attualmenttrascorre le sue giornate intento ad ultimare i dipinti che comporranno le pagine in tela del suo tomo, un librone di cm 50 X 70, commissionato dal figlio Salvatore, una rara opera d’arte, rilegato con copertina in multistrato ligneo ricoperta di pelle sulla quale avrà montato un altorilievo in bronzo di ben 25 kg. Ma avremo modo di parlarne. Possiamo già anticipare che verrà presentato in occasione dei festeggiamenti per i suoi 55 anni di attività artistica ricca di sculture, dipinti e mostre come si potrà notare in alcune foto che pubblichiamo. In questo periodo ha anche scritto diverse poesie che abbiamo letto con piacere e che pubblichiamo qui di seguito credendo di fare un piacere ai nostri lettori.

LA MISURA DELL’AMICIZIA

Se, per un caso, ti venisse in mente

di misurare l’amicizia, allora,

puoi usare un metro solamente:

quello dell’affetto, ogni altro ignora.

 

L’amicizia è come un seme nel vento,

non si sa dove potrà germogliare,

ma puoi scoprirlo in un certo momento,

quand’è una pianta e la devi innaffiare.

 

Suo nutrimento son pochi elementi:

sì, gratitudine e solidarietà

e altri pur nobili sentimenti,

stima, rispetto e anche verità.

 

VERRA’ IL GIORNO IN CUI

Verrà il giorno in cui su qualche muro

della città ci sarà un manifesto

annunciante la mia dipartita,

perciò invito a non creder a questo.

 

Ho la certezza: sarò ancora qui;

potrà trovarmi, se vorrà, ciascuno

tra quanto ho scritto e in quanto ho prodotto,

se di sapere non sarà digiuno.

 

Passi distinti e pur versi illustrati,

atmosfere in cui il sogno appare,

ricordi e insegnamenti di mia madre

che il tempo non farà dimenticare.

 

Adesso che son giunto a questa meta,

quando i ricordi guidano la rotta,

il pensiero va oltre Atropo e vede

la parca che spezza il filo di seta.

 

È la stanchezza e il prepotente sonno

che le palpebre rendono pesanti.

Il tempo, oramai, ha cancellato

le tante primavere già distanti.

 

Stanchezza e sonno, sempre traditori,

m’hanno impedito di far riflessione,

insegnamento giusto di mia madre,

che prima di dormire andrebbe fatta.

 

“Tutto quello che hai detto e fatto

nella giornata che hai già vissuto,

devi analizzare e soppesare”.

-Fin da bambino, sempre, così ho fatto-

“Tutte le sere esame di coscienza

prima del sonno devi saper fare”.

Quanta saggezza, regole di vita

che io direi di non trascurare.

 

Diamanti che luccicano ancora,

molto pesanti e, anche, taglienti

le pregiate parole di mia madre

e di mio padre, fari mai spenti.

 

Ecco il tesoro, la grande ricchezza

di cui faccio dono saggiamente,

tanto che lascio erede mio figlio

e chi mostra d’avere aperta mente.

 

La mia è un’avventura che avrà fine

quando la parca avrà tagliato il filo,

qualora si sarà spenta la fiamma

e sarà assente il mio profilo.

 

Intanto conduco la mia barca

e vado tra i marosi, con prudenza,

mentre il tramonto è sempre più vicino

e non servirà più la mia presenza.

 

Ho visto tanto e più ho sopportato,

adesso il colpo della pandemia

dove c’è, anche, chi non vuol capire,

che sembra esser vittima di follia.

 

Contemporaneamente c’è chi lotta,

perde la vita per salvare vite.

Purtroppo c’è chi divulga menzogne

che non meritano di essere seguite.

 

SONO QUI

Sono qui. Tra questo spazio mi elevo

in un candore di fiocchi leggeri

il cui silenzio, per me, è assordante

e mi trasporta su altri sentieri.

 

Tanti i pensieri, in questo momento,

all’ombra di un abisso sempre uguale,

dove muoiono giustizia e bellezza

e, spesso, prende il sopravvento il male.

 

Cavalco i morosi della vita,

dall’alba della mia primavera,

sperando in una magica avventura;

adesso sono solo uno che spera.

 

Falsa è la realtà, piena d’inganni,

svanito è il candore della neve,

resta della bellezza il buon ricordo

a cui credo da tempo non breve.

 

Comunque c’è il grano seminato,

spero diventi messe augurale,

un nutrimento per anima e corpo

certezza di un’energia vitale.

 

SULLA PORTA DELL’OIKOS MUSEION

Chi con anima candida qui viene

mi porta un sospiro della vita

ed io gli offro ciò che ho creato

pur dopo che avrò chiuso la partita.

 

A VOLTE

A volte mi convinco e vado avanti;

mi sento in una barca, solitario,

che prosegue verso orizzonti incerti,

mentre annoto sul mio diario.

 

Ci sono momenti in cui mi sento

un’isola, un’isola soltanto

e cerco di produrre quanto posso,

tra un verso e l’altro, sognando l’incanto.

 

Tanti orizzonti ho visto in prospettiva

su cui dell’aurora ho goduto,

ma anche dei tramonti ho subito,

da toglier fiato e rimanere muto.

 

Non so quanto mi resta per godere

le meraviglie di nostra natura,

so solo che il tempo sarà breve

e presto finirà quest’avventura.

 

A volte un rimorso spicca il salto

e viene a galla prepotentemente,

la mia coscienza tenta riflessioni

in un momento nel quale non mente.

 

Mi dice che, a volte, ho perso tempo,

ed è la verità, non so mentire:

avrei potuto, ancora di più, dare

anziché soffermarmi e ad altri dire.

 

L’ARETUSEA

Vincesti il confronto con Atene,

Aretusea splendente diamante.

Ti hanno ammantata di barocco

e fai da cornice in questo istante.

 

Qui dove il mito da sempre è presente,

mi accompagna, m’ispira, m’induce

tanto da far scoprire un sentimento

che piacevolmente mi conduce.

 

Cuciti, mano in mano, lei mi guida,

passo su passo, in  storia e leggenda,

poi, la sera, il bacio lunare

ci trova avvinti in dolce vicenda.

 

L’incanto ci trascina oltre il reale,

anima e corpo annullano le ore;

aquile in volo dentro il surreale,

naufragati nel gorgo dell’amore.

                           (Siracusa, luglio 1969)

IL FASCINO DEL BELLO

C’è qualcosa in questo momento,

quando altri non sanno capire,

che io cerco e voglio trovare

per poter dal mio sogno guarire.

 

C’è qualcosa in questa Florenza,

come magica essenza mi esorta

a cercare, cercare, imparare

quello che dentro, in parte, mi porto.

 

Il fascino del bello mi attrae,

mi bacia come alito di vento,

ho voglia di plasmare l’arte mia

con il sapore del rinascimento.

 

Cerco e ricerco, l’amore mi guida,

mi porta tra i meandri del passato,

voglio arrivare oltre l’attuale,

oltre il presente e ciò che sono stato.

                       (Firenze, maggio 1970)

 

 

 

DI FRONTE AL DIO DEI VENTI

Se verrete a tuffarvi nel mio mare,

proprio di fronte al Dio dei Venti,

quando il sole insanguina le onde,

vedrete stelle d’oro e altri elementi.

 

In queste acque dove nacque il mito

io mi specchio e mi sento rinato;

riesco bene, persino, a sognare

ad occhi aperti ipnotizzato.

 

 

DAL POZZO DEI MIEI SOGNI ANNEGATI

Dal pozzo i miei sogni annegati

hanno il potere di fare affiorare

ricordi che non sono tramontati

e che mi fanno ancora pensare.

 

Ero in cerca della concretezza

quando a primavera venni attratto

da ciò che mi elevò: la dolce brezza

che mi rapì la vita, il gusto e il tatto.

 

Ricordo il mio stato d’atopia

quando leggero come una farfalla,

sembravo rasentare la follia,

sfidavo i marosi e stavo a galla.

 

DISCERNIMENTO

Tra gli ulivi, raccolto nel pensiero,

inseguito dal più grande nemico,

mi destreggio e schivo i suoi insulti

e dei vili soppeso l’intrico.

 

Per me che l’umiltà ho inseguito,

con la speranza d’esser conquistato,

si staglia giù il regno del Dio dei Venti

e penso quante volte mi ha parlato.

 

Mi ha sussurrato e mi ha suggerito

la strada che mi porta a valutare

quanto mi resta e quanto mi convenga

parlare poco e molto ascoltare.

 

Ecco, adesso il discernimento,

osservando la fiamma nel camino

in cui vorrei ardesse l’azione

di chi è maligno e rompe l’armonia,

di chi, vigliacco, la gente distrae,

con inganni e falsa filosofia.

 

 

QUELLA SAGGEZA DIVENTATA RARA

Tanti esami, ogni giorno ho superato,

severo sempre l’esaminatore,

che ha cercato di farmi impigliare

nel suo analfabetismo untore.

 

Purtroppo di sapienti è pieno il mondo,

sanno di tutto e non sanno cos’hanno,

eppure hanno un pozzo d’ignoranza

che a loro stessi causa il maggior danno.

 

Io una cosa so e l’ho imparata

da chi sa e dice di non sapere;

ho imparato a soppesare il verbo:

è meglio essere anziché avere.

 

C’è chi crede di saper tanto e non sa

ch’è inutile avere per apparire.

Dentro ciascuno è la vera sostanza:

c’è la saggezza e l’intimo sentire.

 

Basta cercare, cercar per trovare

quella saggezza diventata rara

in questo mondo in cui tanta gente

va alla rovina facendo a gara.

 

Nelle foto: I1) lM° Giuseppe Messina. 2) Mostra per i 45 anni di attività artistica..3) Mostra 50 anni di sclturta, pittura, grafica. 4) La copertina del poema “La leggenda di Omero”.

 

Per contatti: Messina.giusep@tiscali.it

 

Nino Bellinvia

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