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NIENTE PACE NEL CAUCASO: DALL’AZERBAIGIAN SOLO MINACCE E LINGUAGGIO VIOLENTO

Non fosse bastata una sanguinosa guerra scatenata dall’Azerbaigian il 27 settembre scorso contro la piccola repubblica armena del Nagorno Karabakh (Artsakh) nonostante l’appello delle Nazioni Unite a evitare conflitti in piena pandemia, non fossero bastati bombardamenti a tappeto contro l’inerme popolazione della regione, non fossero bastati migliaia di morti, ecco che la leadership dell’Azerbaigian continua la sua politica con un linguaggio violento e ripetute minacce.

Neppure la tregua concordata con Armenia e Russia riesce a fermare la prepotenza e l’arroganza della dittatura azera.

Negli ultimi giorni abbiamo dovuto leggere parole che non lasciano presagire nulla di buono per il futuro.

Il presidente dell’Azerbaigian, Aliyev, ha dichiarato che tutti i soldati armeni catturati dopo la firma dell’accordo del 9 novembre non devono essere considerati come “prigionieri di guerra” (e quindi soggetti alle convenzioni internazionali) ma considerati alla stregua di “terroristi”. In parole povere saranno ostaggio del regime di Baku e a loro sarà impedito il rientro in patria nonostante la mediazione del Comitato internazionale della Croce Rossa.

Il presidente dell’ordine degli architetti dell’Azerbaigian, più o meno nelle stesse ore, ha affermato che dovrebbero essere abbattute almeno una ventina di chiese cristiane armene edificate negli ultimi anni nei distretti ora sotto controllo azero; alla faccia del rispetto per il patrimonio culturale e architettonico…

Come se non bastasse l’Ombudsman dell’Azerbaigian, ovvero il Difensore dei diritti umani (!) di quel Paese, ha annunciato sui social che l’Azerbaigian deve creare una fascia di sicurezza di 20-30 km dentro il territorio della repubblica di Armenia.

Queste affermazioni sono gravissime e testimoniano le mire turco-azere. Erdogan e Aliyev, compari dittatori, vogliono eliminare per sempre l’Armenia e il suo popolo dal Caucaso meridionale; un altro genocidio si profila all’orizzonte dopo quello del 1915.

L’Europa tace, l’Italia si volta dall’altra parte (tanto c’è il TAP e il gas azero che valgono bene un altro sterminio o un’altra guerra…).

Consiglio per la comunità armena di Roma

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