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Iran: un prigioniero giustiziato a Qom e altri 14 sull’orlo dell’esecuzione

Detenute picchiate nella prigione di Qarchak

Appello per un’azione urgente per salvare i prigionieri nel braccio della morte e per una delegazione internazionale che visiti le carceri iraniane

Giovedì 17 dicembre, un prigioniero di nome Shahab Javid è stato giustiziato nella Prigione Centrale di Qom. Era stato torturato psicologicamente con tre finte esecuzioni negli ultimi anni. La sua esecuzione è avvenuta nonostante il fatto che, a quanto si dice, i querelanti abbiano ritirato la loro denuncia. I torturatori del regime avevano fatto pressioni su di lui perché scrivesse una lettera di pentimento, ma egli non l’ha fatto, insistendo sulla propria innocenza.

Shahab Javid era uno dei 15 prigionieri condannati a morte per accuse di reati finanziari e per essersi scontrati con le forze di sicurezza dello Stato. Secondo quanto riferito, altri 14 prigionieri verranno giustiziati presto.

In un altro atto criminale, domenica 13 dicembre, unità antisommossa hanno preso d’assalto il Reparto 8 della prigione di Qarchak, dove sono detenute donne, e hanno trasferito Golrokh Ebrahimi Eraei nella prigione di Evin. Il brutale attacco ha incontrato la resistenza di altre detenute. Le guardie hanno picchiato duramente le prigioniere con manganelli e taser, ferendo diverse prigioniere politiche, tra le quali Zahra Safaei, Parastoo Moeini, Forough Taghipour e Golrokh Ebrahimi Eraei. Zahra Safaei ha lividi su tutto il corpo a causa dei colpi di manganello. Trascinandola per i capelli, gli agenti della repressione hanno tirato a terra Parastoo Moeini per rimuoverla dal reparto mentre lei si era precipitata a difendere Golrokh Ebrahimi e sua madre Zahra Safaei. Altre prigioniere l’hanno salvata. Alla fine, dopo essere stata duramente picchiata, Golrokh Ebrahimi è stata trasferita nel reparto 2-A della prigione di Evin.

Durante questo attacco, detenuti in altri reparti della prigione di Qarchak hanno espresso sostegno alle prigioniere politiche battendo su porte e sbarre mentre gridavano “Morte al dittatore”.

La Resistenza iraniana rivolge un pressante appello al Segretario Generale della Nazioni Unite, all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani e ai competenti Relatori Speciali, così come alle organizzazioni internazionali per i diritti umani, affinché intraprendano azioni urgenti per salvare i prigionieri nei bracci della morte in Iran e ancora una volta afferma la necessità di costituire una commissione internazionale d’inchiesta che visiti le prigioni iraniane e incontri i detenuti, in particolare donne.

Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI)

 

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