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Capoferri TALKS. Una finestra sul mondo

con Marco Sammicheli

5 appuntamenti con 5 protagonisti dell’architettura internazionale

per passare in rassegna cosa significa oggi disegnare vedute,

accogliere la luce naturale, garantire sicurezza, immaginare una griglia che da oggetto diventi soggetto architettonico

https://bit.ly/CapoferriTalks_IT

Intervento di Matt Yeoman

“Quello che trovo fantastico delle aziende italiane è la capacità di unire la cura dei dettagli con la comprensione del design”. Ad affermarlo è Matt Yeoman, figura di spicco dell’architettura internazionale, ospite al quarto appuntamento dei Capoferri Talks. Co-founder dello studio Buckley Gray Yeoman (BGY), il progettista inglese guida un team di oltre 100 professionisti, con uffici a Londra, Bristol e (presto) a Madrid. La sua attività spazia su campi e scale d’intervento diverse, arrivando alla progettazione di ampi complessi come quello di Bishopgate Goodsyard, in una delle ultime aree ancora da sviluppare ai confini della City londinese.

Nonostante la crescita realizzata in poco più di vent’anni d’attività, BGY è rimasto fedele a due principi. Il primo è puntare sullo scambio e la diversificazione delle esperienze. “Al nostro interno ci sono vari team, ma nessuno si specializza su un particolare settore,” spiega Yeoman, perchè “il modo con cui disegni un edificio commerciale può poi influenzare il modo in cui disegni un ufficio o una scuola”. Il secondo principio è l’attenzione – Yeoman parla addirittura di passione – per un intelligente riuso degli edifici esistenti. “Non ha senso buttarli giù per compiacere l’ego di un architetto o di un cliente”. E non solo per il loro valore storico, ma anche per la maggiore sostenibilità di  un intervento conservativo.

Yeoman sottolinea l’importanza di valorizzare ‘il carattere’ di ogni edificio su cui si interviene. Certo, occorre scoprire se l’edificio ha ‘good bones’, cioè una buona struttura, e se negli anni è stata nascosta  con  vestiti sbagliati, che vanno tolti per tornare alla forma originale. Non si tratta di scelte facili, ma per Yeoman va rispettata una regola: più che a ‘ricostruire’, dobbiamo impegnarci a ‘preservare’ l’esistente. Come nel caso di un intervento di BGY a Londra su un edificio storico, di cui si decise di demolire la parte posteriore. Alcuni degli archi che ornavano la parte conservata furono spezzati dall’intervento: “Tuttavia non li abbiamo ricostruiti: ci è piaciuto mantenere il segno di quella rottura”.

Ma quali sono, per l’architetto inglese, i cambiamenti che gli eventi straordinari del 2020 stanno producendo nel mondo del progetto? Secondo Yeoman, fenomeni come lo smart working erano già in atto prima della pandemia, ne hanno solo accelerato l’attuazione. Oggi ci accorgiamo di quanto siano importanti i contatti umani (“è più piacevole lavorare insieme in studio che farlo su Zoom”) e allo stesso tempo capiamo meglio il valore di strumenti di comunicazione che, al di là dell’emergenza, ci consentono di gestire meglio e in modo più sostenibile le nostre attività. Ma in generale, dice Yeoman, stiamo imparando una cosa essenziale: che le persone dovrebbero vivere vicino a dove lavorano.  “Per lungo tempo le nostre città sono state luoghi di lavoro dove non ci si poteva permettere di vivere: penso che dovremmo tornare a viverci e a renderle vitali”.

D’altra parte, oggi assistiamo a una progressiva convergenza nell’uso degli edifici. Per esempio, hotel progettati per essere anche luoghi di lavoro, e all’opposto luoghi di lavoro sempre più simili a hotel. Sfumano non solo i confini tra le tipologie, ma anche quelli tra esterno e interno dell’edificio. Negli uffici si richiedono ormai spazi aperti verso l’esterno su ogni piano, con soluzioni simili a quelle finora riservate a edifici residenziali. Le reception, grandi spazi dove in passato non avveniva nulla, si stanno aprendo ad attività pubbliche diversificate. Per esempio una galleria d’arte, o anche un mercato alimentare, esemplifica Yeoman, citando due recenti progetti di BGY. Cambia anche l’occupazione degli spazi nei quartieri, con l’ingresso di piccole imprese creative che sembra poter rigenerare il tessuto urbano della città, dopo la crisi della piccola distribuzione sotto la pressione del commercio on-line.

Insomma c’è molto da esplorare per uno studio fortemente orientato al mercato internazionale. “Lavoriamo sempre di più in Europa e lo facciamo con grande soddisfazione”, sottolinea Yeoman, aggiungendo che, rispetto a quello inglese, il mercato europeo è più attento al valore di quello che realizzi. E parlando di valore, per Yeoman è essenziale poter contare sulle competenze dei propri partner: ”Che si tratti di infissi, opere murarie o impianti, un architetto chiede a chi li realizza di aggiungere valore al suo disegno. Non sono un esperto di finestre e mi aspetto da chi è esperto molto di più di quanto io possa aver ideato”.

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