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Il linguaggio crudele di Avvenire

Roma, 31 lug. (askanews) - "Dicono che non c’è razzismo in ciò che è accaduto" a Daisy Osakue "e per di più il ministro dell’Interno Salvini ha ritenuto di liquidare come 'sciocchezze' gli allarmi di quanti denunciano il clima xenofobo e i rischi di escalation razzista. Pesi bene le parole. Guardi la realtà e ascolti anche altre voci della destra italiana. Negare l’evidenza di diversi episodi non fa altro che assolvere e ingigantire il mostro". E' quanto scrive il direttore di 'Avvenire' Marco Tarquinio in un editoriale pubblicato oggi suo quotidiano dei vescovi che in apertura pubblica la foto di Daisy con il titolo "Vergognamoci". "Chi guarda il volto di Daisy Osakue può fare solo una cosa: vergognarsi. Noi italiani dovremmo vergognarci tutti insieme - scrive Tarquini -. Perché quel volto segnato, è certamente il volto di una cittadina italiana dalla pelle nera, una giovane donna e atleta bersagliata solo e soltanto per la sua 'inermità' e 'diversità', ma è ancor più il volto del nostro Paese nella stagione amara che stiamo attraversando. Un volto che presentiamo al mondo e a noi stessi. E che non ci somiglia. Ma non per il colore, quanto per la ferita odiosa che porta. Anni di pensieri cattivi e di parole e propagande dure, di crescenti povertà materiali e morali eccitate contro altre povertà stanno producendo bullismi assurdi, atti violenti, assalti folli". In questa situazione, è l'invito di Tarquini, "vergogniamoci, e reagiamo di civiltà".

 
Secondo il quotidiano Avvenire di domenica 23 agosto, le nuove linee guida sull’aborto farmacologico che hanno annullato l’obbligo di ricovero per l’assunzione della pillola Ru486, violano la Costituzione. Nell’articolo si legge, tra l’altro: «La rete consultoriale nasce con la finalità esattamente opposta: fornire un’alternativa alle donne che pensano di trovarsi costrette dalle circostanze più varie a spegnere in grembo la vita del proprio bimbo».
E più avanti: “Ma è altrettanto innegabile come anche questa seconda norma non abbia inteso chiedere la collaborazione di queste strutture per la soppressione del bimbo nel ventre della gestante”.
Non entro nel merito della questione, ma nel merito del linguaggio. L’interruzione della gravidanza, al fine di rendere più grave l’atto, di ottenere maggiore effetto, di fare più impressione, viene definita “soppressione del bimbo nel ventre della gestante”. L’embrione o il feto, per Avvenire, sono già il “bimbo”. Sopprimere un bimbo è azione nefanda ed è reato gravissimo. Stesso effetto, con la frase: «spegnere in grembo la vita del proprio bimbo». E va be’, ma non è una crudeltà verso tante donne che magari per disperazione hanno interrotto la gravidanza? La stessa crudeltà di Giovanni Paolo II, il santo, che nell’enciclica Evangelium Vitae  ebbe  a definire omicidio l’aborto e l’eutanasia, e a metterli sullo stesso piano del fratricidio di Caino. Karol Jozef Wojtya dimenticava che all’origine del fratricidio biblico, c’erano la gelosia, l’ira, l’odio profondo, sentimenti che non possono essere, ovviamente, all’origine dell’aborto e dell’eutanasia.
Renato Pierri

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