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Ballava a piedi scalzi

Ballava a piedi scalzi. I piedi impertinenti. La veste liscia vestiva l’aria tutto intorno. La ragazza bruna con gli occhi belli senza pudori offriva uno spettacolo innocente. Forte però. Il sapore della femmina si poteva tagliare col coltello e la bellezza, semplicemente solenne, impartiva ordini a tutti. Ogni tendine, ogni salto, ogni gesto distribuiva il suo odore. Che bella! Che bel ballo e che passione seria! L’oracolo non avrebbe potuto prevedere tanta armonia. Contro ogni previsione l’aumento ansimante e graduale, diveniva implacabile. Portava all’acme del colloquio visivo. Aspetta, vengo anch’io per perdermi in quella recita vera e godere di questo immeritatamente. Quella chitarra suonava musica in bianco e nero memore del passato e di tutti gli amori precedenti. Ah ed anche di tutte le lacrime.  In fondo vogliamo ricordare e ciò conta. Senza ricordo non esisto, senza emozioni dormo inerte. Quella musica poteva sembrare triste ma era brillante zampillando su quelle corde, quelle del buzuchi. Traditore. Strumento traditore amante di quella bellezza che girava, girava e continuava a girare nel sudore chiaro e profumato di freschezza. Ho pensato che tutto poteva anche finire subito senza commenti e senza amori ma con una promessa. Ballava a piedi scalzi riposandosi sui versi di  Savvopoulos accanto ad una Thalassa mikrì. Scomposta ma elegante, la ragazza aveva perpetrato il prodigio. Stuzzicato l’anima di ognuno.(s.v.)

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