Il vertice NCRI e MEK  può diventare l’occasione giusta per l’Occidente nel manifestare quella solidarietà verso il popolo iraniano a lungo taciuta

Il 17 luglio gli iraniani espatriati in tutto il mondo terranno una serie di incontri simultanei e in streaming nell’ambito del ” Vertice mondiale dell’Iran libero”, che il Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana ( NCRI) e l’organizzazione dei Mojahedin del popolo iraniano (PMOI/MEK) organizzano ogni estate.

Quest’anno le restrizioni imposte dalla pandemia di coronavirus hanno spinto gli organizzatori a sfruttare le tecnologie  del web,  e così anche se si perderà, inevitabilmente, la rappresentazione fisica dell’unità globale, lo streaming potrà collegare più persone che non avrebbero avuto la possibilità di recarsi in Francia per partecipare all’evento. Inoltre ciò potrebbe diventare il punto di partenza per un nuovo modo di esprimere sostegno alla Resistenza Iraniana.

Questo è un aspetto su cui la comunità internazionale dovrà riflettere attentamente, perché i recenti sviluppi suggeriscono che il movimento di opposizione, nel prossimo futuro, farà scelte sempre più coraggiose contro il regime teocratico. Questo non è solo lo scenario ottimistico dei sostenitori dell’NCRI, anche i loro avversari a Teheran affermano più o meno la stessa cosa. Ad aprile, il leader supremo del regime Alì Khamenei ha tenuto una teleconferenza con i membri della milizia Basij travestiti da studenti e li ha esortati a scovare chi protestava contro il regime all’interno dei campus universitari.

Khamenei ha spiegato che il MEK avrebbe sicuramente assunto la guida di quelle proteste se non fossero state  seriamente osteggiate dai sostenitori del regime. Il Capo Supremo,, tuttavia, non ha osato dichiarare che le proteste potessero essere annientate definitivamente, chiedeva solo che i Basij interferissero in modo da confondere il loro messaggio e farlo apparire agli osservatori internazionali semplici lamentele verso l’attuale leadership e non dure proteste per mandare via il regime e Liberare finalmente l’intero Paese.

Ma nel descrivere il MEK come un gruppo che” rifiuta le basi” della rivoluzione islamica, Khamenei ha tacitamente riconosciuto che gli studenti e tutto il Popolo Iraniano sono pronti a respingere allo stesso modo il principio fondante del regime.

In realtà, il discorso che Khamenei ha tenuto ad aprile è permeato di ottimismo più di quanto ci si potesse aspettare, considerando gli eventi precedenti. Nel gennaio del 2018, c’è stata una crescente adesione alla ferma volontà del MEK di cambiare l’attuale regime, dando così origine alla più significativa protesta anti- regime dal 2009. Khamenei ha subito additato il MEK, quale responsabile del sentimento antigovernativo che aleggiava in tutto il Paese, incolpando le sue unità di resistenza nell’aver ” pianificato per mesi” le proteste a livello nazionale. Il lavoro organizzativo del MEK ha avuto un notevole successo, tanto che le rivolte del 2018 hanno eclissato il movimento del 2009. Infatti, mentre il movimento di protesta precedente vedeva una massiccia partecipazione dei giovani della classe media di  Teheran, questa ha riunito gli iraniani di ogni estrazione sociale, comprese le minoranze etniche e religiose e le comunità rurali povere, a lungo ritenute roccaforte politica per il regime clericale.

Il movimento di protesta del 2018 ha replicato le manifestazioni a novembre del 2019, dopo l’aumento del prezzo del gas da parte dei mullah. I manifestanti ,in  questa occasione hanno scandito slogan, propri del MEK,quali ad esempio:” morte al dittatore” e ” il gioco del riformista dalla linea dura è finito”, a dimostrare l’abbraccio, ormai duraturo tra il popolo e la Resistenza.

La rivolta del 2019 è stata, purtroppo, repressa con una immediata e brutale violenza. Si stima che 1500 manifestanti pacifici siano stati uccisi a colpi di arma da fuoco dalle forze di sicurezza; migliaia di attivisti sono stati arrestati e denunciati, tanto da rischiare una lunga detenzione o addirittura la pena di morte.

La drammaticità della situazione all’interno dell’Iran, non ha impedito agli organizzatori  di questo grandioso evento di nutrire un certo ottimismo nel riuscire con collegamenti satellitari illegali o con connessioni Internet di reti private a fare arrivare un messaggio di speranza e di partecipazione anche ai sostenitori iraniani.

Gli sforzi repressivi del regime  hanno aumentato il malessere popolare verso tutti i funzionari dello stato e Teheran sembra ben consapevole del fatto che sta perdendo terreno a vantaggio della Resistenza e si sta preparando per la prossima grande rivolta popolare.La pandemia  del coronavirus ha ostacolato le manifestazioni pubbliche, ma quando sarà il momento la gente chiederà conto anche della cattiva gestione delle emergenze sanitaria, che ha causato decine di migliaia di morti. Non sappiamo quando questo momento arriverà, ma la Comunità internazionale ha il dovere di essere pronta per il nuovo corso dell’Iran. A tal proposito il ” Free Iran Global Summit” rappresenta il forum ideale in cui prendere coscienza dei veri cbiamenti che avverranno in Iran.Un evento in cui le idee di giovani attivisti iraniani potranno confrontarsi in merito ai modi in cui i governi stranieri e le unità di resistenza Iraniana possono collaborare per realizzare cambiamenti radicali in Iran. La Resistenza Iraniana ha sempre lavorato per una proficua collaborazione,in tal contesto si chiede alla Comunità internazionale di riconoscere il diritto del popolo iraniano alla resistenza per rovesciare questo regime, in quanto il popolo iraniano stesso è il vero fautore del cambiamento con la creazione di un nuovo e democratico stato.

Le basi del nuovo governo sono racchiuse  nei dieci punti enunciati dalla leader dell’opposizione Iraniana, MARYAM RAJAVI, che prevedono:

Elezioni libere ed eque

Governance laica

Salvaguardia dei diritti delle donne e delle minoranze

Convivenza pacifica tra Iran e paesi confinanti ecc….

Questa, in definitiva, è la visione del futuro dell’Iran, che è stata condivisa dai partecipanti alle rivolte del 2018 e del2019. L’eredità emergente da quelle proteste  è l’idea che il popolo iraniano è pronto al cambiamento e a rovesciare il regime dei mullah.

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