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La piaga della corruzione

La piaga della corruzione, se non arginata, renderà irreversibile la crisi dello Stato e della democrazia. Prima di alzare bandiera bianca, urge, però, inquadrare il fenomeno nella giusta prospettiva: la correttezza della diagnosi facilita la terapia. A tale proposito, qualche tempo fa, il PM P. Ielo, ad un convegno di MicroMega, riuscì ad individuare le cause più profonde del problema: “oggi è più forte il soggetto privato rispetto al pubblico, l’imprenditore rispetto al politico. Corrompere ora costa meno, ti comprano con un posto di lavoro o​ promesse di carriera.” Infatti, i processi della globalizzazione, concentrando la ricchezza nelle mani di pochi, hanno ridotto la politica a inessenziale appendice della economia. In un contesto del genere è facile indurre in tentazione il politico o il funzionario pubblico. In Italia, poi, la presenza delle mafie, che hanno un giro di affari di miliardi di euro, aggrava ulteriormente il problema. Per aggredire questo cancro è necessario che l’opinione pubblica prenda coscienza sia del rapporto di interdipendenza tra la criminalità organizzata e la corruzione, sia della necessità di dare la priorità assoluta al contrasto di​ tale devastante fenomeno. Basta con la pacchia degli arresti domiciliari: negli Usa i 150 anni di carcere inflitti a Mardoff per una gigantesca frode finanziaria si sono rivelati un ottimo deterrente per i reati dei colletti bianchi.

Felice Antonio Vecchione

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