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“RES” E NARRAZIONE

Che cosa a distanza di tempo, poniamo anche alla fine del XXI secolo, si dirà degli eventi globali del presente anno, i quali, se ci rifacciamo alla riflessione comunemente accolta, quanti il 2020 stanno vivendo non sono in grado di cogliere nella obiettività? A ben riflettere, però, neppure il manzoniano “Ai posteri l’ardua sentenza” andrebbe per molteplici motivi accolto, dato che non presuppone la oggettività, deve quindi anche per esso porsi il beneficio del dubbio, espressione forse impropria ma che può dare significato ad un discorso sulla obiettività storica.                                                                                                           L’ “istorìa”, termine introdotto da Erodoto (V sec. a C.), contiene di per sé una ambiguità, poiché sta a indicare le “res”, ossia gli eventi, e insieme la relativa narrazione, anche quando, dal Settecento in poi, la storia si allarga a spazio e tempo non più circoscritti per divenire universale con implicazioni filosofiche, e non solo (Voltaire, Hegel, Dilthey…). La narrazione si fonda su testimonianze scritte (meglio se verificate) a partire da Erodoto e Tucidide, da Sallustio e Livio e poi con Lorenzo Valla (in un opuscolo dimostrò la non autenticità del documento relativo alla donazione di Costantino), Machiavelli ed Erasmo da Rotterdam, con Spinoza e Muratori e altri ancora sino a L. von Ranke che aggiunge la necessità di studiare i quadri mentali collettivi delle diverse epoche. Uno studio scientifico quindi, ma si scopre che anche l’“episteme” ha i suoi limiti. Essenziali i documenti, ma debbono essere autentici e non provenire inoltre solo dai fautori degli eventi o solo dagli oppositori, sarebbero in tal caso fuorvianti. Pensiamo alle tante compromissioni etiche e ideologiche che hanno attraversato le narrazioni storiche dall’antichità alla modernità, ai vari tentativi di sganciarle da molteplici implicazioni perché potessero essere meno di parte. Tuttavia degli stessi fatti, per così dire “ripuliti” non c’è da fidarsi del tutto: l’esclusione o la marginalità di alcuni e l’inclusione di altri costituiscono pur sempre un criterio di scelta non rientrante nella obiettività.                                                                                                              Rinunciare? Assolutamente no. Bisogna porsi nell’ottica il più possibile neutrale per tentare di cogliere ciò che è veramente stato, a esempio nella storia d’Italia, e se sia divenuto poi fattore positivo o negativo nelle diverse parti, se in una di più, in altra meno, nel tentativo di pervenire alla obiettività che è verità e quindi giustizia. Un invito rivolto agli studiosi di documenti, ai giovani bramosi di attingere il vero nella nostra storia, particolarmente in quella parte di essa che portò al conseguimento della Unità, da cui seguirono eventi, non sempre positivi, talora tragici, addirittura disgreganti, dei quali restano ancora segni forti nel Meridione, e pertanto le visioni si fanno critiche relativamente a costi e benefici. Non menzioniamo il revisionismo dei nostri Accademici, ci riferiamo a storici non italiani, ricercatori di documenti della storia d’Italia, a Mack Smith, ad esempio, che nel suo “Documentary falsification and Italian biography” invita alla cautela anche nell’esame dei documenti che, oltre a essere occultati, almeno quelli non distrutti, possono essere stati anche riscritti ad usum della ufficialità. E da Christopher Duggan emerge, negli anni immediatamente dopo l’Unità, un Meridione soggetto ad atti di violenza e illegalità (ben noti, tra gli altri, quelli del generale Giuseppe Govone) che fecero oltre centomila vittime ufficialmente ridotte a cinquemila. Un Meridione sbandierato come incivile per “tornaconto e paura”, come rileva il Duggan, mentre, insieme a Lombardia e Toscana, aveva istruzione, governo locale e giustizia di gran lunga superiori a quelli che vennero imposti. Sulla distruzione della economia del Sud per politiche doganali e fiscali indaga Martin Clark sottolineando gli effetti disastrosi. Ci fermiamo: la questione meridionale ebbe inizio con l’Unità, su cui va fatta chiarezza. Una Unità che oggi occorre, però, salvaguardare con la dimensione etica, bandendo con determinazione, dal Nord al Sud, incompetenze, scorrettezze e corruzione, come qualsiasi dibattito acrimonioso, riflettendo anche sul negativo delle microentità statali. Abbiamo già tanti frantumi: impegniamoci per una Unità autentica, a che non resti mito la corrispondenza di Stato a Nazione.

                                               Antonietta Benagiano

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