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Piemontesi unitari razza bizzarra, violenta, spregiudicata

Per quanto avete fatto al sud il perdono lo può dare solo Lui il Padreterno. Per quanto ci riguarda non è una pratica alla nostra portata e, qualora fosse stata, non lo avremmo concesso. La vostra unica famiglia rinomata non per l’assemblaggio miserrimo per molti anni approssimativo di viti e bulloni in sembianze auto, ma per nomea, ha surclassato i Kennedy, Riva Ombrosa e Dinasty per maledizione infausta. Voi, piemontesi, Lombardi, Veneti, Triestini, voi all’estero da emigranti cosa credete di cantare oltre le “Madunnine ed i “Bacioni” per rievocare il calore di casa amore ed affetti tra stufe, umidità e padanie annebbiate: la canzone napoletana. La nostra anima bella. Ma cosa credete che quando siete venuti a depretarci, a stuprare le nostre mogli e figlie e a squartare i bambini con la crudeltà di un assassino seriale ed obbligarci ad una unità che ancora oggi ha il sapore dell’annessione, noi fossimo deboli? Niente affatto eravamo e siamo solo buoni. Non eravamo pronti ad affrontare con una più grande cattiveria una grande cattiveria nuda e cruda come avete saputo perpetrare con impegno criminale. Noi siamo un popolo non violento, furbo si, ma buono. Mai nessuno è stato passato per le armi per mano di un napoletano per motivi di sopraffazione ed ideologia politica o economica. Allora, voi che vi apprestate a mettere definitivamente i piedi nel sud per mano di chi populisticamente si abbraccia la nostra condizione di sudisti divenuti meridionali, che in maniche di camicia propaganda la sicurezza a tutto tondo, sappiate che questo potrebbe essere l’inizio della vostra fine. Ora che vi siete divertiti con le baionette prima e con il governo del paese poi, andatevene con le buone. Portatevi Carlo Alberto, Garibaldi che obbedì per interesse e Mazzini e Cavour e tutti quelli come D’azeglio, che quando il resoconto della vita si deve portare al vaglio della morte che ti accarezza la nuca disse: “Queste Camere rappresentano l’Italia come io rappresento il Gran Sultano turco”. Fregati brutto ceffo dovevi pensarci prima. Eppure fu uno dei responsabili un bieco e cinico irresponsabile al cospetto, ci auguriamo per lui, del rimorso e del pentimento per quanto possa avere una valenza. Un altro stupro non vogliamo accettarlo e qui, se c’è un popolo che vuole staccarsi dalla palla al piede insana ed insalubre del nord siamo noi veri italiani. Restituiteci le nostre ricchezze. Nulla di quello che mangiate, indossate, comprate, è vostro. Nulla. Eppure ostentate la sfrontatezza di chi provoca lo schiaffo in faccia. Ma, non abbiate timore. Gli schiaffi che abbiamo ricevuto noi ce li toglieremo uno ad uno dalle nostre guance. Non avete neanche una sola possibilità di poter reiterare alcunchè di negativo. La reazione alla sopraffazione ha raggiunto i suoi limiti sopportabili. Le menti sono tutte qui. Voi avete le copie imbastardite per giunta da quanti voi stessi reputavate inferiori. Sapete cosa vi dico? Che una buona Sarjevo è proprio il pretesto razzista contro i napoletani nel vostro stadio. A proposito stadio, pure quello, fatto con le nostre ricchezze che avanzano di gran lunga nei vostri forzieri che erano nostri. Con questo comportamento avete ucciso l’arciduca Francesco Ferdinando e la moglie Sofiae prestate il fianco al BASTA NORD nelle nostre vite. Noi napoletani, noi meridionali tutti, ce lo auguriamo.

“…OVUNQUE PASSASSERO I PIEMONTESI SPARIVANO LE CASSE…”

Napoli era uno scrigno. Con 18 vagoni per la Svizzera  si portarono via opere d’arte, tesori ed ogni ben di Dio. Nitti che studiò le carte storiche contò 443 milioni di lire in ORO PARI A CIRCA 200 MILIARDI DI EURO E A 270 CON GLI INTERESSI. E questo è quello che sappiamo e siamo in procinto di studiare in maniera definitiva.

“Scesero dal Piemonte allampanati/una razza che mangiava polenta/e a Natale e a Pasqua due patate/bestemmiatori orrendi e miscredenti/e facce toste e ladri matricolati/superbi,denigratori, impertinenti/siedono all’ombra e fanno tavolata/col sudore che noi buttiamo ardente/e delle terra nostra divenimmo coloni/e loro proprietari”. (G.Fortunato 1899)

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