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La teodicea e l’ingenuità di un prete

“Non pretendo ora, in un migliaio di caratteri, di risolvere questioni che da sempre accompagnano l’umanità, che forse la costituiscono proprio. Ma vorrei far notare una differenza che mi colpisce. Chi crede nella “natura” (uso con intenzione le categorie della fede) ci intima di chiedere scusa. Chi considera Dio, chiede a Dio di discolparsi. Quindi mi domando: se Dio deve giustificarsi per la sofferenza umana, perché Natura no?”.

Così scrive, tra l’altro, don Stefano Colombo, sul blog del Corriere della Sera (26 maggio), curato da Beppe Severgnini. Stupisce che un sacerdote possa porre una domanda del genere. Sono comprensibili, infatti, le domande di Joseph Ratzinger: «Perché Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto quest’eccesso di distruzione e questo trionfo del male?» (Auschwitz, maggio 2006). E’ comprensibile, giacché i credenti cristiani hanno il concetto di un Dio immensamente buono e onnipotente, che si occupa e si preoccupa delle sue creature. Ma sarebbe assurda la stessa domanda alla Natura, giacché nessuno crede in una natura immensamente buona e onnipotente, che si occupa e si preoccupa della sorte degli uomini e degli e animali.

Renato Pierri

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