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LA SCIENZA SANITARIA DEVE CONFRONTARSI E NON COMBATTERSI  ALTRIMENTI  FA AMMALARE…

Nella foto Arnaldo De porti nella Hall dell’ospedale di Venezia

Da ormai alcuni mesi provo, oserei dire, miseria intellettuale, per quello stuolo di scienziati che pullulano quotidianamente nei mass-media, negli studi televisivi,  con finalità che, sempre a mio avviso, sembrano ben lontani dall’intenzione oggettiva di informare la pubblica opinione. Mi permetterei anche di aggiungere che, se detti scienziati, avessero quanto meno la modestia di dire , per esempio,… che fino a questo momento ci par di poter dire che…, la notizia potrebbe essere recepita nella sua contingente attualità, anche se incerta, ma inondare di certezza tutto ciò che certo non è, costituisce una sorta di potenziale revanscismo di natura scientifica che, di fronte ad una pandemia, ma soprattutto di fronte di chi ne è colpito, non depone certo a favore degli scienziati, chiunque essi siano.

Ma se questa mia considerazione potrebbe  anche avere un qualche  risvolto riconducibile all’umana vanità, non sottacendo che il sapere non è un prodotto da trattare secondo i parametri di mercato che prevedono la libera concorrenza, ma è una risorsa che deve considerarsi un bene gratuito nell’interesse di tutti, quindi non soggetto a…copyright, ciò che proprio è fuori da ogni etica, anche dallo stesso giuramento di Ippocrate, è che si crei un contenzioso fra scienziati, o ritenuti tali: esattamente come è successo anche ieri fra la dott.ssa Francesca Russo, direttore della Direzione Prevenzione e Sanità della Regione del Veneto e il prof.  Andrea  Grisanti, direttore dell’unità operativa di Microbiologia e Virologia dell’Azienda Ospedaliera di Padova, realtà per la quale lo stesso Presidente della Regione del Veneto, Luca Zaia,  ha replicato dicendo che in questa evenienza ogni polemica è fuori luogo.

Da tempo, non solo da parte mia, anche nelle colonne di questo giornale, vado dicendo, se vuoi anche provocatoriamente ma senza offendere nessuno, che gli addetti ai lavori devono studiare di più negli ospedali invece di inflazionare gli schermi televisivi in quanto le loro “performance” cliniche, la comprensione  delle quali non è certamente alla portata di tutti, finiscono per alimentare terrore, spaesamento, conflittualità e malattie vere: io penso che di questo tipo di malattia, già esistente e potenziale nel breve-medio termine, sia già coinvolta une percentuale di gran lunga superiore a quella che ha interessato il coronavirus.

Non sono mai stato tenero nel dire che la situazione poteva essere stata affrontata con più intelligenza, specie in Lombardia (in questo caso sono perfettamente d’accordo con quanto ha detto il collega Marco Travaglio) e mi spingo anche dire,  esprimendo in primis tutto il mio rispetto e devozione per la classe medica che ha affrontato sul campo, anche morendo, la pandemia in atto,  che molto verosimilmente, oggi come oggi, avremmo tutti meno morti da piangere… Domanda macabra e curiosa: “ I morti sono tutti da coronavirus ? O, stante il fatto che ai “cremati”  non è più possibile fare un’autopsia, la curiosità si ferma lì…?

Detto questo, con tutto il rispetto per la stampa ( a cui peraltro appartengo pure io, non esimendomi da autocritica ) nonché per l’attuale scienza medica, io ritengo che la combinazione di queste due professioni nel corso dell’attuale pandemia, abbia prodotto più danni che benefici. E non è finita !  Per cui, se io fossi in Luca  Zaia o addirittura in Giuseppe Conte, io farei un preciso invito alla dicotomia “stampa-scienza medica” di adoperare un po’ di prudenza prima di parlare.

E ciò nell’interesse della collettività.

Arnaldo De Porti

             (Belluno-Feltre)

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