LA COMETA CENTRISTA E I FUNAMBOLISMI DI MATTEO RENZI

Se attendevamo l’ulteriore prova della finzione scenica con cui da un po di tempo Matteo Renzi ci sta offrendo le sue performance politiche nei passaggi cruciali che investono,ad ogni pie’ sospinto, il dibattito parlamentare: quest’ultima riguardava le due mozioni di sfiducia avverso la politica giudiziaria e carceraria del guardasigilli,essa è puntualmente arrivata con il massimo dello scintillio finale.

Dopo un fuoco di fila durato giorni, con cui si attaccava, come fosse una forza di opposizione,la politica “giustizialista e lassista” al contempo verso cittadini e mafiosi e fare quasi sponda con le opposizioni su molti rilievi critici sulle scelte recenti del Ministro Bonafede,è bastato il colloquio che ieri sera l’on. Maria Elena Boschi ha avuto con il premier Conte per farci capire che il clima da arroventato, come almeno appariva nella finzione, si fosse rasserenato.

Cosa realmente si son detti e quale rassicurazione gli abbia dato Conte all’ex sottosegretaria alla presidenza del consiglio, non è dato sapere, al momento, ma se davvero qualcosa di concreto c’è stato, lo vedremo nelle prossime settimane.

Sta di fatto che da quel momento il percorso di Renzi ha preso subito le distanze dalle mozioni di sfiducia, anche se fino all’intervento del Ministro in aula,ci ha tenuti col fiato sospeso, lasciando in ricordo ai proponenti di entrambe le mozioni, solo tenere parole di comprensione, e riparandosi, come altre volte, come un adolescente che fa la marachella e torna subito tra le braccia protettive della mamma, sotto l’ombrello della maggioranza, sapendo che fuori da essa e in una prospettiva di elezioni anticipate, la sua creatura politica non avrebbe scampo, con le sue percentuali infinitesimali.

Eppure non avrebbe fatto male se, invece di recitare ed abbaiare alla luna, avesse finalmente dato la giusta spallata ad un Ministro che si è reso protagonista di novellazioni ordinamentali, che stanno riportando il nostro Paese indietro di circa cento anni.

Emblematica la riforma della prescrizione che ha reso tanti processi dalla durata illimitata e lo status di imputati a vita, dato che una volta interrotta la prescrizione, qualsiasi processo, tranne pochi casi, non ha più per legge un termine entro il quale dovrà essere celebrato e definito.

Neanche nel più infuocato periodo del terrore che caratterizzò la rivoluzione francese, si sarebbe concepita una tale norma.

Poi vi era anche il problema delle scarcerazioni, in pieno regime di coronavirus, dei detenuti di mafia e della grande criminalità.

Su cui la destra ha fatto muro, quasi imputando a Bonafede un atteggiamento contraddittorio con la sua tendenza giustizialista verso i comuni cittadini e disattenta verso quei condannati, scarcerati, complice il pericolo del coronavirus.

Ma quello che più stupisce nella politica giudiziaria del Ministro Bonafede è la caparbia tendenza a creare un quadro normativo capace di ingabbiare e vanificare, nel rovesciamento del principio di non colpevolezza, i valori garantisti del processo penale, anche nell’allarmante quadro tendenziale che sta trovando nella lotta al coronavirus, con la quarantena della giustizia, il rinvio dei processi, con ulteriore ingolfamento dei ruoli e allungamento dei tempi e l’unica possibilità di trattazione,in forma scritta o in teleconferenza, con tutti i risvolti e le disfunzioni immaginabili nel versante del processo penale ove la immanenza fisica in aula delle parti e le escussioni e l’esame di imputati e dei testimoni perderebbero molto di quelle tante sfumature che Giudici e parti processuali possono cogliere.

Per quanto la tecnologia informatica possa venire incontro alla soluzione degli annosi problemi della nostro sistema giudiziario, pur se si appalesa auspicabile un maggior uso nel settore civile, non appropriate appaiono nel processo penale,una trasposizione de iure condendo dell’aula di udienza in una piattaforma telematica,sia per le connotazioni peculiari del sistema delle garanzie e di questa giurisdizione in generale, e gli stessi esperimenti di celebrazione da remoto, stanno evidenziando,( come messi ben in rilievo dalla vibrata protesta delle Camere penali)sia perché solo la reale fisicità delle parti davanti al giudice,all’accusa e alla difesa può renderci ogni plastica sfumatura di questi cruciali momenti processuali.

Oltre ad essere foriero di compromissioni non irrilevanti delle garanzie generali di difesa dell’imputato.

Insomma le tante iniziative legislative, sulla prescrizione, intercettazioni ecc.sembrano sempre più in stretta assonanza con chi sembra aver capovolto il principio della presunzione d’innocenza.

Tesi davvero lontane un miglio dai più basilari principi di civiltà giuridica.

Da cui Renzi avrebbe dovuto prendere le distanze non solo a parole,raccomandandogli di essere “più Ministro della giustizia che del giustizialismo”.

Invece ci ha rivelato ed ha compiuto un errore strategico.oltre a comprometterne tutta la sua credibilità politica.

Primo, perché questa sarebbe potuta essere l’occasione per attrarre attorno a sé il consenso di tanti  moderati che oggi stentano a trovare rappresentanza concreta ,loro malgrado, anche sfidando una possibile crisi di governo( non vi fu ad esempio nel caso della sfiducia al guardasigilli Filippo Mancuso durante il governo Dini,peraltro richiesta da esponenti di quella maggioranza)che sicuramente non avrebbe trovato sbocco elettorale, per la ferma determinazione dei grillini, cui non sarebbe andato a genio l’esporsi a nuove elezioni, con la consapevolezza di rientrare in Parlamento con un forte ridimensionamento della propria rappresentanza parlamentare e perderne la leadership nel paese.

Anzi sarebbe stata l’occasione per rideterminare gli equilibri all’interno di una nuova maggioranza a tutto vantaggio dei partner minori della coalizione e con la possibilità di un coinvolgimento dell’area moderata,in una nuova compagine capace di sostenere un governo  a forte caratura internazionale, di cui sempre più se ne avverte la necessità per assicurare solide prospettive di ripartenza e quella fiducia, di cui il paese ha bisogno, in uno scenario di generale ammodernamento del sistema infrastrutturale ed ordinamentale.

Poi perché si sarebbe reso credibile nel processo di aggregazione delle forze di centro, nella cui chiave prospettica egli sicuramente sembra essersi mosso nella  scissione dal Pd.

Oltre a rivitalizzarne, seppur indirettamente, la forza contrattuale  di Berlusconi all’interno dell’alleanza di centrodestra, ridotto,com’è al momento ad essere un satellite del duo Salvini Meloni.

Un aggregazione delle forze di centro che potrebbe restituirci la pienezza di valori dello Stato di diritto e della tutela e rispetto della dignità della persona,in questo decennio offuscati da politiche che hanno imposto sacrifici sempre più duri, precarietà ed assistenzialismo parassita, senza prospettive concrete di crescita e di speranza per le generazioni future.

Un quadro aggravato pesantemente,in questa legislatura, da politiche fatte sovente di soli annunci, ingannevoli e connotate da giustizialismo e vendetta sociale, basate sulla contrapposizione e non sulla coesione e la concordia tra persone e generazioni,

Un modello, quest’ultimo, invece, che ha funzionato persino nel periodo della guerra fredda, ove alla contrapposizione dura di due concezioni politiche inconciliabili,si era riuscito a declinare in un leale esercizio dei rispettivi ruoli, mettendo al centro la persona ed i suoi diritti in quadro di coabitazione che consentì, con la concertazione e partecipazione delle forze sindacali,sviluppo e progresso al Paese.

Certo questa ridefinizione deve tenere conto del quadro di bipolarismo anomalo, come nelle recenti elezioni amministrative dello scorso autunno, sembra essersi prepotentemente riaffacciato nella nostra scena politica, dopo la parentesi tripolare con l’avvento dei 5S, perché porta ad uno scompaginamento delle alleanze pre elettorali, anche se il sistema elettorale che attualmente governa il ricorso alle urne non impone coalizioni predeterminate,se non per una correttezza verso l’elettorato, messo in condizioni di scegliere lo schieramento per il governo del paese.

Artificio che mal si concilia con il nostro sistema a centralità parlamentare, ove le maggioranze si formano in Parlamento, e poi sonoramente smentito dalle formazioni dei due governi Conte di questa legislatura,sostenuti da forze politiche che in campagna elettorale si sono presentati in netta contrapposizione.

Per questo deve trovare valorizzazione quell’area di centro politico che ha rappresentato un filone di ideali e valori,radicati, che non sembra aver esaurito la sua potenzialità nel ridare energie al tessuto vivo del paese, che ritroviamo al centro dell’area politica tra quelle forze popolari unite da un comune portato di valori cristiani e liberali e da una comune fiducia, sia pure in un diverso modo,di declinarne poteri ed obiettivi, nell’Unione europea.

Vien da chiedersi come mai il dinamismo parlamentare di questo inquieto leader che guarda al centro,non stia cogliendo la peculiarità della svolta epocale che l’Italia è chiamata ad imboccare, affinché non affondi, tenendo in vita un esecutivo che da l’impressione di tirare a campare, totalmente logorato,e che fa fatica ad andare avanti e a mediare tra forze che hanno manifestamente proposte e soluzioni,che neanche la più fine mediazione,ad oggi, è riuscita a rendere compatibili e credibili,mentre il Paese ,stremato dal pesante lockdown, attende, nelle condizioni peggiori e di pericolosa desertificazione imprenditoriale e degli scambi commerciali, la giusta ripartenza.

E intanto contiamo la dissolvenza di tanti sbocchi commerciali del nostro Made in Italy,  con rilevante danno del nostro sistema industriale,a tutto vantaggio di quei concorrenti commerciali che si sono avvalsi di modelli di confinamento,in altri Paesi,attenti a non spegnere per lungo tempo i motori del sistema economico e finanziario.

Se in questi duri frangenti in cui la nostra economia ha bisogno di idee forti e lungimiranti prospettive non si mette seriamente in campo un’aggregazione delle forze centriste,da Berlusconi a Renzi da Calenda,alla rinata DC che ha in Renato Grassi il suo segretario politico ed impegnato in un avviato processo federativo, accomunati dall’appartenenza al Ppe,nell’intento di ridare, con determinazione al patrimonio di valori e ideali centristi,in una nuova e rispondente declinazione alle attuali e stringenti necessità del Paese, che furono ben interpretati dal secondo dopoguerra dalla Democrazia Cristiana e prima ancora dal partito popolare di Sturzo, a cominciare dalla capacità e dall’idea di paese,che le consentì di non imbarcarsi in avventurismi geopolitici, mantenendo saldamente l’Italia in un quadro di valori occidentali, governare il processo di ricostruzione post-bellica del Paese e costruire i prodromi di un Europa unita, anche se poi molti di questi obiettivi di integrazione reale non hanno trovato le giuste modalità.

Va da sé allora che,in una coalizione di centro destra, non più a trazione moderata, come lo è stata con Berlusconi, ma a guida leghista, molto istintuale e ruvida,con chiare accentuazioni populiste ed obiettivi sovranisti,che sembrano più acconci a parlare alla pancia del paese,un tale processo aggregativo può calarsi solo se ha la forza politica di spostare il baricentro in posizione più moderate,negoziando solo a queste condizioni un eventuale prospettiva di alleanza di governo.

In questo quadro dovrebbero trovare esplicazione anche coraggiose misure per contrastare le politiche di sgretolamento della famiglia tradizionale e i tentativi di inaccettabile ingerenza nell’esercizio della potestà dei genitori sui propri figli(gli episodi di Bibbiano, pur con tutta la cautela che si deve ad una inchiesta in corso e circoscritta ad un territorio,sono gravemente rivelatori di una concezione allarmante che di vorrebbe accreditare nel territorio?).

Solo un un solido progetto di ricostruzione del paese,a partire dalle grandi infrastrutture, e dal rovesciamento delle politiche fiscali,più incentivanti alla creazione di posti di lavoro e meno penalizzanti per l’impresa, una burocrazia portata alla massima semplificazione, una scuola e università che crei formazione in sinergia e convergente con il mondo del lavoro,una riforma epocale che dia concreto sostegno alla famiglia e incentivo alle natalità,una riforma delle giurisdizioni e dei riti processuali che consentano  processi più rapidi, senza andare a detrimento delle garanzie costituzionali ed una politica estera saldamente ancorata ai valori dell’alleanza atlantica, potrebbe trovare capacità di persuasione e consenso di quella parte di elettorato moderato e non antieuropeo,che da tempo sta alla finestra.

Da queste forze moderate ci aspettiamo idee vincenti per poter invertire la rotta di un elettorato polarizzato tra sovranismi, sempre più bellicosi, e movimentismi effimeri, che nascono e si dissolvono nel giro di una legislatura, ma che sono riuscite  ad ammaliare e intercettare le insoddisfazioni e la rabbia di grosse fette della nostra comunità.
Una politica ambiziosa esigerebbe una grande sinergia con il Ppe, rassicurato da politiche sostenibili, ma anche coraggiose, che trovino i nostri partner pronti a darci forte manleva per avviare i necessari interventi infrastrutturali e di messa in sicurezza del territorio e di rilancio della nostra imprenditoria.

È oramai ineludibile e doveroso,in una rinnovata lettura della società di oggi, che queste forze politiche moderate, ritrovino lo spirito e le energie per saper bene interpretare i valori, gli ideali,le aspettative, e le istanze di cui tanti cittadini ne avvertono l’assenza.
Luigi Rapisarda

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