Il regime iraniano arresta studenti d’élite nel mezzo della crisi da Coronavirus

Giovedì, dopo quasi un mese di silenzio, la Magistratura del regime iraniano ha annunciato l’arresto di due studenti d’élite. La Magistratura ha dichiarato che questi studenti erano in contatto con la Resistenza Iraniana. Secondo il portavoce dalla magistratura Gholam Hossein Esmaili, questi studenti sarebbero stati impegnati in “azioni sovversive” e avrebbero “portato avanti operazioni di sabotaggio”. Sempre secondo Esmaili sarebbe stato inoltre rinvenuto nelle loro case del materiale esplosivo.

Amir Hossein Moradi era scomparso il 10 Aprile. Ali Yunesi era stato invece riportato a casa la sera del 10 Aprile con ferite e segni di torture e percosse, per essere poi nuovamente prelevato a distanza di poche ore, questa volta assieme ai propri genitori. Ali ed i suoi genitori sono stati sottoposti ad un interrogatorio durato diverse ore.

Ali Yunesi partecipò alle Olimpiadi Internazionali di Astronomia ed Astrofisica del 2016, 2017 e 2018, guadagnandosi rispettivamente un oro, un argento e di nuovo un oro.

Ami Hossein Moradi aveva anch’egli partecipato alle Olimpiadi, vincendo la medaglia d’argento nell’edizione del 2017.

L’opposizione iraniana, l’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano (OMPI/MEK), ha pubblicato il nome di altre 18 persone recentemente e segretamente arrestate dal regime. La teocrazia è stata costretta ad annunciare l’arresto di tutte e 20 queste persone, in particolare di Ali ed Amir Hossein, in seguito alle pressioni internazionali ed alle proteste degli studenti della Sharif University of Technology, dove i due ragazzi studiano.

A questo proposito la sig.ra Maryam Rajavi, presidente eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, ha sottolineato che questi prigionieri sono soggetti a tortura e rischiano di essere giustiziati, oltre che di contrarre il Coronavirus. La Presidente ha nuovamente lanciato un appello al Segretario Generale, all’Alto Commissario ed al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, così come alle organizzazioni internazionali per i diritti umani, chiedendo un’azione urgente per il rilascio di questi prigionieri, ed ha inoltre richiesto l’invio di delegazioni internazionali che visitino le carceri del regime ed incontrino i prigionieri.

Questi arresti e le successive prese di posizione da parte del regime mostrano due aspetti. Innanzitutto mostrano ancora una volta la brutalità del regime, che arresta giovani cittadini d’élite nel mezzo della crisi da Coronavirus. Inoltre, le prese di posizione della Magistratura del regime, che ha accusato questi studenti di appartenere alla rete dell’Organizzazione dei Mojahedin del Popolo Iraniano (OMPI/MEK), smentiscono la campagna di demonizzazione del regime, secondo la quale i giovani non nutrirebbero nessuna simpatia per il MEK. Queste dichiarazioni sono inoltre la prova della paura che il regime ha della crescente popolarità dei Mojahedin tra i giovani.

Per decadi il regime iraniano ha applicato una politica di repressione, demonizzando l’OMPI e portando avanti una vera e propria campagna di disinformazione ai danni dei Mojahedin del Popolo. Il regime ha pubblicato al riguardo centinaia di film e libri falsi e di propaganda, e spende tuttora miliardi di dollari l’anno in questa campagna. I suoi agenti, sotto le spoglie di parenti dei membri dei Mojahedin o di “ex membri”, cercano di trasmettere ai giovani un’immagine falsata dell’Organizzazione.

Ad ogni modo, i fatti hanno costretto il regime a rivelare almeno una parte della realtà. La verità è che i giovani iraniani cercano la libertà ed un cambiamento radicale, e che la Resistenza Iraniana è diventata il loro modello. Lo hanno riconosciuto gli alti funzionari del regime durante le rivolte. Nel Gennaio del 2018 e poi nel Novembre del 2019 diversi alti dirigenti del regime sono stati costretti ad ammettere che le rivolte erano state organizzate dai Mojahedin del Popolo e dai loro giovani sostenitori.

In un discorso tenuto nel Gennaio del 2018 il Leader Supremo del regime Ali Khamenei ha dichiarato: “I Mojaheidn del Popolo organizzavano [la protesta] da mesi, avevano selezionato i loro uomini all’interno del paese; e sono stati sempre i Mojahedin a lanciare appelli al popolo perché li seguisse.”

Basta un rapido sguardo alle dichiarazioni ed alle prese di posizione dei leader del regime e dei media governativi relativamente alla rivolta di Novembre (2019) per comprendere che i Mojahedin del Popolo erano al centro della rivolta. Le dichiarazioni degli ufficiali di alto grado del regime riflettono la loro paura dei Mojaheidn e del loro impatto sulla società iraniana e sui giovani.

Secondo quanto riportato dall’agenzia stampa affiliata ai Pasdaran “Fars”, Hossein Ashtari, il Comandante delle Forze di Sicurezza Statali, avrebbe dichiarato: “Le nostre indagini hanno provato che questi movimenti erano guidati, dietro alle quinte, da organizzazioni anti-rivoluzionarie e dai Mojahedin del Popolo.” (Agenzia Stampa Fars, 17 Novembre 2019).

Il membro dell’Assemblea degli Esperti nonché ex ministro dell’Informazione Mohammad Mohammadi Reyshahri ha dichiarato: “Sono stati i Mojahedin e gli anti-rivoluzionari a dare fuoco agli averi delle persone ed a causare distruzione… I Mojahedin progettavano scontri da mesi. Sono stati rapidamente identificati, e le loro fila sono state separate da quelle del popolo.” (Defa Press, 18 Novembre 2019)

Il portavoce dell’Ufficio di Presidenza del Parlamento, Assadollah Abbasi, ha dichiarato: “Ali Shamkhani, il segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale, ha rivelato durante una seduta a porte chiuse del Parlamento che sono stati identificati diversi di coloro che hanno provocato il popolo nelle strade. Si è scoperto che erano in contatto con Mojahedin.” (ILNA, 17 Novembre 2019)

Un parlamentare di Malayer ha dichiarato: “La Repubblica Islamica è riuscita a portare sicurezza in Iraq ed in Siria. Non soccomberà mai alle azioni dei Mojahedin… È per questa ragione che non si schiereranno mai con i Mojahedin e con i criminali.” (Agenzia stampa Fars 17 Novembre 2019)

Il capo della forza paramilitare dei Basiji del Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica Gholamreza Soleimani ha affermato: “I Mojahedin del Popolo hanno cellule (unità) nel nostro paese, ed anche negli altri paesi. I Mojaheidin ed i loro agenti, che sono legati all’America, danneggiano la nostra immagine.” (Sito web Tabnak, 18 Novembre 2020)

Il 18 Novembre (2019) il quotidiano statale “Jomhouri Eslami” ha riportato: “[…] il comandante del corpo Fajr dei Pasdaran nella regione Fars afferma che i leader degli scontri avevano legami con i Mojahedin del Popolo.”

Ali Shamkhani, segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale: “Credo che ad oggi siano stati restati 34 membri dei Mojahedin del Popolo. È stata inoltre individuata una vasta rete di individui che non operava sotto il nome dei Mojahedin ma che portava avanti la loro linea ed aveva il loro modus operandi.” (Defà Press, 24 Novembre 2019).

Mahmoud Hakamian
@HakamianMahmoud

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