Treia ai tempi del coronavirus

Informativa del 30 marzo 2020 – Qui a Treia, a parte la solitudine forzata, che poi in fondo non è così drammatica, va tutto bene, almeno per me. C’è stato qualche malato grave e qualche decesso ma non mi sembra che gli annunci mortuari siano più numerosi del solito. Più che compiangere le vittime, che ormai sono emigrate in cielo, dispiace per i familiari delle vittime, soprattutto per le difficoltà susseguenti…
Se qualcuno ha un semplice raffreddore o un mal di testa, stenta a chiamare il medico, corre il rischio di vedersi mettere in quarantena, anche senza la conferma del tampone. Io per fortuna non ho disturbi di sorta e poi dal medico non ci vado quasi mai (solo in caso di pruriti o fastidi superficiali). Quindi me ne sto tranquillo nel mio studiolo a redigere il mio diario giornaliero (Il Giornaletto di Saul) e le poche volte che esco di casa ne approfitto per cogliere gli umori della sparuta gente che incontro, studio le reazioni.
Oggi dalla fruttivendola, mentre aspettavo il mio turno ascoltavo un’ordinazione telefonica di una cliente che chiedeva di recapitarle a domicilio, tra l’altro: “…dieci limoni e mezzo chilo di zenzero” (pare che la vitamina C vada alla grande come prevenzione ed in farmacia è introvabile), dalla droghiera ero al banco ordinando il gorgonzola ed il pecorino grattugiato e una signora, appena entrata, diceva scherzando e girata di spalle: “…non preoccupatevi resto qui in un cantuccio a distanza di sicurezza” poi aggiungeva “hanno portato all’ospedale mia suocera per controlli, si vede che l’erba cattiva non muore mai, è sana come un pesce”.
Per strada, entro un raggio di pochi centinaia di metri dal luogo di residenza, si vedono vagare solo radi cinofili, muniti di mascherina regolamentare, camminano spediti con i loro beniamini. I cani mi abbaiano, forse non sono più abituati alla presenza umana e quei pochi che incontrano sono estranei, sicuramente io lo sono.
Nessun giovane lungo le mura a camminare o correre, solo qualche sparuto vecchietto, come me, che cerca di non farsi notare per timore delle guardie. Ancora ci si saluta incontrandosi ma a mezza bocca come se i virus diventassero più virulenti se si dice con enfasi “buongiorno” o “buonasera”, bisogna parlare piano quasi senza respirare, non si sa mai…
Insomma siamo ai tempi del coronavirus. Ma un giorno o l’altro vedrete che ne usciremo, se Dio vuole…
Ciao, Paolo D’Arpini

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