“L’Italia al tempo del coronavirus: amore e responsabilità come concetti e non parole.

di Fucsia Fitzgerald Nissoli
In piena crisi sanitaria ritengo che sia indispensabile osservare la nostra situazione dove, ieri, contavamo quasi 64.000 contagiati, su una popolazione di sessanta milioni di abitanti e, ci dicono gli esperti, non abbiamo ancora raggiunto il picco del contagio. La Cina, viceversa, che pare abbia contenuto il proliferare dei contagi, con una quarantena “militarizzata”, ha avuto, secondo i dati di ieri, 81.000 contagiati, su una popolazione globale di un miliardo e trecento sei milioni di abitanti. Ora, se è pur vero che il nostro Paese è decisamente più piccolo, pertanto, la prossimità, ridotta, dobbiamo altresì comprendere la serietà della situazione nella quale ci troviamo e l’inefficacia, anche per nostre responsabilità, quali cittadini, delle azioni intraprese sino ad oggi.
Parliamo di un virus subdolo, ad alto contagio, e su questo tutti gli esperti sono concordi, per cui le indicazioni di quarantena sono indispensabili per tutti. È un atto di amore o, quantomeno, di rispetto. Io sono chiusa nella mia abitazione con mio marito e mio figlio, ma le altre due mie figlie vivono distanti per cui, da tempo, non le vedo e non so quando potrò nuovamente incontrarle. Ma la nostra distanza è il più grande atto di amore che possiamo esprimere in questo momento che caratterizza le nostre angosce ed i nostri dolori. Di fronte alla vita, alla quotidianità ed a questo nemico invisibile, siamo tutti uguali e viviamo tutti nell’incertezza di cosa accadrà domani.
Certo, quotidianamente seguo una vita apparentemente normale, lavorando con il mio PC, cercando di aiutare italiani che erano rimasti bloccati negli USA, tenendomi aggiornata sull’evoluzione della crisi in Italia e confrontandomi anche con i colleghi per cercare di migliorare i decreti del governo. Ho momenti di sconforto, con una mamma ed una sorella nella provincia bergamasca, ma le lacrime consumate sono per la situazione di tutti i miei concittadini inermi, troppo spesso, di fronte ad un nemico sconosciuto che dobbiamo combattere con la nostra responsabilità.
Ogni giorno mi sveglio sperando che si sia trattato di un incubo, il peggiore! Ed ogni giorno mi sento inerme per non poter adempiere, compiutamente, alle mie responsabilità. Al tempo stesso sono consapevole che le misure restrittive adottate devono essere valide per chiunque e, soprattutto, per chi deve dare l’esempio. Noi Deputati, tutti, dobbiamo continuare ad esercitare il nostro mandato ma nelle forme appropriate e con le tecnologie di cui oggi disponiamo. Dobbiamo tutelare gli altri colleghi, tutelandoci, proprio per garantire, in questo momento di emergenza, che le istituzioni possano operare pienamente in favore di quei cittadini che si trovano e si troveranno in difficoltà. Non mi piace la facile retorica che ci dipinge come fannulloni, non lo siamo, non lo sono e trovo inutilmente stupido, solo per garantire l’immagine di lavoratori indefessi, che mettiamo a rischio la nostra salute e quella dei concittadini con i quali entriamo in contatto laddove, per andare alla Camera o al Senato, dobbiamo, ad esempio, utilizzare mezzi pubblici dove potremmo contagiare o essere contagiati. Tutto per raggiungere un luogo fisico dove svolgere una attività realizzabile, con i medesimi risultati, anche per via telematica. Quanto mi angosciava vedere lavoratori ammassati alle fermate degli autobus o nelle stazioni dei treni per andare comunque al lavoro mentre, probabilmente, era meglio fare come in Cina dove, da quasi subito, avevano fermato tutto. Ma ora che è stata presa una decisione saggia rispettiamola tutti.
Noi, oltretutto, abbiamo una responsabilità verso gli elettori: seguire, come istituzione, operando al 100% soprattutto ora dove non possono bastare i decreti ma serviranno leggi per affrontate questa emergenza planetaria. Lo dobbiamo fare senza finire in situazioni che non ci consentirebbero di operare appieno, laddove ciascuno di noi rappresenta migliaia di persone e nel momento in cui dovessimo essere impossibilitati ad esercitare le nostre funzioni, toglieremmo la voce a quelle migliaia di cittadini che rappresentiamo.
Questa e solo questa è la realtà. Ci sia consentito lavorare da casa, tutti i giorni, sabati e domeniche comprese. Ci sia consentito votare in via telematica, adottando le metodologie che adottano a Madrid e giovedì a Bruxelles al Parlamento Europeo fave saranno utilizzate le video conferenze ed il voto a distanza! Del resto già in Friuli la Regione svolgerà la sua attività istituzionale usando la videoconferenza ed il voto a distanza, come delineato il 23 marzo scorso nella Conferenza dei capigruppo. Inoltre, si parla di usare il voto telematico anche alla Camera dei Comuni, in Gran Bretagna, che dopo l’ipotesi dell’immunita’ di gregge e’ passata a severi provvedimenti di contenimento dell’epidemia. Una ipotesi, quella del voto telematico, che si sta facendo strada anche per quando riguardo i lavori del Congresso degli Stati Uniti!
Possiamo farlo anche noi, del resto la Costituzione non impedisce di usare strumenti tecnologici contemporanei per garantire le attività ordinarie, dalle riunioni al voto.
Questo vale ancora di più in situazioni di emergenza, dove il Parlamento non cessa mai la sua funzione e se necessario può lavorare anche da remoto, in maniera che i decreti, che durano 60 giorni, possano essere convertiti e avere gli effetti di legge necessari per il lungo termine delle azioni previste.
Non dobbiamo avere paura di innovare, come non dobbiamo avere paura di stare a casa per far finire prima l’epidemia! Di fronte a sfide nuove dobbiamo avere la capacità di innovare e in tal senso si può osservare l’obbligo costituzionale della presenza nell’Aula di Montecitorio ampliandone il significato per comprendere le forme di esercizio del voto a distanza.
Nella sventura abbiamo la possibilità di attivare procedimenti che, oltretutto, consentirebbero risparmi milionari, fra viaggi e trasferte, da destinare alla popolazione disagiata e tutto questo nel rispetto delle regole adottate per fermare la pandemia. Dirò di più, chiedo formalmente ai miei colleghi di rinunciare agli emolumenti e destinarli, come i fondi risparmiati di cui parlavo sopra, a quei cittadini bisognosi che, dall’oggi al domani, si sono trovati senza risorse per mantenere le proprie famiglie.
Non è agitando gli animi gli uni contro gli altri che risolveremo i problemi. Serve coesione, solidarietà, ma anche responsabilità e saggezza. Non propaganda, ma fatti concreti, utili a tutti noi, nell’interesse di ciascuno di noi perché, come dicevo, di fronte alla quotidianità ed a questo nemico invisibile, siamo tutti uguali.”

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