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Il tragico numero delle vittime del coronavirus in Iran ha superato 2300 persone L’occultamento, menzogne e dichiarazioni contradditorie intensificano la catastrofe

Mentre il regime teocratico iraniano continua a dispacciare le false statiche sui contagiati e sulle vittime del coronavirus, i Mojahedin del popolo ha annunciato che il drammatico numero di vittime in 115 città iraniane è superato 2300 persone. Nelle ultime 24 ore hanno perso la vita più di 300 persone nelle città di Teheran, Rasht, Zahedan, Gonbad, Qom, Abadan, Saveh, Varamin, Gharchak, Shar-e Rey, Kashan, esfahan, Hastpar, Rezvan-shahr, Astaneh, Mashhad, Kashmar, Birjand, Sary, Ghaem-shahr e Babol.
L’occultamento, menzogne e dichiarazioni contradditorie intensificano la catastrofe in atto nel Paese. Mohammed Hossein Ghorbani, il deputato di Rasht, il mattino dell’8 marzo, ha consegnato un dossier riservato all’Ufficio di Khamenei in cui enumera le vittime della regione di Ghilan fino alla domenica, l’8 marzo, fino a 408, tra cui 6 medici. Sempre Ghorbani dichiara, il pomeriggio dell’8 marzo, in una conferenza stampa il numero delle vittime in Ghilan 200, mentre un’ora dopo il vice ministro della Sanità del regime ha affermato 194 vittime del coronavirus in tutto il paese, mentre aggiungeva la regione Mazandaran alle regioni in crisi.
Alireza Rahimi, membro della direzione del majlès ha dichiarato all’agenzia Isna, il 7 marzo, che: “Perché è stata occultata la diffusione del coronavirus a causa delle elezioni? Perché non è stata messa in quarantene la città di Qom, per impedire il contagio?”.
Ali Najafi Khoshruodi il deputato del majlès da Mazandaran ha dichiarato che: “La diffusione del coronavirus a Mazandaran, in particolare nella città di Babol, è ad un punto critico… le grandi ospedali di Babol non hanno più i posti liberi e la mancanza di materie e macchinari e alcune medicine hanno moltiplicato i problemi della gente”.
Nella regione di Golestan mancano manca tutto il materiale sanitario e la popolazione si trova in difficoltà, e tutti gli ospedali sono al completo. Hanno trasformato le sale della fiera internazionale all’ospedale da campo dove ci trasferiscono i pazienti. I basiji e i pasdaran sorvegliano i quartieri, con l’alibi di recuperare i contagiati, per sedare eventuali proteste della popolazione.
La situazione drammatica del carcere di Evin avvertono una catastrofe umanitaria. Molti tra i prigionieri manifestano i sintomi del Covid-19, quali le tosse intense e la febbre alta, ma non ci sono alcune iniziative per cure e quarantene. Tant’è che i guardiani carcerari non entrano più, per paura di contagiarsi, nelle celle e contano da lontano i carcerati. Non ci sono materiali sanitari o disinfettanti. Non c’è alcun kit di tamponamento. ai carcerati è stato detto che devono loro procurare i materiali occorrenti fuori dal carcere.

Segretariato del Consiglio Nazinale della Resistenza Iraniana
L’8 marzo 2020

Mahmoud Hakamian

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