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Lunedì mattina degli ignoti hanno trafugato nella chiesa di Santa Maria in Traspontina alcune statuette di Pachamama.

Usciti dalla casa del Dio cattolico, i “sequestratori” hanno gettato nel Tevere la divinità venerata dalle popolazioni indigene. Le icone pagane erano stata esposte assieme ad altri oggetti idolatrici per ricordare ai cattolici l'inizio del Sinodo per l'Amazzonia. “Posso solo dire che rubare qualcosa da un luogo, per di più sacro, è una bravata, un gesto privo di senso, che contraddice lo spirito di dialogo che dovrebbe sempre animare tutti: un furto che si commenta da solo” ha commentato Paolo Ruffini, prefetto del dicastero vaticano per la comunicazione. Sarebbe cosa buona che il solerte funzionario vaticano spiegasse ai fedeli il nesso dialogico tra Gesù Cristo e la dea della Terra, chiamata appunto Pachamana, dagli Inca, dai Aymara e dai Quechua. Anche un curato di campagna sa che il primo comandamento proibisce l'idolatria e le sue relative pratiche. Evidemente, chi ha “giustiziato” l'intrusa, ha conservato il senso della fede smarrito invece da chi avrebbe il compito di conservarla, ribadirla e preservarla.

Gianni Toffali

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