IL PUNTO n. 716 del 19 aprile 2019 di MARCO ZACCHERA (marco.zacchera@libero.it)

SOMMARIO: LA COPERTA CORTA – ADDIO A RADIO RADICALE? – CAMPAGNA ELETTORALE – AIUTIAMO ALBERTELLA – LIBRO PRESENTATO A FONTEVIVO (Parma) – ALLEGATO: IL MURO DI TRUMP (prima parte)
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LA COPERTA CORTA
Non è certo un bel vedere la lite continua Lega – 5Stelle, ovvero tra due partner di governo che non si sopportano più, come dei coniugi alla vigilia del divorzio. Tutto ormai è focalizzato (polemiche comprese) alle elezioni europee ed è probabile che a fine maggio il voto premierà maggiormente Salvini & C. a livello nazionale.
Questo soprattutto perché il centro-sud – dove in passato la Lega non riusciva a sfondare – sembra essere diventato un pascolo verde di voti leghisti, mentre al nord il consenso alla Lega – sicuramente diffuso – pare sempre più preoccupato per una situazione che mostra crepe soprattutto dal punto di vista economico.
Parte dell’elettorato tendenzialmente o storicamente leghista non gradisce il reddito di cittadinanza, il rinvio tacito “sine-die” delle promesse (e votate) autonomie regionali, un rumoroso e preoccupante silenzio sulla TAV, la flat-tax di fatto rinviata a quando sarà possibile, le incertezze sui rimborsi agli ex azionisti delle “Venete” e il ritardo del decreto sblocca-cantieri.
I segnali che giungono dal governo in campo economico sono giudicati contraddittori mentre il mondo imprenditoriale e la sterminata platea delle partite IVA del nord si aspettava qualche misura più completa e strutturale.
Solo quota 100 è accolta con maggior favore soprattutto perché – di fatto – molti neo-pensionati in qualche modo continueranno a lavorare, mentre il reddito di cittadinanza appare un autentico voto di scambio alle platee del sud.
I piccoli imprenditori, gli artigiani, il commercio, quel ceto medio che della Lega è stato ed è il capiente serbatoio di voti si è gonfiato negli ultimi tempi soprattutto prosciugando i cugini politici (ovvero i moderati, i cattolici e gli orfani di Forza Italia) ma da qualche mese sostanzialmente non cresce più anche perché la gente “pratica” fa i conti: come pagare i nuovi pensionati, il reddito di cittadinanza, la flat-tax, gli annunciati sgravi sui diversi balzelli che gravitano su casa ed imprese senza aumentare l’IVA o togliendo detrazioni significative, tipo quelle per le ristrutturazioni o il risparmio energetico? E’ davvero inutile prendersela con Tria: se i soldi se non ci sono non li può inventare e per questo – vista anche l’enormità del debito pubblico – si diffonde il timore di aumenti dell’ IVA o l’arrivo di una più o meno severa “mini patrimoniale”.
A Salvini viene riconosciuto il merito della concretezza, del linguaggio semplice e chiaro, del buonsenso, di aver conseguito traguardi importanti sulla questione migranti e sicurezza. Piace perché è un leghista concreto, ma percepisco che sempre più elettori vorrebbero che staccasse la spina a un governo con i grillini, quello che Berlusconi chiama “innaturale” ma che lo sembra davvero anche per tanti elettori leghisti.
Sul resto del centro-destra da sottolineare come cresca l’attenzione (e le percentuali) verso Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia vista non in linea conflittuale ma piuttosto complementare alla Lega, in una logica di future alleanze che potrebbero portare ad una possibile prossima maggioranza di seggi in Parlamento visto il sistema elettorale e con Forza Italia destinata a ridursi di importanza rispetto al passato, ma sempre essenziale per un “tridente” vincente.
Un centro-destra che si ricostituirebbe con un nuovo leader (Salvini) ma che è già vivo nei fatti e non solo perché si ripropone alle amministrative e alle regionali (come con ALBERTO CIRIO, candidato unico in Piemonte) ma perché da quasi trent’anni rappresenta la maggioranza degli italiani vincendo regolarmente le elezioni quando le diverse forze che la compongono riescono a darsi un leader convincente e soprattutto a compattarsi tra loro.

ADDIO A RADIO RADICALE?
Sembra che verranno fortemente ridotti o addirittura sospesi i contributi pubblici a Radio Radicale con conseguente probabile chiusura di questa storica emittente.
Spero si possa trovare una soluzione perché da sempre considero RADIO RADICALE la più libera espressione di comunicazione politica e culturale che per anni e per decenni ha assicurato la diffusione del pensiero di tutti, senza preconcetti e censure.
Un esempio unico nel campo dell’informazione e del pluralismo che va tutelato e difeso.
Capisco i risparmi da fare, ma sentirsi dire “Non serve, c’è già il servizio pubblico RAI” è un insulto alla umana intelligenza. Piuttosto, allora, si riducano i contributi alla Rai e gli stipendi ai suoi vertici, oppure si girino alle radio e alle TV indipendenti qualche briciola proprio di quel canone RAI imposto ingiustamente a tutti gli italiani!

APPUNTAMENTI ELETTORALI
(da questa settimana sarò lieto di pubblicare gli appuntamenti elettorali locali di tutti i partiti del centro-destra che mi verranno comunicati)
VENERDI’ 26 APRILE ore 21 Salone Il Chiostro a Verbania Intra on. GIANCARLO GIORGETTI (LEGA) – SABATO 27 APRILE mercati di Domodossola e Verbania on. FABRIZIO BERTOT candidato europeo di FRATELLI D’ITALIA

VERBANIA: AIUTIAMO ALBERTELLA
Invito i lettori a dare una mano alla campagna elettorale di GIANDOMENICO ALBERTELLA, candidato unitario del centro-destra e di una lista indipendente a sindaco di VERBANIA.
Chi in qualsiasi maniera vuole partecipare alla campagna elettorale proponendo spunti programmatici, idee, piccoli o grandi contribuzioni economiche non esiti a contattarmi anche per essere informato dei prossimi appuntamenti
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INTEGRAZIONE (IM) POSSIBILE?
QUELLO CHE NON CI DICONO SU AFRICA, ISLAM E IMMIGRAZIONE

Il libro – edito dalle “Edizioni del Borghese” (260 pagine – euro 18) – sta avendo un ottimo riscontro di pubblico e i lettori che lo desiderano potranno richiedermene direttamente una copia autografata contattandomi via mail (marco.zacchera@libero.it) e comunicandomi il loro indirizzo postale.
Il libro verrà presentato MARTEDI’ 23 APRILE e FONTEVIVO (Parma) ospiti della locale amministrazione comunale e a cura dell’UGL di Parma
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L’allegato: IL MURO DI TRUMP (prima parte)
Ho avuto recentemente occasione di attraversare il muro che Trump vuole rafforzare tra USA e Messico. Qui di seguito le mie impressioni (data la lunghezza il reportage è diviso in due puntate)

Ero un ragazzo quando – nel 1975 – attraversai per la prima volta, a piedi, il muro di Berlino.
La moderna metropolitana dell’ovest si fermava contro una inferriata con i binari che si perdevano nel buio. Scendevi dal treno, passavi per un dedalo di corridoi sotterranei e poi in una grande sala fumosa dove attendevi che un altoparlante urlasse in tedesco il numero del tuo passaporto “Italien: zieben, acht, null, zwei…. “ per dire che era pronto il visto per il passaporto Italiano 7802… e uscivi “di là”, in un altro mondo e in un altro stato, subito circondato da richieste di cambiare i marchi occidentali al mercato nero.
Di qua i palazzi moderni pieni di luci, di là ancora le macerie della guerra pudicamente nascoste da cantonate di legno con i “vopos” (la polizia della DDR) che ti guardavano storto dalle garitte del muro che divideva la città.
Immagini che servirebbero di monito ai ragazzi di oggi figli di una generazione euroscettica e che mi sono subito venuti in mente attraversando a piedi il “muro” – che muro non è – che divide oggi gli USA dal Messico, oggetto di polemiche infinite e cavallo di battaglia di Donald Trump nella sua crociata anti immigrazione.
Anche qui il passaggio sotterraneo, anche qui due mondi fisicamente vicini ma diversi e distanti, divisi da un alto sbarramento d’acciaio sottile che come una lama ma taglia in pochi metri due mondi opposti che si fronteggiano.
Al netto delle polemiche serve un pizzico di storia, magari per ricordare che il muro non è di oggi né una invenzione di Trump ma – soprattutto nella parte verso la costa – fu iniziato già nel 1990 durante la presidenza di George Bush, quando lo stato della California (di solito a forte prevalenza democratica) elaborò una strategia di “prevenzione attraverso la deterrenza” in base alla quale iniziò a costruire il primo tratto di muro di 23 chilometri che fu terminato nel 1993.
L’anno dopo – sotto la presidenza del democratico Clinton – la barriera fu rafforzata e presidiata in modo semi-permanente dalla polizia di frontiera.
Il confine tra USA e Messico è lungo infatti 3.000 chilometri, la gran parte dei quali in pieno deserto.
Nel 2003 ci fu una escalation dei passaggi che in soli sei mesi raggiunsero la cifra di almeno 660.390 persone con come minimo 43 morti di stenti nell’ attraversamento della frontiera lungo il tratto che corre nel deserto di Sonora.
Proprio a seguito di questa situazione il senatore repubblicano della California Duncan Hunter presentò una articolata proposta di legge per rafforzare le barriere prevedendo una serie di costruzioni fisse per 1.123 chilometri, legge che fu approvata dal Senato degli Stati Uniti il 17 maggio 2006 e ratificata dalla Camera dei Rappresentanti il 14 settembre dello stesso anno. Pochi sanno – soprattutto in Italia – che quella legge passò a larga maggioranza e che votarono a favore anche una certa Hillary Clinton e l’allora senatore dell’Illinois Barack Obama.
Trump vuole oggi un rafforzamento delle barriere, ma soprattutto la posa di sensori elettronici – anche nel sottosuolo – perché lungo il confine sono nate diverse città messicane con le case addossate alle barriere e che con la costruzione di tunnel sotterranei oltre alle persone (anche questo è un aspetto poco conosciuto) permettono soprattutto il passaggio in USA di ingenti quantità di droga.
La barriera fissa parte dal Pacifico con dei pali di ferro che dividono una spiaggia, seguono poi le sponde del Tuijana River, un fiumiciattolo che – salvo quando è in piena (raramente, visto che nella bassa California piove molto poco) – è di fatto una fogna a cielo aperto ma che pure lui decide di passare in USA a pochi chilometri dalla foce e non fa quindi da confine naturale, ma è attraversato più volte dalle barriere.
Anche questa è una curiosità: il confine è infatti una linea retta dall’oceano al deserto fino a Yuma, poi scende lungo il sempre più arido letto del fiume Colorado (che quasi per tutto l’anno si secca definitivamente prima di arrivare alla Baia California) e poi se ne va dritto fino al Texas tagliando in due deserti e montagne, come fu fissato oltre cento anni fa da un tratto di penna sulla carta geografica, con poca logica ma piuttosto figlio di un trattato di pace quando gli USA vinsero la guerra contro il Messico e si annessero i territori verso sud.
Sulla costa del Pacifico si fronteggiano da una parte l’americana San Isidro e dall’altra la messicana Tijuana che, molto più grande e prospicente su di un colle, sembra da lontano fisicamente sovrastare e seppellire gli yenkee.
La realtà è ben diversa e la noti appena ti avvicini da San Diego con l’interstatatale 805: di qui prati verdi con le aiuole ben curate, di là i palazzoni di una anonima periferia urbana che si perdono in un mare di costruzioni basse e senza alcun piano regolatore, caotiche e sporche.
Attraversare il confine è semplice…….
(segue la prossima settimana)

UN SALUTO A TUTTI E BUONA PASQUA MARCO ZACCHERA

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