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“Prima i bambini e le donne”…

Con giusta ragione Stefania Rossini, a proposito delle violenze nei riguardi di bambini nei nidi e nelle scuole materne, scrive: “Io di telecamere ne vorrei a ogni angolo, messe d'ufficio al momento della costruzione delle scuole e non in seguito alla denuncia di qualche genitore come avviene adesso, facendo così passare altro tempo (e altre violenze) per ottenere prove certe” (L’Espresso del 7 aprile).

Io credo che dovrebbero essere le educatrici stesse a richiedere le telecamere nelle scuole. Ma perché tante cose a protezione dei bambini non si fanno o si fanno sempre in ritardo? Per il semplice fatto che la società, Chiesa compresa, non ha mai dato importanza ai bambini, nel senso che non ne ha mai tutelato i diritti. Anticamente le donne contavano meno degli uomini e i bambini meno delle donne. Nulla o quasi nulla. Oggi le cose sono cambiate parecchio, sebbene le donne siano sempre considerate meno importanti degli uomini e i bambini meno importanti delle donne. La norma “prima le donne e i bambini”, vale solo in caso di grave pericolo, e la preoccupazione è prima per le donne e poi per i bambini. Sarebbe giusto dire, infatti: “prima i bambini e le donne”. E viene qualche dubbio sulla bontà del gesto cavalleresco.

Le leggi che tutelano i minori sono recentissime. «La vita dell'infanzia non ha avuto per lungo tempo alcun significato per il mondo degli adulti, per il costume, il minore è stato a lungo percepito come un essere che diviene persona-soggetto di diritti solo dopo essere stato educato e plasmato… Il primo strumento internazionale in assoluto, che cita i diritti dell'infanzia è la “Convenzione sull'età minima”, adottata dalla Conferenza Internazionale del Lavoro nel 1919. La prima significativa attestazione dei diritti del bambino si ha con la Dichiarazione dei diritti del bambino, adottato dalla Quinta Assemblea Generale della Lega delle Nazioni nel 1924. » (Maria Bottaro, Istisss.it, 4 ottobre 2007). L’analista psicologo Lucio Della Seta, nel saggio “Debellare il senso di colpa” (Marsilio Editore) nota acutamente che il Decalogo pensa ad ordinare ai figli di onorare i genitori, ma non pensa ad ordinare ai genitori di rispettare i figli.

Renato Pierri

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