Greta Thunberg è diventato l’ultimo simbolo di un’opinione pubblica mondiale affamata di buonismo a buon mercato.


La ragazzina svedese con le trecce bionde di soli 16 anni ha attirato l’attenzione planetaria con il suo cartello “Sciopero scolastico per il clima”, con cui ogni venerdì presidia il Riksdag a Stoccolma, la sede del Parlamento nazionale. Ebbene, com’è possibile che una ragazzina come molte altre, sia diventata in poco tempo un fenomeno globale? La domanda che sorge spontanea è: chi muove i fili dietro la ragazzina svedese che invece di andare a scuola si cimenta in discorsi tecnici che certo non possono essere farina del suo sacco? Giova ricordare che la saputella dal sorriso inquietante, è figlia della celebre cantante Malena Ernman – che nel 2009 partecipò anche all’Eurovision. Sui social vanta una pagina facebook intorno ai 200.000 like. A distanza di soli quattro giorni dalla prima protesta (24 agosto 2018) pubblica un libro dal titolo Scenes from the Heart. Casualità fin troppo emblematica. Ma non è finita, la strategia di marketing sarebbe fin troppo banale se fosse finalizzata alla promozione di un semplice libro da parte della madre. Capita quindi che alla giovane Greta Thunberg e alla celebre madre si affianchi anche un terzo personaggio: Ingmar Rentzhog, esperto di marketing e pubblicità. Rentzhog è proprietario della startup We Do not Have Time. Il 24 novembre 2018 l’affarista ha pensato bene di inserire la stessa Greta Thunberg nel board della società. Solo 3 giorni dopo la società ha lanciato una campagna di crowfunding che ha raccolto 2,8 milioni di Euro. Verrebbe da pensare che la giovane Greta sia semplicemente una macchina da soldi nelle mani di persone molto esperte nel mondo degli affari. Purtroppo però c’è un ultimo particolare che riguarda Ingmar Rentzhog e che porta a facili conclusioni politiche e ideologiche. Ovvero che lo stesso guru del marketing, CEO and Founder della fortunata startup, è stato assunto come presidente del think tank Global Utmaning nel maggio del 2018. Fondatrice di questo laboratorio di pensiero è Kristina Persson, ex ministro socialdemocratico dello sviluppo strategico tra il 2014 e il 2016. Le posizioni sostenute dal think tank esprimono la necessità di combattere i “nazionalismi” che stanno emergendo, a loro avviso, in Europa e nel Mondo. Una volta ricostruito il quadro di chi muove i fili dietro la piccola Greta Thunberg e il suo punto di equilibrio tra gli interessi economici e l’impegno politico anti-sovranista, è lecito chiedersi quali saranno i prossimi sviluppi dell’ecologista svedese. A maggior ragione in prossimità delle elezioni europee. La cosa buffa, e insieme “drammatica” è che in molte scuole pubbliche la ricca ragazzina che ama marinare la scuola più che studiare, è stata assurta, dalle solite maestrine rosse, vale a dire coloro che hanno scambiato l'ecologia per la panacea di tutti i mali, a modello da imitare.

Gianni Toffali

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