IL MANICOMIO DI GIRIFALCO. OSCAR GRECO ALLA RICERCA DI UN SUD DIMENTICATO

di Domenico Bilotti (*)

Oscar Greco è un nome ormai consolidato e di interesse nella ricerca storiografica meridionalista di nuova generazione: è ricerca che nasce da un lavoro dimenticato e certosino sulle fonti e che ha la temeraria tenacia di “rovistare” gli archivi della storia non detta, non narrata, sciattamente obliata e però non per questo mai accaduta. Il ricercatore cosentino si è ora dedicato al cimento più impegnativo della sua lunga filiera di titoli: “I demoni del Mezzogiorno. Follia, pregiudizio e marginalità nel manicomio di Girifalco (1881-1921)”, per i tipi di Rubbettino (Soveria Mannelli, 2018). Il volume si avvale di una bella prefazione della storica Mary Gibson, che è nome caro ai giuspenalisti e ai processual-penalisti, visto che è la fonte storiografica più accreditata, anche in ambito giudiziario e processuale, per lo studio comparatistico in lingua anglosassone sulla storia delle misure di prevenzione nel nostro ordinamento. Segno ulteriore che la ricerca di Greco è storica, eminentemente storica, ma mai come in questo volume si abbevera ai torrenti delle altre discipline che incontra sul proprio terreno: il dato medico psicoterapeutico, ma anche quello giuridico (quello normativo, quello giurisprudenziale e quello dottrinale).

L’attenzione del Greco si concentra su un episodio apparentemente rimosso della storia calabrese: le concrete vicende quotidiane di un ricovero per “malati di mente” nel pieno dell’Italia unitaria, quando attraverso l’esclusione sociale si disciplinava un canone di appartenenza alla nuova comunità politica. Quando, cioè, si stabilivano i vincitori e i vinti della conformità sociale e quando la segregazione era soprattutto una strategia per istituire un diverso modello di identità civile: la battaglia dei civilizzatori contro i civilizzati.

Greco analizza con scrupolo eccezionale documenti clinici, epistolari dimenticati, certificati di soldati e storie di vita locale, tutte fonti che danno vita al complicato quadro politico-sociale del manicomio di Girifalco. Luogo di contenimento, di separazione, dove però molte erano le tipologie dei ricoverati. Dall’alienazione di una miserrima società agricola locale, malamente inglobata nelle geometrie del Regno, ai combattenti militari della Grande Guerra o, prima, della ingloriosa vicenda coloniale (qui Greco si imbatte in ricoveri coatti, ma anche in ricoveri di comodo, di necessitato allontanamento dal fronte). E a Girifalco si trovavano pure le donne condannate dal loro stile sessualmente erratico, gli epilettici, i malati non accudibili… piccole storie “ignobili” che intersecano una grande storia universale che pagine parimenti ignobili, però, non ne ha avute poche. Greco ci restituisce un pezzo di vissuto locale con freschezza stilistica e maturità metodologica, per ricordare un Mezzogiorno di demoni e fantasmi che la dottrina giuridica e la psichiatria positiva dell’unità d’Italia – anche meridionale! – vedevano e, forse, volevano, duplicemente arretrato e artefice della propria arretratezza, oltre ogni effettiva responsabilità reale.

(*) docente di “Diritto e Religioni” presso l’Università “Magna Graecia” di Catanzaro

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