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LA STRANA VICENDA DELLA LEGGE 459


Ovvero: le ragioni di un nobile dibattito nel 2001 e di una meno nobile assenza di dibattito nel 2017


Prima di proporvi una riflessione sulla vicenda delle modifiche alla 459 del 2001, contenute nella legge elettorale nazionale, vorrei fare una premessa.

Nel 2001, dopo l’approvazione della legge ordinaria per l’esercizio in loco del diritto di voto, successiva all'introduzione in Costituzione della Circoscrizione Estero, fummo tutti concordi sulla valutazione – sorretta anche dal parere di eminenti costituzionalisti – dell’unicità e specificità della Circoscrizione Estero. In quell'ottica l’unica vera e logica “rappresentanza” era quella dei residenti all'estero iscritti all'AIRE.

È possibile oggi aprire una discussione sui cambiamenti intervenuti in 16 anni e modificare una legge ordinaria aprendosi a novità importanti intervenute in questi anni? Certamente.
Direi però che:

  1. Siamo stati manchevoli nel metodo perché non c’è stata alcuna discussione, né interna al PD né nella rappresentanza comunitaria né nella società civile. E questo nonostante le proposte avanzate dal CGIE e dai Circoli PD nel mondo relativamente alle modifiche da apportare alla 459 del 2001.
  2. Non è stata mai aperta una discussione sulla necessità di riportare il testo in un regime di reciprocità. Sicuramente non è stato fatto sul piano costituzionale. Ricordo che in alcuni passaggi dei pareri si citava espressamente che “prevedere una candidatura di un non-residente all’estero poteva sollevare problemi sul piano costituzionale. La storia della parità è venuta fuori dopo la consumazione del “peccato originale”, vale a dire la presentazione dell’emendamento Lupi non ancora riformulato.
  3. La parità o reciprocità non sono state raggiunte: anzi oggi esiste una evidente disparità tra chi può candidarsi unicamente nella ripartizione in cui vive, cioè i residenti all’estero, a meno che non compia l'opzione di votare in Italia, e chi invece, i residenti in Italia, prima possono scegliere se candidarsi in Italia o all’estero e poi anche in quale territorio in Italia o in quale ripartizione estero.
  4. Se davvero l’intenzione originale, non il peccato, era di consentire la candidatura a chi risiede all’estero ma non è iscritto all’AIRE, una semplice modifica in tal senso avrebbe evitato tante polemiche.

Tutto ciò è avvenuto nel variegato mondo della maggioranza.
Una battuta sulle opposizioni, assenti o confuse. Assente come sempre il MAIE.
Confusa la sinistra che ha rispolverato antiche distinzioni del tipo “votano gli italiani all’estero e non votano gli immigrati”, lanciando appelli sullo jus soli: materia sulla quale dall’estero abbiamo fatto più negli anni che questa insignificante sinistra.
La destra, gli eredi di Tremaglia, hanno espresso solidarietà ad una deputata che ha dichiarato di essere stata discriminata dalla norma che – copiata da regole già esistenti e in vigore in Italia – preclude la candidatura a chi ha svolto incarichi istituzionali ed elettivi all’estero. E dopo questo accorato quanto puerile appello, si approva un emendamento per rendere felice questa collega che ha personalizzato il dibattito. Anche qui un esempio di “mercato” degli emendamenti. Eccovi la classe dirigente del 2017. Nel 2001 la discussione politica – spesso accesa – era di altro segno e levatura.
Una ragione in più per uscirne con dignità.

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