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SOMMARIO: IN CAMMINO! – OBAMA BLUFF – TRA DAZI E FRONTIERE – IGOR IL RUSSO – FOLLIE DELLA PRIVACY
Come previsto Emmanuel Macron è il nuovo presidente francese, logica conclusione di un ballottaggio scontato. Tutti subito a correre dietro al vincitore e non poteva certo mancare Matteo Renzi che immediatamente ha scopiazzando lo slogan “En marche” lanciando al PD il suo appello “In cammino!” A parte che nella traduzione italiana lo slogan perde gran parte del suo appeal, l’Italia sembra però mettersi “en marche” come un paralitico che parta speranzoso verso Lourdes.
Speriamo nel miracolo, ma mi preoccuperei un po’ di più dell’Italia reietta ed emarginata in Europa, soprattutto dopo le elezioni in Francia. Confermati ultimi per sviluppo in Europa con un governo “per procura” che si riunisce il venerdì dopo che il giovedì la “cabina di regia” formata da Renzi, Finocchiaro e Boschi – se non ha scandali personali del giorno – ne ha dettato l’ordine del giorno: ma Gentiloni non si sente un semplice burattino?
ARRIVA OBAMA, ECCO LA SINISTRA CHE CONTA
Arriva Obama a Milano e tutta la sinistra-chic si è sbragata a pagare 850 euro a testa per ascoltarlo parlare di cibo (sai che emozione!) con la “super-super-elite” che poi è andata a cena in un ristorante a tre stelle Michelin dal costo imprecisato “ma senza la cravatta, che solo Monti ha tenuto”!
Da una parte del tavolo Montezemolo fresco fesco di fallimento Alitalia, dall’altra i banchieri senza scrupoli che hanno fatto affari con i soldi dello stato e fregato soprattutto la povera gente, in mezzo Renzi che non manca mai e che adesso avrà più fame pure lui perché è “in cammino”.
Se c’è una cosa che mi indigna è questo falso buonismo di chi (a parole) sta con immigrati, perseguitati, poveracci & dintorni e poi nella realtà fa soprattutto i propri affari tra uno sfoggio di lusso (”casual” naturalmente) e ovviamente tifa “Pro Fondazione Obama”, così anche la coscienza è a posto.
Non ha ritegno questa sinistra “democratica” fatta di ricchi che si presentano con l’ “I Care” e poi finiscono a cena nei ristoranti “stellati” dimenticando che con 850 euro intanto una famiglia del Burundi o dell’Etiopia mangerebbe per tre anni, altro che chiacchierare sul cibo.
Approfondimento: DAZI E FRONTIERE
I temi delle prime pagine dei giornali sembrano giochi di prestigio che appaiono e scompaiono velocemente senza lasciare traccia. Dopo tre giorni di accuse a Trump per i nuovi dazi che imporrebbe alle importazioni verso gli USA (colpendo – ci è stato detto – soprattutto le Vespe e il Parmigiano Reggiano e minimizzando che erano decisioni già prese da Obama) non ne ha parlato più nessuno e si è passati ad altro.
Premesso che le Vespe non sono più prodotte dalla Piaggio a Pontedera ma che in USA arrivano dal Vietnam – oltre ad essere scopiazzate in Cina – c’è da chiedersi se la mossa americana non dovrebbe insegnare qualcosa anche all’Europa.
Trump vuole difendere i posti di lavoro e le produzioni USA, l’Europa soffre di crisi economica e occupazionale eppure si lascia travolgere – anzi, si direbbe che ne tragga piacere – nel farsi conquistare economicamente dagli altri, soprattutto dal Made in China (il marchio CE spesso non vuol dire “Comunità Europea” ma “China Export”, pochi lo sanno).
Siamo cresciuti in una mentalità liberista e di libero scambio dove i dazi sono visti come il fumo negli occhi, ma pochi riflettono che un conto è imporre dazi in un mercato piccolo (come gli staterelli che una volta costellavano l’Italia) e un altro farlo in un mercato grande, come quello degli USA che sono in grado di produrre al proprio interno quasi tutto.
Dovrebbe capirlo anche l’Europa che ha un mercato interno ancora più vasto e ben capace di assorbire la propria produzione eppure si lascia invadere dai prodotti extraeuropei che distruggono la produzione interna offrendo di solito prezzi molto più competitivi.
Una volta i dazi difendevano le produzioni locali contro una concorrenza più moderna e agguerrita, oggi – in un momento di globalità planetaria e dove i tempi e i costi dei trasporti sono diventati minimi – prezzi molto competitivi sono spesso solo il frutto di approcci e sfruttamenti diversi delle risorse generali colpendo – è il caso dell’Europa – quei paesi che impongono salari adeguati, garanzie produttive, oneri sociali, sicurezza sul lavoro, standard di qualità ambientale, rispetto dei diritti, divieto di additivi. La conseguenza è che il consumatore viene spesso confuso (anche da aziende europee che importano la gran parte delle proprie componenti, ma vendendo poi come “europeo” il prodotto finito) oppure viene tentato da prezzi (come sul mercato dell’abbigliamento) per prodotti qualitativamente scarsi e comunque confezionati con costi umani a livello di autentico sfruttamento.
Se un mercato è vasto come quello europeo e potrebbe essere sbocco di produzioni interne che senso ha mettere in crisi l’agricoltura e l’industria europea (vedi il riso proveniente dal sud est asiatico, ma anche per l’olio, i macchinari, gli strumenti…) imponendo costi esorbitanti di produzione se poi le imprese europee chiudono e la crisi incalza? Ecco perché l’Europa dovrebbe pensare meno alla demagogia e più al proprio interesse collettivo. Trump è meno stupido di quanto si pensI.
IGOR IL RUSSO
Igor Il Russo è uno spietato assassino, ma deve essere un tipo in gamba visto che è riuscito a fuggire – pur ferito – e da un mese e mezzo tra Bologna e Ferrara ha messo tutti nel sacco fuggendo alla cattura.
L’impressione è però che ci abbiano contato delle balle stratosferiche perché è impossibile “sparire” (ammesso di esserci mai stati) in un’area di poche decine di chilometri quadrati quando – almeno in teoria – tra droni, posti di blocco, “cani molecolari”, battute dei migliori nostri specialisti antiguerriglia non avrebbe dovuto avere scampo.
Incredibili poi troppi avvistamenti, presunti nascondigli, azzardati pronostici di pronta cattura.
Una figuraccia colossale e altri dubbi sulla nostra sicurezza.
LA FOLLIA DELLA PRIVACY
L'idea di fondo era giusta: tutelare la libertà e la riservatezza personale, ma la legge sulla privacy in Italia ha raggiunto vette sublimi di burocrazie assurda, folle, inimmaginabile.
Forse non sapete – per esempio – che entrando in un albergo e consegnando un vostro documento d'identità, nel momento in cui sottoscrivete la “liberatoria” la vostra controparte si impegna a sua volta ad una serie di adempimenti formali “condensati” in un documento di 37 (trentasette) pagine debitamente sottoscritte sulla conservazione dei dati personali.
Lo stesso vale per uno studio professionale dove la vostra pratica d'ufficio andrà conservata (o dovrebbe esserlo) con precauzione degne di un caveau della Banca d'Italia.
Obblighi formali che in caso di inadempienza portano a multe sostanziose, ma che nella pratica poi molto spesso non possono essere seguite alla lettera o ci sarebbe letteralmente da impazzire.
Quante ipocrisie sciocche, quanti costi inutili e tempi buttati quando il buon senso e un corretto comportamento potrebbero portare agli stessi, identici risultati.
BUONA SETTIMANA
MARCO ZACCHERA