La minoranza cristiana egiziana, scossa da due attentati a Tanta e ad Alessandria, piange almeno 47 morti, senza contare centinaia di feriti. È da accogliere positivamente il fatto che il presidente Al-Sisi abbia dichiarato lo stato di emergenza. L’auspicio è che ciò possa garantire una maggiore sicurezza per la popolazione, sia cristiana sia musulmana, a meno di venti giorni dalla visita di Papa Francesco.
Non sappiamo ancora quale possa essere la chiave di lettura più appropriata. La prima possibile causa è la persecuzione religiosa. Gli attentati infatti si verificano prevalentemente in coincidenza dei tempi liturgicamente forti: la strage verificatasi nella cattedrale di Abbasseya, al Cairo, pochi giorni prima dello scorso Natale, e ora quella della Domenica delle Palme, a ridosso della Pasqua. Se questa fosse la principale causa, allora si dovrebbe parlare di vero e proprio odio alla fede. La seconda chiave di lettura è quella prevalentemente politica: dal 2013 i gruppi estremisti musulmani accusano la comunità cristiana di aver contribuito in maniera decisiva alla caduta di Morsi; dunque gli attentati di ieri come un’ulteriore forma di vendetta. La terza chiave di lettura, qualora sia accertata la responsabilità dell’ISIS, potrebbe essere ricondotta alla necessità del cosiddetto Stato Islamico di dimostrare la propria vitalità mentre viene ridimensionato in altre aree mediorientali come l’Iraq e la Siria.
Ciò che è certo, l’orrore irrompe ancora una volta nella vita quotidiana della minoranza cristiana. Alla distruzione del futuro dei cristiani in Egitto Aiuto alla Chiesa che Soffre stamane ha deciso di contrapporre la speranza nel futuro, nella forma concreta di un progetto.
Si tratta del “Programma di formazione spirituale della gioventù 2017” del Patriarcato copto cattolico di Alessandria d’Egitto. In particolare, il Diakonia Development Center del Patriarcato ha programmato per l’anno in corso una serie di incontri, seminari, conferenze e workshops indirizzati a 400 giovani laici. La formazione prevista dal Programma, diretta a prepararli alle loro future attività nel contesto sociale e in ambito ecclesiale, consentirà loro di diventare cittadini responsabili e cristiani consapevoli. È un esempio di come si possa rispondere cristianamente a chi è impegnato a trasmettere un’ideologia di morte alle nuove leve del terrorismo jihadista.
Massimiliano Tubani
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