Ormai questo pensiero di cui a titolo, trito e ritrito, sembra non venire più a galla in quanto l’assuefazione alle leggi della classe istituzionalizzata (ma solo sulla carta, a mio avviso) ha messo il cittadino in una posizione di assoluta immobilità decisional-dialettica ed anche fisica, tanto da essere costretto ad accettare e pagare salatamente ciò che gli viene imposto senza avere in cambio non solo un minimo di protezione, ma anzi anche a subire vessazioni ed imposizioni di ogni tipo da parte di chi, invece, come le istituzioni, dovrebbero essere a suo fianco. Anche questa volta, qualcuno eccepirà, che ho ri..scoperto l’acqua calda.
Il fatto, invero molto eloquente, che un magistrato di Treviso, tale Angelo Mascolo, dica che lo Stato non c’è più, non mi meraviglia più di tanto e, pur capendo che in un momento di sconforto si può dire questo ed altro, io vorrei correggere il dott. Mascolo dicendo che è la incapacità dello stato a decretarne la sua inesistenza, accettata solo dal cittadino perché, quest’ultimo, da vera istituzione pulita e genuina, deve fare di necessità virtù.
Penso che non sia solo il dott. Mascolo a pensarla a questo modo, ma anche molti altri suoi colleghi di magistratura, i quali, lo dico con molta paura in quanto essi hanno il coltello dalla parte del manico, non lo possono affermare apertamente in quanto asserviti ad un sistema che, facendo ormai acqua da tutte le parti, finirebbe per far naufragare pure loro, e con loro, i tanti privilegi. Che il povero cittadino, vessato e sfruttato, non ha.
ARNALDO DE PORTI