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GIORNALISMO OGGI ? PIU’ ESASPERANTE CHE DEONTOLOGICO E SEMPRE MENO FEDELE ALLA NOTIZIA

Forse ho titolo, dopo aver lavorato una vita nel settore economico finanziario nel quale i conti devono sempre tornare (qualcuno giustamente avrà qualcosa da dire anche in questo visto come vanno le cose nel nostro paese indebitato oltre ogni accettabile misura), per affermare che la stampa oggi si sta allontanando ogni giorno dal suo specifico ruolo che è informare. Mi pare infatti, anzi ne sono certo, che la notizia come tale non si dia più, salvo nel caso che essa non abbia un ritorno in termini di business, di interessi politici, di share, di posto di lavoro e quant’altro. Mi si dirà, giustamente, che scopro l’acqua calda, ma vorrei rispondere che è necessario “riscoprirla”. Infatti, quando mai leggiamo-ascoltiamo una notizia che non sia manipolata per imporla a tutti i costi ? Della quale se ne accorgono senz’altro di più gli “addetti ai lavori” rispetto a chi compera il giornale o guarda la TV ?

Dianzi citavo non a caso la mia provenienza professionale, ma solo per evidenziare che i termini di manovra fra detta mia professione di ex funzionario di banca ed il giornalismo di oggi, di cui pure io faccio parte da oltre mezzo secolo, presentano un gap spaventoso, realtà che, per l’anzidetto mio dualismo professionale, avverto e posso descrivere in maniera oggettiva di più di quelli che non si trovino nella mia stessa duplice posizione professionale.

E veniamo al dunque.

Provate a pensare se Indro Montanelli potesse oggi esprimere un giudizio sulla carta stampata. Di sicuro inorridirebbe nel constatare come la notizia venga “condita” con ingredienti che nulla o poco hanno a che fare con essa. Un esempio, se vuoi anche forzatamente banale. Fa più notizia, il colore dei calzini – si fa per dire – di chi è oggetto della notizia rispetto alla notizia stessa. Per non parlare poi dei soloni della stampa che, il più delle volte, si esercitano, facendo cattedra, strumentalizzando questo o quell’altro avvenimento, magari con titoloni simil-catalizzatori per la vendita del prodotto, a volte anche scadente. Ma che viene usato perché il venditore si è affermato a furia di firmarsi. Il discorso sarebbe lungo, ma è la posizione del giornalista che conta rispetto al lettore che, come in politica, costituisce solo uno strumento per raggiungere e consolidare detta posizione. Sfortunatamente, il giornalismo oggi ha il coltello dalla parte del manico ed il lettore deve stare zitto, salvo intervenire con qualche lettera che, come ho detto qualche volta, non disturbi il manovratore.. Ma c’è anche chi si ribella a tutto ciò, sia pur contemperando gli interessi, come per esempio un ex Direttore del Gazzettino, Luigi Bacialli, il quale, a conferma di quanto vado dicendo ora, ha scritto un libro a titolo “Lo scoopomane”, ove appunto si evidenzia come oggi lo scoop abbia prevalenza assoluta rispetto alla notizia. Non per niente, Bacialli ha lavorato con Indro Montanelli…dal quale ho appreso qualcosa anch’io quando lavoravo a Milano, a due passi da Via Solferino

Che dire poi dei talk-show di oggi ? A me francamente, dopo che è invalsa l’abitudine delle lunghe chiacchierate, spesso anche urlate, fra soli giornalisti, essi fanno un po’ miseria oltre che fastidio, al di là della buona professionalità dei giornalisti stessi. Ma si può definire “giornalismo” questo ?

Ma allora l’utente lettore-ascoltatore dove sta ? Se non a cercare con il telecomando filmini leggeri con Stanlio ed Olio o Lino Banfi, realtà sicuramente meno asfissiante di certi talk show, capaci solo di creare tensione e fastidio che, in fin della fiera, arrecano pregiudizio anche al sonno ? In quanto l’accumulo di tensione ed il fastidio nell’ascoltarli, fanno fatica ad allentarsi in vista del necessario riposo notturno ?

Forse qualcuno degli “addetti ai lavori” si offenderà, forse a torto ma anche a ragione. Ma sapete qual’ è la reazione ? Da certe nicchie di dominanza rispetto al lettore ? Che, come sosteneva Indro Montanelli, è il vero padrone del giornale ?

La reazione è questa: far finta di niente.

Arnaldo De Porti

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