IL PROGRAMMA DI “INSIEME” PUNTO PER PUNTO CON IL COMMENTO DEL PRESIDENTE MELO CICALA

Introduzione

Il Partito degli Italiani dall’Estero si presenta fuori dalle vecchie convenzioni politiche che le hanno viste protagoniste dal dopo guerra ad oggi. Dall’Estero per l’Italia. Un Partito per tutti gli Italiani ovunque si trovino. Una vera grande novità per la Nazione italiana.

Fuori dalla vecchie convenzioni perché soprattutto nato fuori dalle logiche dei partiti. Nasce quindi indipendente senza vincoli di bandiera. In Italia si mostra chiaramente la disaffezione a quelli che sono i partiti classici. Si tende alla formazione di liste civiche che la gente mostra di gradire. Troppe le delusioni, le collusioni, il disinteresse per i problemi della gente che da sempre sono insoluti mettendo a durissima prova la resistenza e la sopportazione delle classi economicamente deboli. La necessità di una formazione che nasca all’estero ma che si estenda a tutti gli italiani è una novità assoluta per l’Italia. Una iniziativa del genere porterebbe in Italia quel vecchio e sano spirito italico congelato così com’era puro ed sincero dal momento della partenza emigratoria.

È stato calcolato che gli Italiani e gli oriundi Italiani all’estero siano circa 60 milioni (più degli Italiani residenti in Italia). L’altra metà della Nazione italiana comprende: 40 mila imprese a conduzione italiana iscritte nelle Camere di Commercio estere; circa 200 radio e televisioni; 400 quotidiani; 385 Parlamentari di origine italiana nei vari Parlamenti nel mondo.

Siamo tanti all’estero, un numero che ai politici italiani fa letteralmente paura ecco perché ci ignorano e vogliono eliminarci dalla scena politica. Senza contare tutto l’indotto italiano di aziende che importano i prodotti nazionali incrementandone i mercati, la nomea e la diffusione. Molti italiani si sono distinti per eccellenza anche nel mondo della politica locale entrando nelle istituzioni straniere. Anche questo aspetto, in un prossimo futuro potrebbe vedere il movimento artefice di una iniziativa intercontinentale riunendoli tutti in quel di Roma nella prospettiva di una collaborazione globale per gli italiani all’estero.

Appare quindi evidente che è nell’interesse di tutti gli Italiani valorizzare quest’altra metà della Nazione in grado di accrescere notevolmente il peso internazionale dell’Italia dal punto di vista politico, economico, sociale e culturale. Occorre trasformare la grande esperienza maturata dagli Italiani all’estero, i loro legami internazionali, la loro energia, il loro entusiasmo, il loro incondizionato amore per la Patria in una nuova linfa vitale capace di rigenerare l’intero sistema politico e sociale italiano. Ovunque ci sia un Italiano c’è un interesse italiano da seguire e valorizzare.

A ben vedere dunque e paradossalmente è interesse dell’Italia e degli italiani in Italia conservare questo patrimonio e, paradossalmente ancora è proprio l’Italia che potrebbe beneficiare delle conseguenze migliori. Il ritorno in termini umani,economici e culturali è enorme. Questi italiani sparsi per il mondo sono vivi e perpetrano l?affetto, l?attaccamento e la fedeltà alla loro patria che gli italiani in Italia ormai non hanno più

Dopo il famoso boom economico degli anni sessanta che altro non fu che “qualcosa” sul nulla e non realizzazione di un progetto organizzato, abbiamo conosciuto solo e quasi unicamente crisi economiche. Ciò sta a significare che l’incapacità di saper governare la cosa pubblica con l?impegno e l’efficienza di gestione che contraddistingue il buon padre di famiglia e i Paesi della U.E. occidentale, è divenuto un male endemico, con la conseguenza di una scarsa osservanza dei diritti del cittadino, mettendo cosi in forse il concetto di democrazia.

Ciò che manca al nostro paese è la consapevolezza del vero cambiamento nella correzione di storture che l?hanno portato allo stato in cui si trova a prescindere dalla crisi globale economica attuale. L’Italia è invidiata proprio per la sua irresponsabile visione del mondo e della vita. Da noi manca una educazione civica di base dalla quale invece si prescinde con faciloneria. Dall’estero abbiamo molto da imparare. Dalle variegate esperienze dei nostri connazionali si possono dedurre e distillare comportamenti e coscienze o dimenticate o mai esistite. Parlando a quei signori che con disinteresse e superficialità vorrebbero abolire la questione della stessa esistenza degli italiani all‘estero, diciamo che essi, se avessero almeno un po` di lungimiranza, potrebbero fare di questa presenza una motrice fresca e forte per tutto il paese.

Bene si fa a porre questioni morali, di etica, di trasparenza, ma queste restano solo proposte di carattere tuttora propagandistico prive, e si vede, di qualsiasi volontà di reale attuazione. La scuola, la formazione giovanile, l’indirizzo educativo a tutti i livelli della nostra società, l’assoluta incapacità e mancanza di competenze e di organizzazione, conclama risultati deleteri e non realizza né prospetta soluzioni programmatiche positive.

L’annosa questione che affligge il nostro paese è quella cosiddetta “morale”. In pratica si tratta di una sorta di presa di coscienza generalizzata di anni ed anni di malcostume. La corruzione ai massimi livelli di sempre. Le prevaricazioni dell’uomo sull’uomo al solo scopo di favorire gli amici degli amici senza nessun criterio meritocratico. Le mazzette, le raccomandazioni, i latrocini e le malversazioni del denaro pubblico sono oramai divenute un prassi fetida di tutto il sistema politico. Figuriamoci in quale considerazione possono essere gli italiani all’estero stanti così le cose. Eppure nessun partito, nonostante se ne parli continuamente, ha mai per primo fatto un passo avanti in segno di mea culpa. In costanza di assoluta mancanza di competenze e di organizzazione è evidente che non si possano porre in essere basi programmatiche positive.

La gestione delle istituzioni non deve più essere inquinata da interessi privati o di clan, ma deve fare riferimento agli stessi valori positivi che sono corredo di tante società europee e mondiali avanzate. Per arrivare a tanto occorre una rifondazione della società su basi europee e mondiali, quindi sulla coerenza, dirittura, capacità professionale, impegno, precisione e qualità.

Per rifondare dunque la società italiana, perché in fin dei conti di questo si tratta, occorrono prerogative decisamente individuate fondate sulla coerenza, dirittura, capacità professionale, impegno, precisione e qualità. Troppi sono gli interessi dei Clan che, sotto questa ottica, infliggono al sistema politico nazionale colpi mortali ogni giorno che passa. Essi sottraggono alla comunità ciò che appartiene al bene comune riciclandolo sotto forma di prospettive ed opportunità. Fare riferimento ai valori positivi che in ciascuno di noi sono presenti, significa ricercarli in quei soggetti che hanno fatto della loro vita un percorso di onestà e sacrificio. Significa ricercarli in quanti cantano ancora l’inno nazionale mossi dalla commozione e dalla dedizione. Tutti i nostri connazionali all’estero, chi più chi meno, hanno ancora nei loro animi congelato quella ingenuità e pulizia di patria che serve. E’ un po’ come il seme dei semi di una coltura oramai estinta o in fase di estinzione. Il ceppo c’è ancora ed è questo il vero valore aggiunto delle nostre comunità all’estero, basta scongelarlo e trapiantarlo in Italia.

Inutile sottolineare che è proprio il concetto stesso di politica che debba cambiare. Sino ad oggi, politica ha significato mezzo attraverso il quale, strumentalizzando le problematiche della Nazione, si possano raggiungere obiettivi personalistici o di clan. Occorre invece risolvere, presto e bene, gli annosi problemi di un Paese ingessato, mai risolti per l’assenza di moderni metodi di lavoro e la rarità delle capacità professionali, con una gestione professionale, disinteressata ed efficiente, con la dedizione al lavoro e l’interesse per il raggiungimento degli obiettivi. Cosa ottenibile con la responsabilizzazione e la formazione dei funzionari, che non dovranno essere abbandonati a sé stessi ma lavorare responsabilmente in un quadro di metodi e procedure chiare e semplici.

E’ innegabile, non scopriamo l’acqua calda parlando di capacità professionali carenti dei nostri politici e di conseguenza delle nostre istituzioni. Non è da oggi che prendiamo atto di una classe dirigente non solo inutile ma dannosa. Un cancro pernicioso che mina alle fondamenta le intenzioni di quanti invece si propongono e si offrono al servizio del paese.

Il nostro nuovo partito si propone proprio questo: scardinare i meccanismi che hanno reso e rendono sclerotico il sistema chiuso a qualunque proposta di cambiamento anche sotto forma di evoluzione. Non si accetta, con miriadi di giustificazioni politiche e filosofiche per quinta essenza retoriche, di ammettere una presa d’atto che non lascia alternative se si vuole uscire non tanto dalla crisi contingente di turno, ma di riorganizzare il paese per debellare quella malattia endemica di cui sopra.

E tutto ciò è vero se si pensa all’atteggiamento delle istituzioni italiane nei riguardi dei nostri connazionali all’estero. Lo stesso voto all’estero è stata una pillola indigesta che si è dovuto ingoiare a forza frutto di mercanteggiamenti in aula tra schieramenti e tra interessi di parte. Non già deduzione di una presa d’atto al confronto della quale la conseguente determinazione avrebbe dovuto porre la questione della nostra emigrazione tra le questioni di fondamentale importanza umana, economica e sociale. Invece, assistiamo solo alla recrudescenza ed incattivimento di quanti vogliono ignorare il tutto rassettando il tavolo da quello che ormai rappresenta solo un fastidio. L’evoluzione cui si fa riferimento è quella affidata a gente che porti in Italia almeno un po’ di pulizia, un po’ di onestà forte anche di sistemi e di culture più avanzate delle nostre. Tutte prerogative che è ancora possibile trovare in quel germe italico che risiede all’estero.

Gli obiettivi primari che ci poniamo sono quelli di approntare un nuovo patto sociale attraverso il quale salvare il Paese dalla deriva sicura nella quale si è diretto. Promuovere ogni sistema utile ad educare alla organizzazione intesa come ordine contemporaneamente pratico e morale che faccia da guida nel lavoro della gestione della cosa pubblica a tutti i livelli.

Sembra un progetto velleitario. Siamo d’accordo che l’affermazione non è da poco conto ma in quale altro modo ci prospettano il cambiamento? Con presenze ataviche di parlamentari entrati ragazzi e congedati decrepiti? E’ con questi personaggi che sono passati di palo in frasca, in molti casi sconfessando anche sé stessi pur di avere nomine e cariche? Se è così allora possiamo ben dire che è proprio questo il progetto insano e velleitario che ormai potrà essere rivolto solo ai dementi non certo alla gente per bene.

La introduzione di una classe dirigente d’eccellenza, con responsabilità e capacità, insieme alla risoluzione del conflitto di interessi di parte, è un primo strumento necessario per il salto di qualità. Un secondo strumento è l’adeguata formazione dei funzionari pubblici, che devono lavorare nelle chiarezza e nell’impegno.. Un terzo strumento è la fondazione di una società nazionale (finora assente; abbiamo invece i clans) che operi per gli interessi nazionali e sulla base di valori positivi di riferimento, che devono essere pubblici e conosciuti. Per arrivare a tanto, non si puo’ evitare una chiara e trasparente catarsi la quale motivi le persone tutte ad uccidere i tarli esistenti nel tessuto sociale, allo scopo di far nascere quelle stesse capacità civili che sono diffuse in Europa, e rendere le istituzioni capaci di realizzare, nella realtà, i diritti dei cittadini.

Per ottenere la catarsi, questa pulizia necessaria, questa disinfestazione capillare dei settori nevralgici e di potere del paese si devono tenere sempre presenti tre punti fondamentali essere scritti a chiare lettere sui frontespizi delle nostre intenzioni: 1) qualità degli uomini senza interessi di parte, 2) preparazione e competenza; creazione di una società nazionale finora assente oppure inquinata da presenze e poteri infausti.

I dicasteri con portafoglio sono di fatto divenuti oggi sistemi di arricchimento partitico e di concessione. Questi hanno prodotto e producono quel sottobosco nascosto evidenziato dalle intercettazioni telefoniche, corruzioni e concussioni, elargizione di appalti, conflitti di interesse assurti a norma: cassieri-esattori, guardie-ladri ecc.

Assistiamo continuamente alla scandalosa prova di disonestà oramai endemica nell’atteggiamento e nella politica nazionali. Si è perso cioè ogni ritegno e la strafottenza ha raggiunto livelli veramente ragguardevoli. Lo vediamo ogni giorno a tutti i livelli di gestione della cosa pubblica. Un finanziamento pubblico indecoroso ai partiti i cui conti incontrollati arricchiscono i soliti furbi e tutta la filiera di amici e conoscenti, favoritismi, imbrogli, esclusione di ogni controllo possibile. In tutto questo ancora oggi, non si è avuti il coraggio e l’onestà di risolvere finalmente e di porvi rimedio. Si comprende bene che dove un posto in Parlamento, Camera o Senato che sia, rappresenti una postazione veramente fondamentale per proseguire queste attività parallele ed illecite. Le ragioni sono facilmente intuibili: amicizie, potere, interesse. Ora, in questo quadro che vede l’operatività di un esercito di 945 parlamentari, 630 alla Camera e 315 al Senato, è facile comprendere che i posti occupati da persone elette all’estero, disturbano le uova sistemate nel paniere di quanti hanno da lavorare nei sottoboschi della politica. Questo è uno dei motivi forse il più importante che “giustifica” la riluttanza, alcune volte divenuta vera e propria avversione, per gli eletti all’estero. Questi non essendo abituati agli andazzi italiani, non sono facilmente abbordabili edin ogni caso non ci sanno fare congli imbrogli. Non sono abituati e vengono in Italia, udite udite, per fare politica ed aiutare i loro connazionali residenti all’estero. Tra Camera e Senato essi occupano ben 18 posti, 18 poltrone, 6 al Senato e 12 alla Camera. Sono veramente tanti posti per i politici italiani che saprebbero loro bene come farli “politicamente” fruttare. Ecco spiegato il vero motivo che spinge i partiti dell’intero arco costituzionale a volerli eliminare. Il processo è già in atto ed al Senato che sarà di stampo federale, almeno così dicono, nell’ottica di revisione del numero dei parlamentari italiani. Al Senato cosiddetto “regionale” i senatori eletti all’estero non troverebbero una consona dislocazione né la loro presenza avrebbe un senso. Sarebbero quindi fuori luogo. Infatti la spallata bipartisan politica vuole portare alla loro eliminazione definitiva.

Fuori dalle convenzioni, dunque, INSIEME propone un programma che per certi versi ripudia i vecchi schemi e si pone fuori soprattutto dalla prassi tuttora in auge di eterna propaganda politica che approfitta del governo del Paese. Il programma non vuole, tuttavia, essere un programma omnicomprensivo. Esso intende, piuttosto, soffermarsi su alcuni aspetti e problemi che spesso sono stati trascurati.

L’omnicoprensività del programma sarà necessaria nella fase del confronto parlamentare. Il quella circostanza allora, si vedranno e si conosceranno quanti sono più o meno interessati agli italiani all’estero. E’ chiaro che con questo aspetto bisognerà fare i conti ma saranno conti precisi e su base contrattuale verranno concordati punto per punto senza lasciare nulla al caso per la loro fattiva realizzazione. Il settore specifico dal quale e per il quale deve muoversi un parlamentare eletto nella circoscrizione stero, è quello di tutelare i propri elettori da disparità di trattamento con i connazionali residenti in patria, l’eliminazione delle indigenze, delle ingiustizie che spesso raggiungono livelli di incomprensibile gravità. INSIEME ripudia il vecchio sistema in vigore in Italia, lo denuncia e lo combatterà senza timori. E’ fuori dai partiti e questa è la sua forza, il suo reale potere. Nessuna soggezione dunque, nessun timore riverenziale. Primo su tutti ildovere di muoversi per il bene del paese dentro e fuori dai confini nazionali.

La Costituzione italiana rimane, in ogni caso, la bibbia come dice il P.I.E. Ogni dettato presente nella Carta sarà la nostra guida nelle decisioni politiche ed organizzative relative agli italiani tutti uguali nella esazione dei diritti e nell’attuazione dei doveri ovunque essi siano residenti nel mondo. Salute, libertà, pari dignità, uguaglianza nei riguardi della legge ecc. saranno principi imprescindibili da ogni azione politica in quanto tale. Gli Italiani residenti all’estero dovranno poter votare per corrispondenza a tutti gli appuntamenti elettorali in Italia e non solo ridotti alla Circoscrizione estero. Per INSIEME questo è, infatti, il punto di partenza per ogni vera riforma.

Il punto di riferimento base dal quale non è dato prescindere è la nostra costituzione repubblicana ancora bellissima ed efficace. In questa si trovano quelle garanzie di democrazia e di giustizia assai ben congegnate per non lasciar posto e spazio a irresponsabili manovre truffaldine o a colpi di mano. Per gli italiani all’estero poi e soprattutto, la costituzione apposta apposta violata con una doppia modifica per creare dal nulla ed inventarsi la Circoscrizione Estero, rappresenta veramente l’unica salvaguardia seppur continuamente mortificata, dei loro diritti. Rimettere gli italiani, tutti gli italiani sullo stesso piano, significa ripristinare la giustizia negata a questi quasi fossero una coda da tranciare, un fardello da accollarsi. Significa dare credito ai dettami di uguaglianza al cospetto dei quali nessuna teoria potrà mai resistere. La questione del voto all’estero è la base, il punto di partenza e di rilancio della pratica di un diritto sacrosanto sancito per costituzione: gli Italiani residenti all’estero dovranno poter votare per corrispondenza a tutti gli appuntamenti elettorali in Italia e non solo ridotti alla Circoscrizione estero. Solo allora con l’equiparazione dell’elettorato attivo e passivo avremo raggiunto ciò che la Costituzione ha sempre imposto ed impone.

Voto Diretto e Rappresentanze all’Estero

Premessa

Solo cinque su venticinque sono i Paesi dell’Unione Europea che costringono i propri cittadini residenti all’estero a tornare a casa per votare alle elezioni politiche: Cipro, Grecia, Irlanda, Malta e Slovacchia. In compenso già esiste uno Stato dove si può votare col proprio computer, comodamente seduti in poltrona in un qualunque posto del mondo: l’Estonia.

Verrebbe da dire che non si vede ormai più, nei paesi dell’Unione Europea da nessuna parte costringere la propria gente all’estero ad andare nei luoghi patri per poter votare. In realtà con questa costrizione si impone praticamente a tutti i residenti all’estero di non votare. Le ragioni sono soprattutto economiche. E’ facile immaginare cosa costerebbe, in termini economici, ad una famiglia americana recarsi in puglia per esempio per votare un proprio conoscente o addirittura un familiare che si presentasse alle elezioni. Possiamo dire senza dubbio che molto probabilmente la scelta è stata voluta. Questo elettorato “vergine” che si trova all’estero sarebbe difficilmente manipolabile dai partiti così come concepiti in Italia. Questa gente è troppo lontana dalle impurità che inquinano il sistema politico italiano per essere comprata. In più non dimentichiamoci che, dato il numero rilevante degli aventi diritto al voto dei nostri connazionali all’estero, questi potrebbero rappresentare una minaccia al sistema degli equilibri nostrani. Dunque devono restare fuori e devono non poter contare nulla in Italia. Di qui le scuse anche abbastanza peregrine del fatto che pagherebbero le tasse all’estero, che sono ormai divenuti stranieri perché integrati nelle culture di accoglienza e compagnia bella. La verità è che il nostro paese, nella lista di quelli più prestigiosi e ricchi della terra, si trova alla stessa stregua di Cipro, Grecia, Irlanda e Slovacchia. In Estonia addirittura si vota stando comodamente seduti in poltrona in casa usando il proprio computer. E’ dal 22 ottobre 2008 che il P.I.E (Partito degli Italiani dall’Estero) si è fatto promotore di una legge elettorale che introducesse in Italia il voto elettronico. I tempi sono maturi per dare propulsione al paese con l’innovazione e le riforme tanto auspicate sia dalla destra, sia dalla sinistra. Desta un certo stupore che l’Estonia sia all’avanguardia in questo settore per aver adottato ormai da tempo un sistema di voto computerizzato collaudato ed affidabile come avviene anche in Brasile.

Basta schede elettorali, matite spuntate, timbri, busta dentro a buste, spedizioni postali, sacchi trafugati e rivenduti, votazioni di schede rubate in massa, disegni erotici e parolacce sulle schede, basta con i brogli e la vendita delle buste all’estero, basta con la elefantiaca organizzazione fatta di seggi, presidenti di seggio e scrutatori che costano ormai un occhio della testa, basta con i conteggi con il dito indice inumidito sulla lingua, basta con i risultati definitivi dopo tre giorni. Il sistema consentirà, appena chiuse le votazioni, di avere in tempo reale i risultati elettorali con precisione chirurgica senza più l’ausilio degli exit pool troppo spesso fasulli, deleteri e dispendiosi.
Una soluzione valida e positiva che metterà finalmente sullo stesso piano, a parità di diritti, gli italiani residenti all’estero e gli italiani residenti in Italia. Votare per corrispondenza con il sistema elettronico significa consentire agli elettori di evitare di spostarsi materialmente nel recarsi al seggio, di votare comodamente da casa o da una postazione che il Viminale predisporrà sul territorio, vedremo come dal regolamento di attuazione una volta approvata la legge. Basta pensare al servizio che si offrirà ai malati, ai portatori di handicap, agli anziani, agli allettati, a quanti per svariati motivi non possono spostarsi agevolmente per recarsi ai seggi molto spesso assai distanti dalla dimora. Significherà finalmente una cosa sola per l’elettore italiano residente all’estero: votare anche per candidati italiani senza essere costretto a salire su un aereo e venire in Italia ed equiparerà l’elettorato attivo a quello passivo. E tutto ciò senza abolire la circoscrizione estero che sarebbe una impresa costituzionale quasi impossibile. Si tratterà cioè di scegliere, quando sarà il momento, se votare per la circoscrizione estero oppure in Italia ma con un sistema valido, efficiente e assolutamente gratuito per le tasche dell’elettore che non sarà costretto ad accollarsi ingenti spese di viaggio: quello elettronico. Da qui si può facilmente intuire la portata della proposta che ha requisiti inattaccabili in quanto è oggettivamente valida, universalmente utile ed innovativa.
Sarebbe la vittoria politica di chi con ostinazione certosina sta lavorando bene ed incessantemente affinché gli italiani all’estero non siano relegati in un cantuccio isolato né siano discriminati nell’esercizio del diritto costituzionale del voto. Con questa proposta di legge, si dimostra la concretezza per le questioni politiche che contano veramente nell’esclusivo interesse della Nazione e quindi degli italiani tutti in ossequio ai dettami della Carta costituzionale.

Si ritiene fallimentare l’esperienza della Circoscrizione estero. Una sparuta truppa di rappresentanti degli Italiani all’estero (limitata per legge a 18 deputati e Senatori), per di più divisa tra i vari partiti della maggioranza e dell’opposizione, non può e non ha potuto incidere minimamente sul panorama politico italiano.

E’ fallimentare certo dato i risultati. Tutto è, alla luce delle esperienze maturate, sbagliato, forzato, inutile. Senza contare la qualità di personaggi eletti che, senza costrutti e neanche buone intenzioni in Parlamento non solo sono degli emeriti sconosciuti, ma non hanno mai parlato neanche dall’alto degli emicicli. Diciotto parlamentari divisi tra due Camere e divisi tra di loro che speranze avrebbero mai potuto accampare? Quale peso politico avrebbero mai potuto avere non essendo INSIEME in un programma condiviso e comune così come noi auspichiamo? Solo chi ignora il meccanismo parlamentare può credere alle storielle che ciascun politico va raccontando alla gente, ma per chi invece lo conosce bene sa che il tutto è più che altro una presa in giro piuttosto che una cosa seria. Nessuno di questi ha mai pensato neanche di poter minacciare i governi in carica in bilico sulla scorta di un voto in più o in meno, di farlo cascare non votando, per esempio, una fiducia pur di ottenere qualcosa in cambio per l’estero. Tutti invece, disciplinati ed allineati hanno solo dato prova di essere guidati dai loro partiti e non dalle istanze della gente che rappresentano.

Ci si batterà con tutte le proprie forze per ottenere che tutti gli italiani possano votare per corrispondenza o per via telematica, proprio come si fa in Estonia.

Un ripristino della costituzionalità del voto. Ciò ridarebbe dignità agli italiani residenti all’estero, farebbe risparmiare alle casse dello Stato fior fior di milioni di euro. Senza contare l’innovazione e la produzione di nuovi posti di lavoro connessi al nuovo sistema elettorale.

INSIEME è per l’abolizione del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE), organismo ormai del tutto pletorico, estremamente costoso e inefficiente. Si intende esercitare un severo controllo sulla correttezza, sull’efficienza e sulla trasparenza delle nostre rappresentanze all’estero (Ambasciate, Consolati, Uffici Commerciali, Istituti di Cultura, Camere di Commercio, ecc). La lotta agli sprechi e ai soprusi andrà a beneficio di tutti gli italiani.

Probabilmente il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE) ha dato i suoi frutti in epoche nelle quali ancora non erano approdati parlamentari eletti all’estero a Roma. Ma oggi, possiamo affermare che non possiamo più permetterci il pagamento di oneri che non fruttano nulla soprattutto in epoche congiunturali di carattere eccezionale come quelle attuali. Piuttosto i milioni di euro necessari affinché questo organismo funzioni, siano impiegati in favore delle strutture istituzionali assolutamente necessarie alle popolazioni di connazionali residenti all’estero:Ambasciate, Consolati, Uffici Commerciali, Istituti di Cultura, Camere di Commercio, ecc…

INSIEME è per la riorganizzazione dei vecchi Comites con sistemi elettivi trasparenti sotto il controllo preventivo del dipartimento estero e con la possibilità, una volta alleggeriti dall’elefantismo dei CGIE, di poter incaricare, con nomine ufficiali, delegati governativi che organizzino le operazioni di voto con funzioni ispettive e di controllo. Questi nuovi organismi faranno da strutture locali per le esigenze degli Italiani ivi residenti.

Ciascun Comitato, anche attraverso studi e ricerche, contribuisce ad individuare le esigenze di sviluppo sociale, culturale e civile della propria comunità di riferimento e può presentare contributi al Comitato Permanente degli Italiani dall’Estero agli Affari Esteri* utili alla definizione del quadro programmatico degli interventi nel Paese in cui opera. I Comites, sono gli unici organi democratici eletti all’ estero dalle nostre comunità, mentre il CGIE e le Circoscrizioni sono organi aggiunti dopo il 1989 e nominati dai partiti e da questi finanziati e strumentalizzati. A tale fine ciascun Comites promuove, in collaborazione con l’autorità consolare, con le regioni e con le autonomie locali, nonché con enti, associazioni e comitati operanti nell’ambito della circoscrizione consolare, opportune iniziative nelle materie attinenti alla vita sociale e culturale, con particolare riguardo alla partecipazione dei giovani, alle pari opportunità, all’assistenza sociale e scolastica, alla formazione professionale, al settore ricreativo, allo sport e al tempo libero della comunità italiana residente nella circoscrizione. Ciascun Comitato opera per la realizzazione di tali iniziative. Il meccanismo di elezione dei Comites deve essere assolutamente trasparente senza inquinamenti facili che sui territori non garantiscono scelte che si rivelino fruttuose. In questo il dipartimento estero del Ministero degli Esteri deve avere un ruolo primario. Una volta certi sulla bontà e sull’efficacia del sistema di votazione, è necessario oltre che utile utilizzare questo organismo anche sotto il profilo di mansioni pubbliche. Si pensi per esempio alla organizzazione dei seggi elettorali in veste di delegati governativi. Assegnando funzioni ufficiali a membri dei Comites, si garantisce soprattutto il controllo sulle operazioni assai delicate facendo si che il monitoraggio sia capillare. Responsabilizzare i Comites con incarichi importanti significa dare loro la valenza che necessita e che essi meritano per il lavoro che svolgono sui territori al servizio delle esigenze degli italiani che vi risiedono.

I compiti dei Comites debbono restare ben distinti da quello dei Consolati. I Presidenti dei Comites vanno eletti direttamente e non scelti dai Consiglieri. Il compito del Presidente, sarà quello di coordinatore senza diritto di voto, mentre il potere decisionale resterebbe ai Consiglieri a maggioranza relativa con voto segreto.

L’elezione dei Presidenti dei Comites dovrà essere diretta. La figura del presidente deve rappresentare la maggioranza quindi è da lì che deve venire indicata la persona di punta, l’immagine dei rappresentati. Il suo compito, oltre quello di rappresentare il comitato come interfaccia con in parlamentari e le istituzioni, sarà quello di coordinatore senza diritto di voto. Attualmente la nomina dipende dai Consiglieri, quindi esclusivamente politica. Ciò non garantisce affatto sulla qualità del prescelto ma consolida un sistema inquinato dalle lotte tra correnti e tra interessi.

Per evitare ulteriori sprechi occorre spostare le sedi e le segreterie nei Consolati. Le riunioni da tenersi negli stessi o negli Istituti di Cultura con dibattiti ed interrogazioni da parte dei partecipanti. In altre parole, coinvolgere ed invogliare di più’ i cittadini e in primis i giovani. I Presidenti dei Comites avranno il compito di presentare agli eletti all’estero nelle rispettive Circoscrizioni, un’appropriata relazione di proposte e interrogazioni, scaturita dalle riunioni. Almeno fino a termine di legislatura.

I luoghi dell’operatività, di incontro e di aggregazione per pianificare i lavori del Comites dovranno essere il meno dispendiosi possibile ecco perché conviene che le loro sedi vengano spostate in strutture già esistenti anche se con diverse funzioni. Consolati, lì dive esistono ancora aperti, o Istituti di Cultura possono essere luoghi idonei alle funzioni richieste ed a costo zero. Si sa che il risparmio è alla base di ogni attività politica. Quindi, dal momento che l’opera dei Comites è necessaria per le nostre comunità all’estero, sarà bene non offrire il fianco a chi, con la scusa dei costi eccessivi, adduca la loro eliminazione sic et simpliciter.

Va istituita una Commissione di monitoraggio dei Comites all’interno del Comitato Permanente Italiani all’Estero, sanzionando con dei richiami i Comitati dormenti o poco efficienti, dopo il terzo richiamo prevederne la chiusura.

Ciò a cui non si era mai pensato sino ad oggi è proprio il controllo sul lavoro dei Comites. Essi non sono una bocciofila o una sorta di dopolavoro dove passare il tempo giocando a carte. Sono strutture necessarie ma dove queste dimostrino di essere volute, utili ed operative. La chiusura di Comites inutili è comprensibile e dovuta. Non è pensabile che vengano tenute in piedi quelle strutture che, pur rappresentando dei costi, non servano a nulla. All’estero occorre riorganizzare e ristrutturare la piattaforma dei Comites, rendendoli piu’ indipendenti dalla politica dei partiti e dalle istituzioni, questo puo’ avvenire solo con l’abolizione di enti come CGIE e ripartizioni estere, i quali col passare degli anni sono diventati dei veri e propri portaborse dei rispettivi partiti.

Sono incomprensibili disparità di trattamento tra Italiani residenti in Italia e Italiani residenti fuori dell’Italia. In un solo progetto di programma unico, saranno risolte le attuali istanze degli Italiani residenti all’estero. Si auspica una più qualificata presenza delle Istituzioni italiane cui i nostri concittadini devono e possono fare riferimento, una maggiore efficienza delle Istituzioni a cominciare dalla produzione documentale per finire ai rinnovi dei passaporti, assegni sociali che elevino la soglia di decenza della vita.

Per ridare dignità a tutto il settore “italiani all’estero” devono finire miserabili disparità in termini di diritti con gli italiani residenti in Italia. Nulla di più si pretende ma tutto ciò già garantito dalla costituzione al di sopra dell’ordinamento giuridico. Ma come tutte le questioni di carattere sociale e politico, quella degli “italiani all’estero” pongono delle problematiche nuove connesse allo status di residente estero. Come tutte le questioni di carattere politico e sociale, anche queste devono trovare soluzione alla luce delle leggi, della logica e della giustizia sociali. Pensiamo al riacquisto della cittadinanza italiana per gli italiani in America una per tutte cosa buona e giusta. Ma ciò che si pone INSIEME come obiettivo, non è la soluzione di un problema piuttosto che un altro. INSIEME vuole creare una forte base partecipativa (da qui la denominazione) sulla quale e con la quale pianificare un ruolo attivo nelle istituzioni italiane. La questione “italiani all’estero” non si liquida nella soluzione di due o tre problemi che assillano la nostre comunità e basta. E’ giunto il momento di qualificare le presenze italiane nel mondo con programmi di lungo periodo che rappresentino per gli italiani motivi di orgoglio e di partecipazione alla vita politica e soprattutto economica italiana. Se sino ad oggi anche la produzione di un semplice documento ha rappresentato una sofferenza, un problema a volte insormontabile, la soluzione di questo non deve appagare affatto stante alle enormi potenzialità insite nella popolazione italiana residente all’estero. Sono proprio queste determinazioni, queste volontà che sembrano assolutamente assenti nelle voci e nelle volontà di quanti predicano il bene per gli italiani all’estero. INSIEME dunque, una volta inseritosi nel meccanismo di confronto politico con le altre forze politiche, si batterà perché gli italiani all’estero possano incidere sulle sorti sociopolitiche dell’Italia. Essi, fondamentalmente, hanno meno bisogno dell’Italia, meno di quanto l’Italia stessa non abbia bisogno di loro.

INSIEME si batterà per estendere in regime di reciprocità (come già avviene in ambito UE) la possibilità degli Italiani residenti all’estero di votare alle amministrative locali. Ciò aumenterà notevolmente il peso politico delle Comunità italiane.

Nella logica del sistema lobby territoriale ciò appare di fondamentale importanza. Dove ciò non avviene, è giusto che sia. Pensiamo a quante eccellenze nostre potremmo inserire, con la forza dei numeri, nelle istituzioni politiche ed amministrative locali. In questo modo, è ovvio, si raggiunge un peso politico che sui territori può portare a delle soluzioni facili ed alla portata. Nulla di trascendentale dunque. E’ giusto che grossi agglomerati di italiani chiedano di avere voce in capitolo per le cose e la vita che riguarda la quotidianità nel sociale e nel lavoro. Diciamoci pure la verità, all’estero, le realtà ospitanti non sono tutte rosa e fiori e quindi organizzarsi in lobby stile americano significa proporre una forza che democraticamente propone e contratta soluzioni in punta di democrazia ma con la forza necessaria per acquisire il rispetto delle istituzioni ospitanti.

Economia e Pubblica Amministrazione

Premessa

E’ giunto il momento di sconfessare definitivamente le scelte economiche dettate da pregiudizi ideologici. Oggi non è possibile e neanche lecito disquisire semplicisticamente sul governo di questo paese sotto l’egida del liberismo oppure del socialismo. Abbiamo coscienza della gravità del sistema Italia in tutte le sue manifestazioni finanche culturali, di investimento e di ricerca che non permettono di continuare a filosofeggiare dicendo tutto o il suo contrario mentre il Paese va a rotoli.

Certo, le contraddizioni che vive il nostro paese non sembrano corrispondere all’enorme mole di cultura e secolare tradizione che ha seminato la civiltà nel mondo. Soprattutto gli italiani che sono residenti all’estero, abituati al multi culturalismo, a lavorare fianco a fianco con persone di colore e cultura diversi,possono capire e raccomandare l’eliminazione di ogni discriminazione e pregiudizio ideologico. Ancora in Italia assistiamo a disquisizioni incomprensibili soverchiate però da ideologie conservatrici deleterie e retrograde. Si pensi (nel momento storico in cui scriviamo) alla riluttanza sfacciata a riconoscere la cittadinanza italiana a chi è nato e vive nel nostro paese. Questa non è una questione di destra o di sinistra,si tratta invece di posizioni malate lì dove si negano quei diritti fondamentali che fanno di un essere umano un uomo. In Italia vige lo ius sanguinis. E’ italiano il figlio di italiani ovunque nasca nel mondo. Lo ius soli,cioè il diritto ad essere italiani perché si è nati sul territorio italico, è un tabù. Cosicché, quei ragazzi che parlano i dialetti locali, che hanno frequentato le scuole italiane, che s sentono assolutamente italiani a tutti gli effetti, si vedono ancora trattati da stranieri. Si tratta di civiltà, di sconfiggere quelle barriere malsane e deleterie fondate sul concetto di razza e di nazionalità. Quest’ultima non è caratteristica che si acquisisce per nomina, o lo si sente oppure no echi nasce e vive in Italia sente di esserlo italiano. E questo è solo uno dei punti per non parlare dei continui sbarchi di extracomunitari che dall’estero cercano una soluzione di vita ai loro problemi fuggendo dalla miseria e dalle prevaricazioni dei loro paesi di appartenenza. Essi sono “ospitati” in strutture carcerarie ante litteram. A questi viene negato addirittura il diritto alla libertà pur non avendo commesso rati. Insomma le contraddizioni che ci riguardano devono essere superate specialmente se ci dicono a chiare lettere che l’Italia è anche la capitale mondiale della cristianità.

Viviamo una emergenza economica molto grave. Abbiamo bisogno soprattutto che chi governerà il paese vantando il suffragio universale dell’elettorato appronti immediatamente soluzioni possibilmente condivise tra maggioranza ed opposizione soprattutto nella gestione economica del Paese e della Pubblica Amministrazione.

La fase successiva al governo dei tecnici (nel momento in cui scriviamo governo tecnico presieduto da Mario Monti) porrà un quesito fondamentale la cui risposta dovrà necessariamente considerare aspetti politici che sino a qualche tempo fa non era immaginabile porsi. Cosa deve cambiare nella politica italiana, nei politici italiani dopo il governo tecnico? La risposta per gli onesti di spirito ed intellettualmente puliti non può essere che univoca: le decisioni cardine devono essere prese e ratificate bipartisan tra chi governa e chi si oppone. Il tecnicismo di questo governo ha reso plausibile ed ha proposto ottenendolo, proprio questo sistema. La linea economica dunque di una Nazione che sino a pochi decenni orsono caratterizzava il posizionamento politico in Parlamento delle compagini facenti parte, oggi, acquista un significato davvero privo di tendenze di settore e di connotazioni politiche. La politica economica mondiale non può permettersi più di essere di parte, di destra o di sinistra, liberista o socialista, per il pubblico o per il privato. Essa rappresenta ormai un passaggio cruciale ed obbligatorio che induce i governi di tutto il mondo a parlare di organigrammi che non possono prescindere dai destini degli altri. Le problematiche che affliggono il sistema sono comuni. Affondano le loro giustificazioni nei rapporti di forza economici mutati soprattutto per merito di quei paesi cosiddetti emergenti che pongono all’attenzione degli amministratori governativi problemi comuni: il mercato, la moneta, le banche, il commercio, la ricerca, la famiglia, il lavoro.Ciò che deve cambiare nella mente di chi fa politica è che un governo cosiddetto politico non possa muovesi alla stessa stregua pur se nelle naturali connotazioni e differenze dell’una e dell’altra fattispecie. Ciò si sente assai necessario specie nella gestione economica del paese bastione ed argomento incontrastato delle ideologie politiche che sembrano invece aver ammainato definitivamente le loro vele.

Categorie Politica

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