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La povertà  dei medici di base

I medici di base devono essere proprio poveri, secondo me. Eh sì, l’ho capito ieri pomeriggio. Nello studio del mio medico di famiglia, pensate che ce ne sono altri due, di medici, non so se anche loro di famiglia, ma credo di sì. Ieri pomeriggio lavoravano tutti e tre contemporaneamente, e lo spettacolo dei pazienti in attesa d’essere visitati era davvero poco edificante. Lo studio, che si trova nel quartiere di Colli Aniene, a Roma, è un appartamento di cinque stanze non grandi. Tre sono riservate ai tre poveri medici, una, piccola, è riservata all’addetta alle ricette, e una è generosamente regalata, se così posso dire, ai pazienti dei tre medici. Pazienti che sono davvero pazienti, giacché trovandosi tutti assieme in una stanza, come è accaduto ieri pomeriggio, la riempiono all’inverosimile. Alcuni occupano le poche sedie disponibili, gli altri restano in piedi. L’aria, nonostante la finestra aperta, diventa irrespirabile. I batteri, in festa, passano allegramente dalle bocche e dai nasi degli uni, alle bocche e ai nasi degli altri. Una vera pacchia.

Francesca Ribeiro

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