Oggi la cronaca ci induce a soffermarci sullo stravagante sistema di reclutamento.
Tra tutte le anomalie a cui stiamo assistendo, che hanno creato ritardi inammissibili e errori imperdonabili, quella più evidente è costituita dal sistema per fasi applicato sia alla categoria dei docenti che al sistema di reclutamento: prima su ambito e poi su sede per chiamata diretta.
Quando sono stati assunti i docenti, per coloro per i quali c’erano i posti comuni o di sostegno, ovvero i primi nelle graduatorie, è stata inventata la fase B, per coloro per i quali i posti sono stati creati a bella posta è stata inventata la Fase C, il cosiddetto organico di potenziamento.
Prima stortura: i docenti non hanno potuto scegliere se lavorare sul posto comune o sul posto di potenziamento, per cui ne sono risultati svantaggiati i primi, che si sono dovuti trasferire ovunque ci fosse posto, mentre gli ultimi sono rimasti a casa. Se avessero accorpato le fasi, come raccomandavano i Sindacati, almeno questa ingiustizia non si sarebbe creata.
La moglie del Premier era in fase C, ovviamente, ed è finita sotto casa.
Seconda stortura: ai primi non è stata consentita la scelta in base alla posizione in graduatoria, ma sono stati assegnati da un non meglio identificato “algoritmo” che il MIUR si è guardato bene dal rivelare, ed è avvenuta su scala nazionale, non regionale come in precedenza: a che pro, se poi ogni anno lo stesso MIUR concede le assegnazioni provvisorie, contrariamente a quanto previsto dalla stessa legge al comma 108, dell’articolo unico?
Quei docenti che per la perentorietà del dettato normativo, poi rivelatasi fallace, hanno rinunciato a fare domanda di assunzione, sono rimasti oggi senza posto e con un diritto a lavorare a tempo determinato fino ad un massimo di 36 mesi! Quest’anno si ripropone lo scenario dell’anno precedente con i trasferimenti.
Infatti i neo-assunti erano l’anno scorso su sede provvisoria e quest’anno erano obbligati a fare domanda di trasferimento con procedura analoga a quella dell’anno precedente: domanda su 100 ambiti territoriali, con criteri sconosciuti, coperti da quello che abbiamo scoperto essere un segreto di stato, detto “algoritmo” che alla moglie del Premier, bocciata due volte ai concorsi, ha dato però belle soddisfazioni con un bel posto vicino casa ed una cattedra pretesa ed ottenuta nelle classi che voleva.
Per tutti gli altri comuni mortali, invece, le cose sono andate diversamente:
Prima fase: i docenti vengono mandati in un ambito scelto dal famoso algoritmo (ammesso che esista). Risultato: docenti declassati, assegnati ad ambiti remoti, marito e moglie mandati in posti lontani tra loro centinaia di km, migliaia di errori accertati e non risolti con le conciliazioni: ma anche qui, una costante: gli ultimi sono diventati i primi e vice-versa. Seconda fase: la chiamata diretta.
I docenti, una volta finiti nell’ambito, potevano scegliere se fare domanda ai dirigenti delle scuole ambite o farsi assegnare alla sede dall’USR. I Dirigenti avrebbero dovuto pubblicare le competenze richieste attinenti all’offerta formativa delle proprie scuole. Siamo ad Agosto inoltrato, i dirigenti, forse oppressi dal caldo o dalle ferie mancate, s’inventano di tutto: dal provino a figura intera per via telematica, alla richiesta di quel titolo specifico rilasciato solo da un’agenzia formativa locale, per scartare subito i docenti fuori-sede o per assumere proprio il loro designato. Finisce agosto: il primo settembre i docenti sono tenuti a fare la rituale presa di servizio, ma solo pochissimi sanno dove farla, perché chi non ha richiesto la scuola ambita, perché non ne conosceva nessuna, essendo fuori-sede, ancora non sa in quale scuola recarsi, infatti l’USR dell’ambito non ha potuto provvedere in tempo (prevedibilmente!).
Alcuni USR addirittura dispongono che la presa di servizio si faccia presso la scuola in cui i docenti erano stati assegnati l’anno precedente con tutti gli annessi e connessi oneri di servizio.
Ma ancora non è finita! Ancora si attendono gli esiti delle assegnazioni provvisorie e poi saranno sistemati alcuni dei pochi colleghi che hanno superato il concorso del 2016, entro tre anni però, non c’è fretta (!!). Al nord resteranno scoperte sempre centinaia di cattedre e al sud tutti i precari rimarranno disoccupati. Centinaia di docenti sono stati erroneamente poi assegnati dagli USR a sedi in cui poi i posti non c’erano e ancora vagano per gli ambiti come anime in pena e quindi tutta la procedura dovrà essere rifatta.
E la scuola è iniziata da quattro giorni.
A che pro creare tutte queste fasi? Con la doppia fase dell’ambito e della chiamata diretta i tempi sono evidentemente raddoppiati. Perché esigere un reclutamento più farraginoso, lungo, non trasparente?
Ma non sarà proprio il “non trasparente” il vero obiettivo del governo? Ovvero mettere tutti i docenti nella necessità di bussare alla porta di qualcuno col cappello in mano per avere un posto come la moglie del Premier?
Tra poco inizierà il balletto dei supplenti e, mentre studenti e famiglie ancora aspettano a bocca asciutta la “buona scuola”, uno dei sindacati confederali, che aveva richiesto da un mese l’accesso agli atti per conoscere il famoso “algoritmo”, per sapere come mai gli ultimi nelle graduatorie si sono sistemati meglio degli altri, si è vista consegnare dal MIUR un rapporto che non dice nulla.
Insomma: la Buona scuola sembrerebbe essere stata un buon pretesto per sistemare bene qualcuno e far perdere i diritti a tutti gli altri, un pretesto che è costato caro a tutto il Paese e che ancora farà molti, moltissimi danni, se non si interverrà pesantemente.