MARGINALMENTE n. 58 del 5.dic.2015

Giornalisti vil razza…

Mi sia consentito, da giornalista con oltre quarant’anni di mestiere sulle spalle, di fare una lunga citazione sul giornalismo così com’è oggi. Accuse pesanti, che condivido in toto, e di cui poi dirò la paternità. Ovviamente, sono costretto a fare drastica sintesi dell’intervento.

ai familiari di Loris, gli show in diretta con chi concorda passaggi e interviste, il fatto che si istigano persone a dire cose in nome dello show. E ci sono giornalisti che si prestano a queste porcherie. (…) Non riesco a considerare informazione 24 foto con le parti del corpo di Sara Scazzi: sono stati giornalisti e direttori di giornali i responsabili. (…) Non riesco ad accettare le complicità dei giornalisti a corrente alternata con questa o quella parte politica. Per esempio, ho partecipato a adunate oceaniche contro il divieto di intercettazioni nel caso del decreto Alfano del governo Berlusconi. Ora si fa una delega al Governo in tema di intercettazioni e non vedo una reazione da parte della categoria, perché probabilmente abbiamo al coda di paglia. (…) Non mi rassegno all’idea che sia satira la volgarità. Non riesco a considerare satira l’augurio di morte a un collega (all’anziano Franco Abruzzo, “reo” di difendere le pensioni, è stato scritto: “Una volta, quando moriva un vecchio giornalista i giovani colleghi esprimevamo cordoglio. Oggi i collaboratori si fanno il segno della croce e dicono “Grazie Dio, una pensione in meno” – n.d.r.). (…) Non mi rassegno al fatto che la comunicazione sia contaminata da interessi terzi. Quella che i cittadini subiscono non è un’informazione libera perché gli editori hanno legittimi interessi terzi rispetto al mondo dell’informazione, e li coltivano usando gli stessi mezzi di informazione. (…) Non mi rassegno alla ‘barbaradursizzazione' dell’informazione. Non si può fare audience sulla morte, sui sentimenti, con le authority che se ne fregano. (…) Non mi rassegno all’idea di un’informazione strabica: quando vedo gli occhi di un bambino disperato non mi chiedo se è palestinese, israeliano… Parlo dello strabismo di colleghi che enfatizzano alcune cose e poi ne ignorano altre. Non mi rassegno che i mostri debbano venire tra di noi per capire che c’è un problema da affrontare e che coinvolge il nostro paese e che un’inchiesta va fatta. Non esportiamo solo cravatte: su parecchie bombe nel mondo c’è scritto ‘made in Italy’.(…) Sono venuto qui per dirvi: non vi rassegnate a questo modo di fare informazione! E riprendiamoci il nostro mestiere!>.


Queste frasi sono state pronunciate con forza a un seminario di formazione per giornalisti da Enzo Iacopino, presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti.


E se lo dice lui…


Presepi e vacanze


Stiamo assistendo in questi giorni al consueto tira e molla se i presepi, le recite e i canti natalizi siano leciti in un Paese cattolico o no. In un Paese, cioè, in cui la cultura, l’arte, le tradizioni, i valori e ogni cosa si ispira al cristianesimo. Si discute se è giusto fare il presepe o se la rappresentazione della nascita di Gesù Cristo possa “offendere” i non cristiani presenti a scuola. Per prima cosa non mi risulta che qualcuno di noi (cristiani) si sia mai offeso vedendo un Buddha o un gruppo di islamici inginocchiati a pregare; mentre mi risulta che molti di noi siano entrati con rispetto in moschee, sinagoghe e chiese ortodosse non “offendendosi” ma avendo cura di rispettare quelle religioni e quelle usanze (niente scarpe, kippah in testa, e così via).


Ma ciò che amareggia è che siamo noi occidentali ad autocensurarci anche quando – ed è stato testimoniato quest’anno in molte scuole italiane – tanto gli alunni non cattolici quanto i loro genitori hanno dichiarato di accettare ben volentieri presepi, canti e recite natalizie. A quegli insegnanti e dirigenti più realisti del re ha risposto il lettore di un quotidiano nazionale il quale, nell’apposita rubrica, si è chiesto: . Insomma, il presepe no e le vacanze (pagate) sì? Ahiahiai!


La “bufala” del riscaldamento


Franco Battaglia è un castigamatti del terrorismo ecologico. Ora, dopo l’enciclica papale sull’ambiente e dopo la Conferenza mondale sui cambiamenti climatici (dei giorni scorsi a Parigi), messo alcune sue idee – non nuove – in un articolo.


Ciò che Battaglia contesta, non è l’inquinamento, ma l’attribuzione alle attività umane, con emissione di CO2, della causa del riscaldamento del pianeta con tutte le catastrofi conseguenti: scioglimento dei ghiacciai, innalzamento dei mari, ecc.


Secondo gli studi scientifici, la Terra vivrebbe da milioni di anni in uno stato glaciale quasi permanente se non fosse inframmezzato – ogni centomila anni – di circa diecimila anni di clima più mite. I periodi più caldi, negli ultimi due millenni, sono stati quello dell’antica Roma e del Medioevo, intervallati da piccole glaciazioni, l’ultima del Seicento. Da allora la nostra amata Terra ha preso a riscaldarsi sino ai nostri giorni, ma né nel Seicento, né nei tre secoli successivi c’è stata attività umana diversa dalla precedente. Solo dal Ventesimo secolo ci sono attività industriali, veicoli a motore, ecc. che producono CO2 ma la differenza di emissioni (fortissima) non corrisponde a una differenza sensibile di temperature.


D’altro canto, da queste Conferenze mondiali non si è mai concluso niente: solo…aria fritta!


Portaborse ai cugini


Purtroppo Napoli e la Campania non si smentiscono mai, specie se si scelgono governanti del calibro del piddino Vincenzo De Luca, detto “’o sceriffo” , l’uomo che sfida ogni legge.


Nella scorsa legislatura, la Regione Campania a guida forzista aveva vietato ai consiglieri – con apposita legge – di assumere come portaborse parenti sino al terzo grado. Ora la Regione si è data una nuova norma e, per non fare chiasso, non l’ha fatta passare dall’aula ma è stata licenziata dall’Ufficio di Presidenza (aumm’ aumm’ come dicono sotto il Vesuvio). Ora i posti e gli stipendi di portaborse sono disponibili anche per cugini e nipoti.


Che dire? Chi ha avuto, ha avuto, ha avuto; chi ha dato, ha dato, ha dato…simme ‘e Napule paisa’.

Antonio Biella

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