Andreas Lubitz. Affaritaliani anticipa Famiglia Cristiana

Sabato 29 marzo, Affaritaliani pubblicava il mio commento sulla tragedia aerea Germanwings: “Una sfida e una vendetta quella di Andreas Lubitz”. Trascrivo alcune righe: “Ho pensato ad un uomo malato e arrabbiato con se stesso e col mondo intero, il quale si è sentito potente come un dio, avendo la possibilità di distruggere in un attimo la propria persona, centocinquanta vite umane, e l’oggetto che fino ad allora in qualche modo aveva per lui costituito un problema. Una sfida e una vendetta. E non so se in quei momenti avrà pianto o avrà riso. Ma penso anche che un uomo d’indole buona, con una profonda coscienza morale, non possa compiere atti d’estrema violenza, anche se è depresso o folle. L’amorale, il violento, la persona d’indole malvagia può compiere atti violenti e crudeli, qualora entri in depressione o impazzisca”.
Ed ecco alcune righe dell’articolo uscito su Famiglia Cristiana.it domenica 29 marzo: “Tentare di spiegare il gesto estremo del copilota della Germanwings attribuendolo alla depressione è sbagliato. È più corretto parlare invece di una forma di odio e risentimento verso il mondo, da parte di chi non si sente compreso e vittima di un'umiliazione profonda. Eugenio Borgna, fra i più autorevoli psichiatri italiani, noto per la sensibilità e la competenza con cui si avvicina alla psiche umana, spiega che non è corretto chiamare in causa la depressione a proposito di Andreas Lubitz, come stanno invece facendo in molti nel dibattito sui giornali e i social media. «Premettiamo che ogni suicidio resta un mistero profondo, rispetto al quale solo lettere o documenti del suicida posso gettare qualche luce. Detto questo, può essere stata la depressione a indurre quel giovane di 28 anni a un gesto di una tale, inaudita violenza? Non mi sembra possibile. Nel suicidio dovuto a depressione si sceglie la morte come soluzione alla propria angoscia: accade ad esempio alla madre colpita da depressione post partum, che elimina se stessa e i figli nella convinzione che sia l'unico modo per cancellare una sofferenza insostenibile… Possiamo immaginare che quel ragazzo, nonostante gli attestati di eccellenza tecnica, nutrisse sentimenti di vendetta verso gli altri, verso il mondo intero, da cui non si sentiva compreso. Quando si è devastati dall'idea delirante di non essere riconosciuti, il sentimento di odio cresce e diventa un tumore»”.
Stesse parole: “Sentimenti di vendetta verso gli altri, verso il mondo intero”.
E dire che il sottoscritto di psichiatria non sa niente di niente
Carmelo Dini

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