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Il vento nuovo sugli investimenti (EFSI)

di Gianni Pittella
Il piano Juncker prende corpo e con esso le speranze che dall’Europa arrivi finalmente un forte impegno su crescita e investimenti capace di invertire la tendenza dopo anni di cieca austerità. La decisione del governo italiano di iniettare 8 miliardi di euro a sostegno del Fondo Europeo di investimenti strategici (Efsi), unita agli impegni annunciati da altri importanti governi europei – Francia, Germania in primis – segna una svolta per il Piano Juncker.

Non era scontato. Non è stato facile arrivare dove siamo oggi. Il braccio di ferro tra Commissione, governi nazionali e Parlamento europeo ha raggiunto livelli di tensione visti di rado dalle parti di Bruxelles. L’obiettivo era chiaro e il gruppo dei Socialisti e Democratici ha da subito indicato nel lancio di un consistente piano di investimenti la condizione decisiva per il sostegno alla Commissione Juncker. La nostra memoria è spesso corta. Ma dovremmo sforzarci di ricordare da dove siamo partiti. Fino a qualche mese fa, con Barroso, si parlava solo di stabilità. La crescita era scomparsa dal vocabolario europeo e con essa ogni ipotesi di interpretazione ‘intelligente’ della flessibilità. Ora il vento è cambiato a Bruxelles, grazie anche al lavoro negoziale portato avanti dal nostro gruppo e della presidenza italiana. Una vittoria per tutta l’Europa contro i sacerdoti della dottrina dell’austerità intransigente. Siamo di fronte ad una congiuntura eccezionale. Da una parte il piano Juncker con un rinnovato approccio alla flessibilità. Dall’altra, una Banca centrale europea che, grazie al Quantitative easing e alla lungimiranza di Mario Draghi, si è ormai trasformata in un solido fattore di crescita e stabilità dei mercati. I governi sono chiamati a fare la loro parte a livello di riforme. A noi come Socialisti e Parlamento europeo spetterà rafforzare e puntellare le basi del piano Juncker. Il Parlamento europeo sta ora esaminando la proposta legislativa della Commissione. Nell’incontro avuto con il presidente Juncker nel corso dell’ultima sessione del Parlamento a Strasburgo, il gruppo Socialista e Democratico ha ribadito l’impegno ad approvare il fondo prima di luglio. Un impegno però che passa dalla necessità di rafforzare i fondamenti del piano per renderlo uno strumento tangibile al servizio della crescita. Di fronte ai rischi di deflazione e stagnazione, con i movimenti euroscettici, xenofobi e populisti ovunque in crescita in Europa e di fronte ad una crisi sociale e economica lacerante, nessuno può permettersi il lusso di mancare questa occasione.

L’Efsi per andare veramente ad incidere deve potersi concentrare sulla qualità dei progetti di investimento e sul loro impatto sull’economia reale. In altre parole, la valutazione dei progetti non dovrà riguardare unicamente il progetto in sé ma dovrà prendere in considerazione la sua abilità a innescare ulteriori investimenti dal settore privato. La sfida, insomma, sarà puntare certamente alla crescita ma con un occhio speciale alla qualità degli investimenti, anche per ridurre la forbice tra le zone più e meno ricche del continente e d’Italia. Si dovrà quindi considerare come prioritari quei progetti che non riescono a finanziarsi direttamente sul mercato proprio alla luce del profilo di rischio più elevato. Ci si dovrà inoltre concentrare su settori decisivi per la crescita europea quali le infrastrutture, la banda larga e l’efficienza energetica. Fondamentale per consolidare il fondo sarà il ruolo – da rafforzare – delle piattaforme di investimento e delle banche nazionali di sviluppo. Realtà come la Cassa Depositi e Prestiti in Italia o la Caisse Depots et Consignations in Francia, per citarne solo alcune, devono diventare le protagoniste della nuova stagione d’investimenti inaugurata dal piano Juncker. Serve un legame tra questi attori e il nuovo fondo perché essi hanno capitale e le expertise necessarie che potranno servire le ambizioni dell’Efsi. È chiaro che gli Stati membri debbono essere incentivati a contribuire finanziariamente alle piattaforme di investimento e alle banche di sviluppo inserite nel sistema Efsi. E per fare questo i contributi degli Stati membri alle piattaforme e alle banche promozionali dovranno essere scomputati dal patto di stabilità e crescita, non considerati quindi come debito o deficit.

La creazione del Fondo europeo di investimenti strategici può diventare il laboratorio su cui sviluppare una nuova sinergia tra capitali pubblici e privati. Se vogliamo investire sul futuro dell’Europa c’è bisogno dello sforzo di tutti. La partita è iniziata. E non ci saranno tempi supplementari.

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