Gli strascichi del Novecento che non si possono cancellare

La fine della guerra viene vissuta in Italia come la fine di un incubo da dimenticare in fretta. Il comportamento della popolazione si caratterizzava con l’indifferenza che si provava verso i reduci ai quali, come ricorda Lanaro nel suo “Storia dell’Italia repubblicana”, nessuno offriva sostegno morale ed economico né prestava ascolto ai racconti delle sofferenze provate, come capitava al protagonista di “Napoli Milionaria” di Eduardo De Filippo.


La riflessione su cosa avesse permesso in società ricche di storia e di cultura di progettare ed ottenere modelli sociali che potevano essere concepibili forse nell’antica assiria ha cercato di individuare cause e motivazioni. Alcuni studiosi hanno elaborato diverse teorie, Hannah Arendt individua motivazioni di ordine psicologico, infatti il campo di concentramento è visto come un laboratorio totale.


Secondo Bauman i totalitarismi nascono dall’interesse morboso di chi vuole creare una società perfetta; Hilberg cerca di descrivere questo fenomeno distinguendo tra varie categorie sociali: carnefici, vittime e spettatori.


Mentre gli intellettuali cercavano di dare delle risposte, gli Stati che avevano perso la guerra progredivano molto velocemente. Ad esempio, nella vecchia Repubblica federale tedesca dal 1949 al 1959 l’indice di produzione economica salì del 126%, in Italia tra il 1959 ed il 1961 il P.I.L. aumentò del 120% ed il reddito nazionale del 78%. L’improvviso benessere ha contribuito a rendere le popolazioni meno attente al loro passato e più intenti a dimenticare gli orrori della storia. Tutto ciò ha reso possibile, in Europa, lo scoppio di una guerra fratricida nell’ex Jugoslavia, ed insurrezioni e guerre civili nel Medio Oriente. Occorrerebbe da parte di tutti uno sforzo affinchè tutto ciò che è accaduto sia ricordato più spesso cosi da non permette che queste tragedie avvengano ancora.

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