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PENSIONI – da Franco Abruzzo-presidente UNPIT (Unione nazionale pensionati per l’Italia) – www.unpit.it -fabruzzo39@yahoo.it

Il «contributo di solidarietà» (legge 147/2013) sulle pensioni torna alla Corte costituzionale. La nuova sforbiciata si presenta come «definitiva», perché le somme trattenute dagli enti previdenziali non sono ovviamente recuperabili, e assume secondo la Corte dei conti del Veneto (l’ordinanza di 39 pagine è qui sotto) l'aspetto di un «prelievo tributario». In quanto tale, il contributo di solidarietà rischierebbe di fare a pugni con il principio secondo cui le richieste fiscali devono essere commisurate alla «capacità contributiva» (articolo 53 della Costituzione) dei cittadini, che sono «eguali davanti alla legge» (articolo 3): gli stessi principi che hanno spinto in passato la Corte costituzionale a cancellare sia i tagli agli stipendi dei “manager” pubblici, sia la prima stretta sulle pensioni. – IN CODA la sentenza 116/2013 della Corte costituzionale che ha cancellato il prelievo del 2011.

di Gianni Trovati-Il Sole 24 Ore 17.2.2015

TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=16905

Anche il contributo di solidarietà sulle pensioni targato 2014 finisce sui tavoli della Corte costituzionale, che con la sentenza 116/2013 (testo qui sotto) aveva cancellato il vecchio taglio, introdotto nel 2011. A chiamare in causa la Consulta è questa volta un'ordinanza (in 5/02/17/OrdinanzaConsulta.pdf) della Corte dei conti (sezione giurisdizionale per il  Veneto – giudice unico delle pensioni), investita della questione da un ricorso di un gruppo di ex magistrati, docenti, ufficiali delle forze armate e dirigenti pubblici e privati. Torna in bilico, dunque, lo sforzo chiesto a circa 50mila pensionati, che ricevono un assegno superiore a 14 volte il minimo (circa 90mila euro all'anno): per il bilancio dello Stato il rischio tutto sommato è quasi “simbolico” (la partita vale 93 milioni all'anno, che si riducono a 52 se si calcolano i mancati incassi fiscali), ma sul piano politico il tema è sempre caldissimo come mostrano i continui dibattiti sui “tagli alle pensioni d'oro”.

IL PRIMO STOP. Memore della prima bocciatura che aveva interessato il taglio alle pensioni scritto dal Governo Berlusconi e “perfezionato” da Monti, la legge di stabilità 2014 approvata dal Governo Letta aveva introdotto due modifiche con l'obiettivo esplicito di evitare nuove obiezioni: la norma (comma 486 della legge 147/2013), oltre a sottolineare il carattere eccezionale dell'intervento, limitato al 2014-2016, aveva specificato che i soldi sarebbero stati trattenuti ai pensionati «anche al fine di concorrere al finanziamento» delle salvaguardie per gli esodati. Con questo meccanismo di “solidarietà” tutta interna al mondo previdenziale, la legge ha provato a rispondere alle critiche della Consulta, che aveva giudicato illegittimo il primo contributo perché rappresentava «una decurtazione patrimoniale definitiva del trattamento pensionistico, con acquisizione al bilancio statale del relativo ammontare».

LE NUOVE OBIEZIONI. L'escamotage non basta però alla Corte dei conti. Prima di tutto, spiegano i magistrati contabili, il fatto che le risorse siano trattenute dalle gestioni previdenziali e non riversate allo Stato non fa nessuna differenza, dal momento che lo Stato rimane l'unico titolare della competenza previdenziale e l'Inps è un suo «ente strumentale». Nemmeno la finalità salva-esodati è decisiva, perché la norma non prevede una destinazione esclusiva di queste risorse al finanziamento delle “salvaguardie” ma spiega che gli enti previdenziali le utilizzano «anche» per questo scopo. In questo quadro, anche la nuova sforbiciata si presenta come «definitiva», perché le somme trattenute dagli enti previdenziali non sono ovviamente recuperabili, e assume s econdo la Corte dei conti l'aspetto di un «prelievo tributario», In quanto tale, il contributo di solidarietà rischierebbe di fare a pugni con il principio secondo cui le richieste fiscali devono essere commisurate alla «capacità contributiva» (articolo 53 della Costituzione) dei cittadini, che sono «eguali davanti alla legge» (articolo 3): gli stessi principi che hanno spinto in passato la Corte costituzionale a cancellare sia i tagli agli stipendi dei “manager” pubblici, sia la prima stretta sulle pensioni. (TESTO IN

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20.6.2013. Corte costituzionale, sentenza 116/2013 (Presidente GALLO – Redattore TESAURO): illegittimi i prelievi del 5, 10 e 15% sulle pensioni (pubbliche e private) superiori a 90mila, 150mila e 200mila euro. Le norme dei Governi Berlusconi e Monti violano il principio dell’uguaglianza e della progressività del sistema tributario. La sentenza (pubblicata qui sotto) è un monito al Governo Letta. Le norme censurate giudicate “un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini. L’intervento riguarda, infatti, i soli pensionati, senza garantire il rispetto dei principi fonda mentali di uguaglianza a parità di reddito, attraverso una irragionevole limitazione della platea dei soggetti passivi, divenuta peraltro ancora più evidente, in conseguenza della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’analogo prelievo ai danni dei dipendenti pubblici (sentenza n. 223 del 2012). Interessati 930 giornalisti professionisti pensionati INPGI. – In http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=12224

28.11.2014-.PENSIONI. Udienza 10 marzo 2015: la Corte costituzionale deciderà sulla legittimità del blocco della perequazione degli assegni per gli anni 2012 e 2013. Quattro questioni di costituzionalità sollevate dal tribunale di Palermo, dalle Corti dei Conti dell’Emilia-Romagna (due volte) e della Liguria. Secondo i giudici rimettenti violati i principi di uguaglianza, di proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione anche differita, nonché della garanzia previdenziale, della capacità contributiva, del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche e della normativa CEDU. – di Franco Abruzzo-presidente UNPI – TESTO IN http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=16212

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