LEGGE DI (IN)STABILITA’

(in vista un nuovo porcellum televisivo firmato Renzi – Berlusconi)

L’hanno capito tutti. Il Rottamatore ha deciso di cambiare mestiere nel momento in cui si è accorto che la rottamazione rendeva poco. Così ha deciso di di frequentare l’ottima scuola professionale di mastro Silvio per imparare a fare il carrozziere. L’attività del carrozziere, a pensarci bene, è più redditizia e meno faticosa. Al Carrozziere non importa se una vecchia carcassa ha il motore fuso. L’essenziale è farla sembrare bella e splendente come prima per piazzarla sul mercato. Le ammaccature vengono stuccate, le parti arrugginite vengono spazzolate al punto giusto per non farle cedere. Infine, un’ottima verniciatura completa il lifting proprio come quelle vecchie signore che vogliono a tutti i costi sembrare giovani. L’apprendista Carrozziere, in poco tempo ha imparato molto. La scuola è quella del Nazzareno che t’insegna a vivere bene la vita che, ovviamente, non ha nulla a che fare con l’idea pedagogia del fondatore S. Giuseppe Calasanziana che si prefiggeva di combattere l’ignoranza e la miseria che affligevano i giovani romani del 1600. Il Carrozziere sta rubando il mestiere al Maestro con la velocità della luce. E lui il mestiere lo ruba con gli occhi. Ha capito a volo che l’Italia è una macchina con il motore fuso e che mettendo in sesto la carrozzeria potrà incantare perfino quei diffidenti di Bruxelless che, nonostante tutto, non hanno capito che il restauro “made in Italy” è un’eccellenza mondiale. Così ha fatto credere all’UE di aver soppresso il Senato, le Province, di aver riformato il lavoro, il fisco, la scuola, la Costituzione e la comunicazione con grandi opere nelle telecomunicazioni e nel sistema radiotelevisivo togliendo di mezzo quei rompiscatole delle tv locali che vorrebbero avere gli stessi diritti delle Reti nazionali. Nientepopodimenoche, vorrebbero avere almeno un terzo delle risorse radioelettriche disponibili, canali coordinati e LCN di seguito alle nazionali storiche. Per tutta risposta, con la legge di (in)stabilità, il Carrozziere, ben consigliato da mastro Silvio, vorrebbe riservare alle ambiziose emittenti locali un trattamento particolare negando diritti costituzionali acquisiti in trent’anni di attività editoriale ed imprenditoriale. Altro che parità di dignità. Alla ditta di mastro Silvio, il 6 agosto 1990 (legge Mammì) l’allora IV Governo Andreotti, grazie al determinante appoggio del Partito Comunista dell’epoca (Valter Veltroni), regalò tre canali nazionali analogici. Oggi, sempre alla ditta di mastro Silvio, sono stati REGALATI 5 mux nazionali coordinati che corrispondono alla possibilità di trasmettere fino a 50 programmi con il DVB –T1 e più di 100 programmi con il DVB-T2. Pertanto, in 15 anni, la ditta di mastro Silvio è cresciuta di quasi cinquanta volte in termini di possesso delle reti, ma è destinata ancora a crescere fino a cento volte in pochi anni per via del DVB – T2 mentre il Carrozziere fa chiudere per legge centinaia di emittenti locali. A onor del vero, questa volta, nel segno del noto conflitto d’interessi, i 5 mux, mastro Silvio, se li è presi senza problemi. Nel 2009 era Capo del Governo. Insomma, il Carrozziere ha dovuto fare il lavoro sporco di aggiustare la partita delle locali che chiudono con una lucidata alla carrozzeria del comparto radiotelevisivo elargendo un po’ di quattrini e qualche frequenza residua, tipo canali 6,7,11, 58 e 60. Tanto, si sa già, i canali 58 e 60, entro il 2020, dovranno essere ritirati per far nuovamente posto alle Telecoms mentre i canali di terza banda, di fatto, sono impraticabili sia per le enormi spese di adeguamento degli impianti sia per far posto alla Radio digitale la quale, a seguito della decisione di vendere alle Telecoms la banda L (MHz 1450) non si saprà come sistemarla. Se qualche solone di Viale America ci verrà a raccontare ancora una volta la favola del canale 13 da assegnare alla Radio digitale, dopo 15 anni di promesse, non sarà più creduto. Non è finita. Per porre fine alla diatriba giudiziaria sulla pianificazione LCN, mastro Silvio, ha consigliato il Carrozziere a regolamentare la materia per legge in modo da vanificare le sentenze della Magistratura sfavorevoli all’AGCOM per darle l’incarico di rimescolare le carte con una nuova delibera. Insomma siamo immersi in un nuovo interminabile PORCELLUM senza alcuna prospettiva se non quella di invocare i nostri diritti davanti alla Magistratura nazionale, a Strasburgo e alla Corte Costituzionale. La REA e decine di emittenti locali ricorreranno al TAR Lazio, per chiedere l’annullamento della mostruosa delibera 480/14/CONS. Chiederemo di rimettere nel giusto binario i criteri di pianificazione prevista dalla legge: almeno 1/3 della capacità trasmissiva; diritti d’uso della rete a tutte le ex analogiche per diritto acquisito; ripianificazione nazionale con frequenze coordinate; tutela delle minoranze linguistiche. La REA si opporrà alla distruzione della trentennale attività d’impresa che impiega oltre 7.000 posti di lavoro a livello nazionale. Intorno alle posizioni della REA si sono uniti numerosi parlamentari appartenenti a tutte le forze politiche con interpellanze e ordini del giorno. Il M5S ha presentato una mozione, primo firmatario il Senatore Alfonso Ciampolillo. Il Presidente della Regione Puglia, Onofrio Introna ha invitato la Giunta di Nichy Vendola a costituirsi contro la delibera Agcom per affiancare le locali. Le indecenti proposte del Governo non sono ancora legge, ma se non verranno emendate nel senso giusto provocheranno altre dolorose diatribe politiche e giudiziarie. Con gli emendamenti del Governo, sono toccate a morte tutte le emittenti. Pertanto dobbiamo reagire con tutte le forze. Le emittenti devono dimostrare di essere compatte costituendosi nel ricorso collettivo della REA. Le adesioni si chiuderanno improrogabilmente lunedì 2 dicembre 2014 inviando allo studio legale della REA la relativa delega. Per eventuali chiarimenti scrivere a info@reasat.it

San Cesareo, 29 novembre 2014

REA – Radiotelevisioni Europee Associate

COMUNICATO STAMPA DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO REGIONALE PUGLIA ONOFRIO INTRONA

Bari 24 11 2014 – ANSA – Introna a Vendola: la Regione si costituisca al TAR a difesa delle antenne locali.

Costituirsi al TAR Lazio contro la delibera Agcom che ha previsto la soppressione delle frequenze delle emittenti televisive private che irradiano interferenze verso i Paesi comunitari confinanti. È la richiesta che il presidente del Consiglio regionale della Puglia Onofrio Introna ha rivolto in una nota urgente al presidente della Regione Nichi Vendola e al coordinatore dell’Avvocatura regionale avv. Vittorio Triggiani.

“È necessario ricorrere entro il 7 dicembre – ha osservato Introna – per chiedere al Tribunale Amministrativo del Lazio di annullare la delibera 480/14/CONS, che applicando la legge statale n. 9/2014, prevede lo spegnimento entro il 31 dicembre 2014 di 12 canali televisivi in Puglia, sui diciotto complessivi dell’offerta digitale regionale”.

Sono 35 le imprese televisive pugliesi a rischio (95 in Italia, nei 76 canali nazionali coinvolti dal provvedimento di soppressione) e si stimano in un migliaio i posti di lavoro minacciati dalla chiusura delle “voci libere”, tra giornalisti, tecnici e personale amministrativo..

L’emendamento alla legge di stabilità 2015 approvato dalla commissione bilancio della Camera su iniziativa del Governo nazionale, sposta al 30 aprile 2015 il termine per abbandonare tali frequenze e interviene sugli indennizzi, “ma non risolve il problema”, fa notare il presidente del Consiglio regionale nella richiesta di agire legalmente.

Resta “in piedi inoltre l’aspetto politico della vicenda”, oggetto com’è noto di un l’ordine del giorno approvato all’unanimità dal Consiglio regionale pugliese il 14 ottobre, con la richiesta al Governo Renzi di rivedere ogni decisione. Ne deriverebbe infatti “l’estinzione” di tante antenne, alcune storiche, in attività qualche decennio.

Le ricadute, conclude Introna, sarebbero “pesanti e inaccettabili” non solo sul settore televisivo locale: “il pluralismo dell’informazione e la democrazia ne uscirebbero ingiustamente penalizzati, in Puglia e nel Mezzogiorno”. (fel)

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