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Qualche riflessione dopo la nota amara di Umberto Veronesi

Gentile direttore, qualche riflessione, chetatasi la piccola tempesta seguita alla nota amara di Umberto Veronesi: “Allo stesso modo di Auschwitz, per me il cancro è diventato la prova della non esistenza di Dio”, e alla risposta dello scienziato Zichichi: “Dio esiste e la prova è l’universo”.

Umberto Veronesi non ha detto niente di nuovo, lui ha visto nel cancro la prova della non esistenza di Dio, cento anni fa un medico avrebbe potuto vedere nella tubercolosi la prova della non esistenza di Dio. Niente di nuovo, perché in realtà Umberto Veronesi ha visto la prova dell’inesistenza di Dio nella presenza del male nel mondo. E’ questa non è una novità. Così come non è una novità considerare l’universo una prova dell’esistenza di Dio. I filosofi hanno esposto diverse prove dell’esistenza di Dio, ma queste non sono mai servite a trasformare un ateo in un credente. Gli atei non hanno bisogno si diano prove dell’esistenza di Dio. Neppure i credenti hanno bisogno di prove dell’esistenza di Dio. I credenti, o perlomeno molti credenti, hanno bisogno della inesistenza di prove della inesistenza di Dio. Perché sono queste che tormentano un credente: le prove del silenzio di Dio, dell’assenza di Dio. Sono queste che vorrebbero non esistessero. Sono le mancate risposte alla domanda che un credente come Benedetto XVI fu indotto a porsi nel 2006 ad Auschwitz: «Perché Signore, hai taciuto? Perché hai potuto tollerare tutto quest’eccesso di distruzione e questo trionfo del male?». Benedetto XVI ha continuato a credere anche se il Signore non ha risposto, non tutti però sono disposti a continuare a credere. C’è chi continua a credere di avere un padre, anche se questi non aiuta i figli nel momento del dolore, non interviene per lenirlo, e c’è chi comincia a dubitare d’avere un padre.

Miriam Della Croce

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