UNA TRAGEDIA FINITA NELL’OBLIO

Quest’anno ricorre il centenario della Prima guerra mondiale e in molti paesi italiani (nonostante la nostra nazione sia entrata nel conflitto nel 1915) possiamo trovare commemorazioni e rievocazioni per ricordare i caduti al fronte.
Simili iniziative vengono organizzate in tutto il mondo ma il popolo che ha pagato il prezzo più alto di questa guerra non è stato né quello tedesco, né quello russo, né quello inglese, bensì quello armeno.
Molti non conoscono la storia di questa etnia che vive sotto il Caucaso da migliaia di anni (addirittura il Re armeno fu il primo sovrano a convertirsi e a scegliere il Cristianesimo come religione di Stato).
Questo popolo, da sempre fiero delle sue tradizioni, mantenne i suoi caratteri distintivi anche dopo la conquista turca.
Nonostante avessero meno diritti rispetto ai musulmani, fu permesso loro di professare il loro credo e di perpetuare le loro tradizioni.
I primi contrasti ci furono nel biennio 1894-1896 quando gli armeni iniziarono a reclamare parità di trattamento: questa richiesta non fu accordata e i Turchi repressero la rivolta.
La situazione precipitò quando arrivarono al governo i Giovani turchi: il loro obiettivo era quello di creare uno Stato etnicamente omogeneo. Allo scoppio della Prima guerra mondiale l’Impero ottomano si schierò con Austria e Germania contro Russia Inghilterra e Francia.
Molti armeni combattevano per lo Zar, e questo suscitò timori tra diversi generali turchi che videro la deportazione come unica soluzione a questo problema.
Così nel 1915 iniziarono queste lunghissime ed estenuanti marce forzate che servivano ufficialmente per spostare l’intera popolazione in altre zone, ma che in realtà la decimarono.
Molti studiosi si sono occupati di questo massacro, a cui sembra difficile dare delle cifre precise: lo storico Toynbee ritiene che i morti furono 1.200.000, McCarthy 600.000 mentre fonti turche si aggirano intorno ai 200.000. La cifra più verosimile si aggira intorno al 1.200.000 e il 1.300.000.
Il negazionismo del massacro armeno è reato in una ventina di paesi, tra cui la Francia e la Svizzera, mentre si lavora per una legge negli Stati Uniti.
Diverso è il punto di vista turco: affermano infatti che le morti durante il trasferimento non possono considerarsi genocidio, poiché le marce non furono decise deliberatamente dal governo per il solo scopo di annientare un popolo, bensì per tutelare il loro paese, dato che molti armeni erano filorussi.
Anche se non si esprimono giudizi e non si appoggia alcuna tesi, è fondamentale ricordare questo evento affinché non si verifichi mai più una simile tragedia.
Giulio Caporale

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