Addio a Luren Bacall con un accenno su Faletti

E’ morta ad 89 anni nel suo mitico appartamento nel palazzo Dakota di New York e fino al’ultimo ha conservato quello sguardo di ghiacco che ne ha contrassegnato fascino e carriera.
Lauren Bacall, moglie di Humphrey Bogart dal 1945 fino alla morte di lui nel 1957, madre di tre figli, i primi due da Bogart e l’ultimo avuto da Jason Robards, sposato nel ’61 e da cui divorziò nel 1969, è l’indimenticabile protagonista di “Acque del sud”, il suo primo con Bogart, in cui il regista Howard Hawks fa leva sull'intesa fra i due facendo pronunciare ad una diciannovenne magnifica la spudorata battuta: “Sai fischiare, vero Steve? Unisci le labbra… e soffia”.
E, ancora “Il grande sonno” sempre con Bogart e la regia di Hawks; “L’isola di corallo”, il quarto e ultimo film con Bagart, che molti anni dopo, nel 1981, ha ispirato la canzone Key Largo di Bertie Higgins; “Come sposare un milionario” con Marilyn Monroe and Betty Grable; la commedia romantica (e deliziosa) “La donna del destino”; “Applause”, musical basato su Eva contro Eva con Bette Davis, che le frutta un Tony Award; “Assassinio sull’Oriente Express”, forse il miglior film tratto da Agatha Christie; ancora un musical con un nuovo Tony “La donna del giorno”; “L’amore ha due facce”, dove interpreta la madre di Barbra Streisand – che dirige il film – e ottiene la nomination all'Oscar come migliore attrice non protagonista ed infine, nel 2003, “Dogville” di Lars von Trier.
La sua sensualità proporompente, mascherata da freddeezza ed eleganza, ne ha fatto soprattutto una icona del noir, probabilmente la maggiore, perché, come è stato scritto, dal punto di vista recitativo supera tutte le altre.
Credo che Faletti abbia pensato a lei nel tratteggiare il personaggio di Carla ragazza che per sfuggire alla povertà decide di entrare nel giro della prostituzione e risveglia dolorosamente nel protagonista sensazioni e sentimenti che aveva messo a tacere, in “Appunti di un venditore di donne”, il suo romanzo che più amo.
Credo anche che Woody Allen abbia cercato di riprodurne umanità e fascinazione misteriosa con Mia Farrow, nel film in bianco e nero “Ombre e nebbie”, ricreando la sua immagine insieme torbida ed innocente, in un universo pervaso di ombre minacciose che si allungano sui muri.
Un tipo di dark lady diversa dalla raffinata Mary Astor de Il mistero del falco, dalla gelida ferocia di Bette Davis di Ombre malesi, un misto fra sensualità morbida e sfrontato came la Rita Hayworth di Gilda e l’ammalliante “donna fantasma” interpretata da Gene Tierney in Vertigine di Otto Preminger, con l’aggiunta di una sessuosità conturbante come la Lana Turner de “il postino sono sempre due volte” e qualcosa in più e di molto personale, che ci rimanda al creatore del modello: William Shakesperare, che la inventa in un sonetto e la rapprsenta in Lady Macbeth, una signora nera molto umana e molto complicata da raccontare,che, attraverso mille cambiamenti, è giunta sino a noi con un look cyber-punk, arricchito da piercing, tatuaggi e da un impressionante make-up, come Lisbeth Salander, la cupa eroina della trilogia letteraria di Steig Larsson Millennium, che alla Bacall assomiglia più che altre “ave”, per il suo ruolo attivo di donna capace di far perdere la testa al protagonista di turno e, nella maggior parte dei casi, di approfittarne per raggiungere i propri scopi e intrappolarlo nelle sue trame.
Il 14 novembre 2009 le era stato conferito il premio Oscar alla carriera ed è stata la prima a ricevere questa onorificenza al di fuori della cerimonia ufficiale, che si è svolta il 7 marzo 2010. Era dal 1994 che non veniva conferito un Oscar alla carriera ad una donna: l'ultima vincitrice era stata infatti Deborah Kerr, sei volte candidata al premio senza mai riceverlo, come Thelma Ritter e Glenn Close.
Un ictus la uccisa poca prima dei 90 anni e chi l’ha conosciuta ha detto che aveva cocciutagine e talento tali che avrebbe potuto fare ogni cosa, cantante, ballerrina, disegnatrice, pittrice, se non fosse diventata rapidamente famosa come attrice.
Ancora un accostamento con Faletti, stroncato da un cancro poche settimane fa. Gli amici del mitico Derby di Milano dove debuttò facendo anche il pilota di rally lo chiamavano “Faletti, pezzi perfetti” e dicevano di lui che se decideva di diventare pittore, musicista, scrittore, lo diventava.

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