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LA NUOVA ITALIA

Aumenta, in maniera esponenziale, il numero degli italiani che si sono resi conto del tempo in cui “si stava peggio, ma si viveva meglio”. Non è, per la carità, una battuta priva di sostanziali contenuti; anche perché riflette una realtà che è peculiarmente nazionale. Come già abbiamo ripetuto, l’aurea d’instabilità politica rappresenta un’importante concausa della nostra realtà economico/sociale; ma non è solo quella. Da noi, tanto per evitare facili esegesi dei fatti, la politica rappresenta un mezzo di ricatto per l’economia. Non ci sono scelte: o si trovano degli accordi, sostanziali, con chi appoggia Renzi o la crisi di Governo potrebbe essere dietro la porta. Sempre che, “estrema ratio, ” non sia ancora il Capo dello Stato a riprendere le regole della questione. La parola”fine” fa paura proprio perché potrebbe mutare i rapporti tra i partiti che hanno dimostrato illogicità nelle prese di posizione ed antagonismi anche in seno ai loro accoliti. Da noi, la gestione politica è un “affare” di tutto rispetto e, se l’equità degli uomini che ne fanno parte non fosse tanto becera, anche di prestigio per il Paese. Invece, siamo alle solite. L’economia langue e l’Esecutivo resta interessato a questione che non dovrebbero coinvolgere i singoli ma, unicamente, i Partiti e, principalmente, il Parlamento. Invece, si preferisce orbitare intorno allo “scontro”, paventando una crisi di Governo che, in ogni caso, era prevedibile già dal momento del varo di questo Esecutivo. Quello che, impropriamente, è stata definita delle “larghe intese”. Qui d’intese non ce ne sono mai state. Semmai s’è preferito navigare in acque meno profonde pur sapendo che le “secche” sarebbero state in agguato. Ora tutto è possibile e, nello stesso tempo, anche improbabile. Intanto, perché non vediamo un altro Leader capace d’assumere la guida del Paese con una maggioranza univoca; poi per il probabile sfaldamento di certe realtà politiche, com’è capitato nella scissione del PdL in FI e NCD, che potrebbero inseguire altra strada, pur se con differenti intenti, per emergere e “brillare” di luce propria. E’ un’impressione che serpeggia, già da qualche tempo; ora, s’è fatta più plausibile. Per evitare lo sbando, cambiare non è, poi, la strada peggiore. E’ che in Italia i “cambiamenti”, purtroppo, sono sempre stati formali, più che sostanziali. Lo abbiamo vissuto e patito sia in Prima, sia in Seconda Repubblica. Ora è tutto differente nella sostanza. Mancando iniziative di progetto, non resta che raccattare quello che è ancora disponibile sul fronte produttivo nazionale. Anche perché sul poco si può ancora contare. Il difficile, a nostro avviso, è trovare la condizione che consenta una “politica” meno dozzinale e più elastica nei confronti di chi la crisi l’ha vissuta solo in via secondaria. Per stare meglio, non si dovrebbe prendere ad esempio chi sta peggio. Mal comune non è mezzo gaudio. Il benessere, che non è solo un fatto sociale, s’ha da conquistare con i mezzi che sono tipici di un Popolo e di un Paese. Senza, necessariamente, pretendere un confronto con gli altri. Oltre che ad essere improduttivo, non servirebbe a farci trovare una nostra via. Per cambiare i partiti, c’è da cambiare gli uomini che li rappresentano. Tutto il resto è solo filosofia spicciola ed inconcludente. Così, poiché indietro non si torna, le preoccupazioni per il futuro, s’accentuano. Dopo l’estate, Renzi andrà a verificare la coesione del suo Esecutivo. Dato che sulla maggioranza parlamentare non dovrebbero esserci ragionevoli dubbi. Del resto, non ci preoccupano i risultati, a sorpresa, d’alcune “vittorie” alle elezioni amministrative in qualche città d’Italia. Quando si tornerà, finalmente, a votare per rinnovare il Potere Legislativo, ci saranno nuove norme da rispettare; senza dover più tener conto di un sistema “bicamerale” che ha evidenziato le sue manchevolezze. E’, da qualche tempo, che i nostri politici hanno capito la necessità di mutamento. E’ che, almeno per ora, manca una coesa volontà per superare gli intoppi che potrebbero sorgere da parte di chi non intende “perdere”un’attendibilità che si basa più sugli uomini che sui partiti che li rappresentano. Da noi, ha da finire il gioco dei “bussolotti”. Chi avrà il mandato di governare il Paese, dovrà poterlo fare contando su una maggioranza che, una volta riconosciuta, non sia nelle condizioni di poter travasare i suoi voti da un polo all’altro di un sistema parlamentare che sarà strutturato per non consentirlo. Il 2014, come abbiamo già scritto, non sarà l’anno della possibile ripresa dell’economia nazionale, ma sarà l’anno del varo di una nuova normativa elettorale e di nuove responsabilità politiche. Dopo l’autunno, ci saranno problemi economici più urgenti da sistemare. In politica, tutto considerato, l’attesa è produttiva se viene spesa per dare corpo a un nuovo istituto parlamentare. Le novità, sotto questo profilo, saranno realtà per l’anno prossimo; quando rinnovato il nostro Potere Legislativo e riordinato quello Esecutivo, si tornerà alle urne per recuperare il Bel Paese. L’anno del “destino” di Renzi sarà quello prossimo e non il 2018.

Giorgio Brignola

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