La Camera Usa: sanzioni contro Maduro

di  Geraldina Colotti

Venezuela. Gli oltranzisti attaccano lavoratori del metro. Mosca contro Washington

Negli Stati uniti, la Camera dei rap­pre­sen­tanti ha appro­vato mer­co­ledì sera il pro­getto di legge che con­tem­pla san­zioni con­tro il Vene­zuela. Il testo pre­vede di con­ge­lare i beni di alti fun­zio­nari vene­zue­lani negli Usa e il divieto di entrare nel paese per coloro che Washing­ton ritiene respon­sa­bili di «vio­la­zione dei diritti umani». Pre­vi­sti anche altri sostan­ziosi aiuti alla «società civile» vene­zue­lana e il blocco com­mer­ciale di mate­riale che potrebbe esser impie­gato «per repri­mere le mani­fe­sta­zioni». Un pro­getto ana­logo è in discus­sione al Senato, dove i demo­cra­tici sono in mag­gio­ranza, ma dove il testo ha già rice­vuto il pla­cet della Com­mis­sione esteri.
Gran parte dei mem­bri del Con­gresso che si sono espressi con­tro Cara­cas sono di ori­gine ispa­nica oppure rap­pre­sen­tano distretti elet­to­rali che con­tano un gran numero di ispa­nici. Alla Camera il pro­getto è stato por­tato avanti soprat­tutto dalla repub­bli­cana della Flo­rida Ileana Ros-Lehtinen, di ori­gini cubane, che da anni con­duce una cam­pa­gna iste­rica con­tro l’Avana. Le san­zioni val­gono due anni, ma il pre­si­dente Barack Obama — a cui spet­terà l’ultima parola qua­lora il pro­getto venisse appro­vato da entrambe le camere — ha facoltà di sospen­derle a pro­pria valu­ta­zione. Prima del voto, 14 depu­tati demo­cra­tici hanno scritto a Obama espri­mendo parere con­tra­rio alle sanzioni.
Washing­ton ha fatto sapere che la porta del dia­logo con il governo di Nico­las Maduro rimane perta, ma finora non ha dato rispo­sta all’invito di Cara­cas di ripri­sti­nare gli amba­scia­tori. Tan­to­meno ha dato ascolto alla denun­cia che il governo vene­zue­lano sta por­tando avanti in tutti gli orga­ni­smi inter­na­zio­nali: con­tro le vio­lenze pro­dotte dalle gua­rim­bas (bar­ri­cate di chiodi, detriti e spaz­za­tura data alle fiamme) che hanno pro­vo­cato molte vit­time, alcune delle quali deca­pi­tate dal fil di ferro steso di notte tra un lato e l’altro della strada.
Dall’inizio di feb­braio a oggi, i morti sono 42 (molti dei quali fun­zio­nari delle Forze armate), oltre 800 i feriti. Su 174 per­sone in car­cere, solo 17 risul­tano essere stu­denti. L’educazione, com­ple­ta­mente gra­tuita, è uno dei punti forti del socia­li­smo cha­vi­sta. Secondo l’Unesco, Cara­cas vanta il quinto posto al mondo per numero di matri­cole uni­ver­si­ta­rie, il secondo in Ame­rica latina. In que­sti giorni, Maduro ha aumen­tato del 50% le borse di stu­dio per gli uni­ver­si­tari, e tutti gli stu­denti, fin dalle ele­men­tari, hanno il loro com­pu­ter gra­tis (la canai­mita).
L’abolizione del numero chiuso e l’accesso di cate­go­rie tra­di­zio­nal­mente escluse è uno dei motivi che ha sca­te­nato la sorda oppo­si­zione del baro­nato e delle élite abi­tuate a deci­dere il corso dell’istruzione. Durante le pro­te­ste, gli oltran­zi­sti hanno bru­ciato diverse sedi uni­ver­si­ta­rie popo­lari, biblio­te­che pub­bli­che e altre strut­ture. Sep­pure ridotte, le gua­rim­bas con­ti­nuano. Ieri ci sono stati di nuovo scon­tri a San Cri­sto­bal, bastione dell’opposizione e punto d’avvio delle pro­te­ste. E a Cara­cas gli oltran­zi­sti hanno dato alle fiamme una posta­zione del metro con i lavo­ra­tori dentro.
Il governo ha pre­sen­tato i det­ta­gli di un arti­co­lato piano desta­bi­liz­zante volto all’eliminazione di Maduro, che coin­volge uomini poli­tici di oppo­si­zione, ban­chieri e anche l’ambasciatore Usa in Colom­bia. Al cen­tro, la depu­tata (depo­sta), Maria Corina Machado, grande amica degli Usa: «Mi hanno rubato l’account», ha ribat­tuto Machado. Ma il car­tello di oppo­si­zione (la Mesa de la uni­dad demo­cra­tica, Mud) è apparso incerto. Maduro ha con­vo­cato l’opposizione per mostrare le prove del piano.
Dopo aver incas­sato l’appoggio della Una­sur, e del Movi­mento dei paesi non alli­neati (Mnoal), Cara­cas ha otte­nuto ieri quello di Mosca, che ha respinto le san­zioni appro­vate dagli Usa: «Abbiamo otte­nuto l’appoggio fermo della Rus­sia di fronte ai ten­ta­tivi di desta­bi­liz­za­zione, alle minacce e alle aggres­sioni di paesi terzi», ha dichia­rato il mini­stro degli Esteri vene­zue­lano, Elias Jaua, che si trova in Rus­sia (nella foto Reu­ters), e ha rin­gra­ziato il pre­si­dente Vla­di­mir Putin.

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