Site icon archivio di politicamentecorretto.com

Comites e Cgie, due sigle e due storie da valorizzare per la partecipazione democratica

Cari e care connazionali,
la straordinaria affermazione del Partito democratico alle recenti elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo assicura all’azione politica del governo italiano guidato da Matteo Renzi una grande accelerazione. Ora, grazie al forte mandato popolare e alla vittoria contro il populismo antieuropeo, il Presidente del Consiglio italiano può contendere alla Germania la leadership europea e svolgere un grande ruolo nello schieramento dei socialisti europei. Un risultato politico che permette a Matteo Renzi si proseguire con determinazione l’iter delle riforme per cambiare davvero l’Italia e la politica europea.
Sostengo con la passione politica che mi è propria l’ardua sfida di Matteo Renzi alla guida del governo. Ne vedo l’entusiasmo, la voglia di fare, l’andare oltre i diffusi interessi corporativi, la lotta alla corruzione e ai privilegi, che hanno arrestato il processo economico e sociale del Paese, incatenando i piedi della Repubblica. Spero nella riuscita della scommessa riformatrice e nel superamento di quel bicameralismo che ha immiserito e bloccato un virtuoso processo legislativo. E per quanto ci riguarda, va a lui il ringraziamento e l’appello affinché anche per il futuro assetto di tendenza federale del Senato si trovi, oltre alla riconferma della deputazione alla Camera, la forma idonea per la riconferma dell’attuale rappresentanza al Senato.

L’Assemblea del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero
All’indomani della tornata elettorale europea, è in corso presso il Ministero degli Affari Esteri, l’Assemblea del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero (CGIE), alla presenza del Sottosegretario Mario Giro. Parlo di un organismo composto di 94 rappresentanti degli italiani all’estero che la stragrande maggioranza di voi non conosce o ne conosce solo la sigla e poco l’attività. Però, vi posso assicurare, che da quando fu istituito con la Legge del 6 novembre 1989 n. 368, ha svolto un lavoro importantissimo. Sempre a titolo volontario da parte di tutti i membri. Nel corso di un ventennio il CGIE ha saputo puntualmente elaborare su ogni tema (dalla promozione della lingua e cultura italiana nel mondo, alla valorizzazione delle istituzioni al servizio dell’italianità nel mondo, come di enti e istituzioni di promozione e difesa della collettività e per il perseguimento dei necessari processi integrativi) proposte da sottoporre alle istituzioni legislative e governative. Talvolta vi è stata attenzione, soprattutto nei primi esaltanti momenti di partecipazione sino al riconoscimento del voto degli italiani all’estero, con la Circoscrizione estera come tappa fondamentale di un compiuto processo democratico. Poi il nulla.

Dal 2008 devastante smantellamento degli interventi all’estero
La devastante potatura dell’intervento italiano nel mondo è iniziata dal 2008. E continua tuttora, l’abbattimento. Che è conseguenza di tanti fattori: la perdita di credibilità dovuta al mancato rispetto delle scadenze democratiche di elezione degli organismi elettivi e ad una rappresentanza in parlamento che non ha saputo dotarsi degli strumenti per incidere e valorizzare il proprio impegno. Cito la proposta di legge sulla Bicamerale, sul cui iter in parlamento e il disinteresse di tanti, stendo un velo pietoso. Spesso non all’altezza, quindi, della sua alta funzione democratica. La miopia delle classi dirigenti legislative e di governo e non per ultimo, le storiche chiusure corporative dell’Amministrazione, spesso accecate dai privilegi che impediscono di guardare lontano, oltre i confini di uno storico provincialismo italiano. Siamo in Europa. Cittadini di una Unione che è la sola e unica speranza di progresso e protagonismo nei processi mondiali. Siamo in Europa e non ce ne siamo accorti. Se non per organizzare nei paesi dell’Unione e finalmente per l’ultima volta, quei pochi seggi per il voto europeo sui collegi italiani che hanno destato l’ilarità della politica europea d’oltralpe per la formula arretrata, lo spreco di risorse e l’inefficienza. Si smantella all’insegna della “spending review”, che è revisione della spesa, non abbattimento. Tutti noi sappiamo che si sarebbe potuto risparmiare di più e meglio e difendere gli interessi dell’Italia senza ferire il rapporto con i nostri cittadini. Evitando, nel contempo, il fiorire di inediti conflitti di interesse per difendere orticelli di singoli interessi elettorali. Preservare un ente culturale o un organismo consolare, tanto per darsi un tono, spesso in combutta con parti dell’Amministrazione, costituisce miserevoli pateracchi in contrasto con gli interessi generali. Un solo esempio tra centinaia. La sciagurata chiusura del Consolato di Losanna, che rappresenta il centro più importante della francofonia Elvetica. C’è sempre tempo e modo per rimediare.

E’ demenziale eleggere i Comites solo con il voto elettronico
Ho contrastato e seguito con animo preoccupato il percorso indicato dalle chiusure di tante istituzioni consolari e culturali nel mondo, nonché il taglio sulle attività degli organismi elettivi (Comites e Consiglio Generale) su cui i rispettivi membri hanno espresso tante volte contrarietà e altre volte un sofferto e responsabile assenso. Rispetto la loro decisione senza rinunciare ad una mia idea degli accadimenti in atto. Le elezioni per il rinnovo dei Comites (istituiti nel lontano 1985 per dare rappresentanza alle comunità italiane nelle loro rispettive circoscrizioni consolari) nelle modalità annunciate (esclusivamente attraverso il voto elettronico) mi sembrano un autentico suicidio per la composizione delle liste, la partecipazione al voto e il necessario dibattito. Pensare che si possa usare solo la rete (i grillini fanno scuola?) per la partecipazione democratica, è un’autentica demenzialità. Che senso può avere il mantenimento dell’attuale numero dei Comites votati da poche centinaia di elettrici e elettori? Sottolineo che a seguito delle lontane ed ultime elezioni del marzo 2004, operano oggi 124 Comites distribuiti in 38 Paesi: 67 in Europa, 23 in America Latina, 16 in Nord America, 7 in Asia e Oceania, 7 in Africa e 4 in America centrale.

Perché non fare come i francesi all’estero?
Non è forse giunto il momento di concentrare tutta l’attenzione sulle grandi comunità nazionali presenti nel territorio (i Consolati generali, per esempio), preludio di Comitati nazionali d’intesa democratica? E per le piccole aggregazioni sarà necessario fare riferimento alle indicazioni dell’articolo 23 della legge istitutiva in pieno accordo con l’autorità consolare. Tutto ciò per dotarsi di organismi funzionanti come è recentemente accaduto in Francia, ove hanno eletto 443 membri dei Consigli consolari attraverso il voto diretto, per procura, o dulcis in fundo, per via elettronica. Hanno guardato all’Italia i francesi all’estero, e con l’assenso del Legislativo, ci hanno superato nell’inventiva creativa e nel grado della rappresentanza. I quattrocentoquarantatre Consiglieri consolari e i centocinquanta membri dell’Assemblea dei francesi all’estero eletti con suffragio popolare (il loro CGIE) saranno, nel tempo dovuto, i grandi elettori per eleggere tra i loro membri, oltre agli undici deputati eletti con voto diretto all’Assemblea nazionale, i dodici rappresentanti al Senato della repubblica.

Non convince lo smembramento del CGIE
Non mi convince, quindi, l’impostazione data dal Ministero degli Affari Esteri al prossimo rinnovo di Comites e CGIE previsto per quest’anno, con oltre cinque anni di ritardo. Non convince lo smembramento del Consiglio Generale e la preannunciata riduzione della sua attività operativa. Un’operazione senza alcun risparmio – almeno per l’anno in corso – che non avvia alcun processo virtuoso. A tale scopo, ho nuovamente ripresentato una proposta di legge per l’elezione diretta di una Assemblea nazionale di 70 membri. Potrebbe essere in un futuro prossimo, anche per accompagnare l’iter riformatore del capo del governo, una delle componenti, assieme ai membri dei Consigli consolari, per l’elezione di secondo grado degli attuali Senatori eletti all’estero. Forse non è troppo tardi per evitare una farsa democratica e invertire la rotta. Per quanto mi riguarda, sarò al fianco di chi è impegnato a non fare smarrire all’Italia il suo sogno democratico. Pensare ad organismi democratici ed efficienti che rappresentano gli italiani all’estero non è volgere lo sguardo al passato, ma al futuro di un modo della libera circolazione delle persone e della ripresa dell’emigrazione dall’Italia.

Exit mobile version