Il Rosario: l’insensatezza di ripetere duecento volte le stesse parole

Ripetere innumerevoli volte la stessa preghiera, le stesse parole, risponde all'insegnamento di Gesù? E' un modo di pregare autenticamente cristiano? Se un giovane dovesse ripetere alla propria madre dieci, venti volte di seguito, tanto per fare un esempio: “Mamma sei bella, mamma sei bella, mamma sei dolce, mamma sei dolce, mamma aiutami, mamma aiutami…”, certamente sarebbe preso per un burlone o uno sciocco. Ma se la madre si accorgesse che il figlio avesse stabilito di ripetere la stessa preghiera un numero esagerato e preciso di volte, con l'intervallo di una diversa preghiera tra una decina e l'altra, e che per non perdere il conto, si fosse anche provvisto di una sorta di pallottoliere fatto di una cordicella con grani, certamente penserebbe seriamente di mandare il figlio da un bravo psicologo.

Gesù disse agli apostoli: «Pregando poi, non sprecate parole come i gentili, i quali credono di essere esauditi per la loro verbosità. Non vi fate perciò simili a loro; poiché il Padre vostro conosce le vostre necessità ancor prima che gliene facciate richiesta»

Ha senso dunque pregare sprecando parole? Ha senso recitare il rosario? Centocinquanta Ave Marie, divise in decine, intercalate dalla recita del Pater Noster e del Gloria, con meditazione, tra una decina e l'altra, dei Misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi, ai quali Giovanni Paolo II ebbe la splendida idea di aggiungere i Misteri della Luce, portando così le Ave a ben duecento. Celiando un poco, oserei dire che l'interminabile “preghiera” sarà venuta a noia persino alla Madonna.

Gesù consigliò di pregare con insistenza, come riferisce Luca: “Perciò vi dico: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede ottiene, chi cerca trova, a chi bussa viene aperto»”. Ma una cosa è pregare con insistenza, altra cosa è la preghiera reiterata all’infinito, una cosa è rivolgersi con insistenza alla Madonna, altra cosa è salutarla duecento volte di seguito, dirle duecento volte che è piena di grazia, e duecento volte che il Signore è con lei.

Nel Vangelo non esistono esempi, né indicazioni di preghiera reiterata. Del resto, il cristiano può rivolgersi a Dio anche senza pronunciare discorsi, ma se li pronuncia, può parlare a Dio con familiarità, come farebbe un figlio con un padre amorevole. Le parole ripetute per decine o centinaia di volte, perdono senso. Di norma l’orante ripete, ripete, mentre il pensiero vola altrove.

Renato Pierri

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