Umberto Galimberti – Wojtyla PER RIFLETTERE

Le sue perplessità circa la santificazione di Giovanni Paolo II erano, per motivi diversi, condivise anche dal cardinal Martini che, richiesto di un parere nel processo di canonizzazione del Pontefice, dichiarò: «Non vorrei sottolineare più di tanto la necessità della sua canonizzazione, poiché mi pare che basti la testimonianza storica della sua dedizione seria alla Chiesa e al servizio delle anime». Pur riconoscendo che «Giovanni Paolo II fu un servitore zelante e fedele della Chiesa», il card. Martini aggiunse: «Non saprei dire se abbia perseverato nel suo compito anche più del dovuto, tenuto conto della sua salute. Personalmente riterrei che aveva motivi per ritirarsi un po' prima».Infine l'Arcivescovo di Milano definì «infelice» la scelta da parte di Giovanni Paolo II di alcuni suoi collaboratori, oltre a rimproverargli di aver «trascurato di fatto le Chiese locali, dando eccessivo appoggio ai movimenti».
Da parte mia posso solo aggiungere che nonostante l'esposizione mediatica e i frequenti bagni di folla, Giovanni Paolo II fu un papa medioevale che non capì quasi nulla della modernità. Subordinando, come voleva Tommaso d'Aquino, la ragione alla fede, dimostrò una sfiducia radicale nell'uomo, che non sarebbe in grado di governare se stesso se non attraverso la tutela della fede. Una fede assunta come “verità assoluta”, rendendo di fatto impossibile un dialogo con le altre fedi. Con questa premessa, l'ecumenismo con le altre religioni tanto ostentato si risolveva in un rapporto di buona educazione.
In ambito morale Wojtyla mantenne una rigidità dottrinale in ordine ai problemi connessi alla contraccezione (che avrebbe potuto contrastare l'epidemia da AIDS in Africa), all'aborto, alla fecondazione artificiale, al fine vita, al divorzio, mascherando questa intransigenza e intolleranza con la promozione di una religione delle emozioni, che mobilitava i cuori nella devozione di Padre Pio, della Madonna di Fatima, dei miracoli, dei segni del cielo, alimentando in questo modo l'aspetto più scadente della fede religiosa.
Avverso alla teologia della liberazione dell'America latina che si batteva per il riscatto dei poveri, non esitò a sostenere l'Opus Dei di cui santificò il fondatore. Sul piano politico, dopo aver dedicato i primi due anni di pontificato alla causa polacca, non esitò ad apparire sul balcone col dittatore cileno Pinochet. E a beatificare il cardinale Stepinac, che pur essendone a conoscenza non disse una parola sui campi di concentramento in Croazia in cui erano rinchiusi i comunisti della Serbia. Dopo la dissoluzione della Jugoslavia non esitò a promuovere, con Khol, il riconoscimento dei due paesi cattolici Slovenia e Croazia, senza riconoscere il paese ortodosso, e forse comunista, che era la Serbia. Scelte di campo che, a mio parere, non si addicono propriamente a un Pastore universale. E tutto ciò sia detto con rispetto, ma anche senza reticenza, per tutti coloro che nutrono una sincera devozione per Giovanni Paolo II. Con tutto il rispetto per i devoti di papa Giovanni Paolo II, qualche osservazione
a margine del suo pontificato, dopo l'onore degli altari
Umberto Galimberti

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